DINO BUZZATI/ Il “Poema a Fumetti”: quarant’anni di ricerca del mistero nel quotidiano

Quarant’anni fa veniva pubblicato il “Poema a Fumetti” di Dino Buzzati. FAUSTO GIANFRANCESCHI commenta quest’opera straordinaria PHOTOGALLERY ALL'INTERNO

Fino a pochi anni fa conoscere le sue opere era appannaggio di una sola certa cultura, emarginata da quella per così dire “ufficiale”. Buzzati scrittore eretico, lunatico, complessato, paranoico e naif. Se ne sono sentite di tutti i colori. La sua opera è stata in un primo tempo avversata ed evitata quasi a ridurlo autore di un genere clandestino, da samizdat. Una sorte che, qui in Italia, continua a toccare molti altri artisti del passato come Santucci, Papini o Landolfi, autori stranieri (Chesterton) e viventi (Eugenio Corti). Da qualche tempo a questa parte sembra però scoppiata la “buzzatimania” considerando la vasta mole di eventi, mostre, convegni e pubblicazioni dedicate all’opera di questo scrittore la cui popolarità in Francia, da decenni, gareggia addirittura con quella di Camus. Col rischio che gli stessi che cercarono di censurarne il valore lo ripresentino al pubblico storpiandone i contenuti più profondi. Ora è la volta dei quarant’anni del “Poema a Fumetti”. Per non correre il suddetto pericolo, ci siamo rivolti a Fausto Gianfranceschi, uno studioso di Buzzati fin da tempi “non sospetti”.



 

Dottor Gianfranceschi, sembra che Dino Buzzati fosse piuttosto schivo nel parlare delle proprie opere pittoriche, quasi come se se ne vergognasse. Che rapporto aveva Buzzati con la pittura e l’arte figurativa?

Buzzati, a dire il vero, era ritroso in tutti i sensi, non soltanto per la pittura. Era un personaggio molto molto riservato, tant’è che al Corriere della Sera fu la sua bravura di cronista a salvarlo e non il suo carattere. Di primo acchito poteva venire considerato addirittura un po’ tonto, sicuramente un uomo strano. La sua riservatezza e timidezza altro non erano che galanteria, frutto di una vera educazione signorile. Per questo motivo all’interno della redazione di un giornale figurava come un pesce fuor d’acqua.