Pompei, la notizia del crollo della Domus dei Gladiatori ha fatto il giro del mondo. Il presidente della Repubblica ha parlato di vergogna. Ma una mappa dei patrimoni artistici d’Italia a rischio rivela una situazione d’allarme.
In un paese come l’Italia dalla storia millenaria e dal patrimonio artistico tra i più ricchi del mondo, il compito di “tutelare e valorizzare”questo patrimonio, come recita l’articolo 9 della Costituzione è impresa ardua. C’è chi se l’è presa con il ministro Bondi e il governo, per i tagli che hanno colpito anche questo settore, c’è chi ha ancora una volta accusato il sud di non svolgere un ruolo adeguato anche nel settore della salvaguardia delle nostre bellezze artistiche.
Ma se si fa un viaggio attraverso l’Italia del patrimonio artistico, si scopre che una situazione di rischio colpisce tutto il Paese, da nord a sud appunto. “Italia Nostra” lancia un grido d’allarme: “Qui rischia di sbriciolarsi tutto, si salvano solo San Pietro e il Duomo di Milano”. Due realtà che godono di due apposite “fabbriche” sempre al lavoro e che intervengono a ogni minimo segnale di allarme. Ma per il resto d’Italia?
In Lombardia è particolarmente a rischio unarealtà prestigiose. E’ la Villa Reale di Monza, una struttura adagiata in uno dei più bei polmoni verdi della regione, purtroppo alquanto trascurata per quanto riguarda la struttura stessa. Da anni si cerca di restaurarne gli interni (ma anche gli esterni) con interventi provvisori. La spesa complessiva per un adeguato lavoro di ristrutturazione del corpo centrale della Villa è stato calcolato in oltre 20 milioni di euro, una cifra altissima.
Tanto che si è anche pensato di rivolgersi a privati, con la concessione per 30 anni della gestione degli spazi nobili restaurati e delle aree accessorie in cui realizzare attività di supporto, commerciali, di ristoro e ritrovo. Idea che ha fatto storcere il naso a molti, che temono la riduzione a centro commerciale di uno degli edifici storicamente e artisticamente più belli di Lombardia. LE – Nel medioevo, le torri delle città comunali erano l’equivalente dei moderni grattacieli, opere di architettura e di ingegneria di sbalorditivo livello. Bologna in particolare era la città delle torri, oggi ne sopravvivono due considerate il simbolo della città. Le torri degli Asinelli e quella dei Garisendi. Erette nel XII secolo da due nobili famiglie ghibelline, sono collocate strategicamente nel punto di ingresso in città dell’antica via Emilia.
Secondo Alessandra Mottola Molfino di Italia Nostra, si tratta di “un’emergenza spettacolare: le due torri di Bologna sono da tempo oggetto di ansia perché a rischio stabilità. Lo ha ricordato anche l’autorevole sismologo Enzo Boschi”. Quale il motivo? Principalmente i lavori cominciati nei mesi scorsi per il tram su gomma che dovrebbe passare per le vie medievali de centro cittadino. Enzo Boschi ha avvertito che bisognerebbe fermare immediatamente ogni lavoro per la grande fragilità su cu sorge il centro di Bologna che a causa della subsidenza tende ad abbassarsi e, come se non bastasse, risente delle scosse sismiche cui è soggetto l’Appennino.
Con il passaggio del tram, poi, le torri sono a rischio crollo: “Il centro di Bologna non è sano né robusto, ma fragile. La questione dei danni agli edifici è seria e va presa seriamente in considerazione”.
E’ costantemente monitorata ma la grande e straordinaria cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze è al centro di preoccupazioni per la sua stessa stabilità. L’incredibile opera architettonica di Filippo Brunelleschi non può più infatti affidarsi a interventi straordinari, ha bisogno di un intervento decisivo. Il problema maggiore è l’allarme stabilità, c’è il rischio effettivo di un crollo della struttura.
Sempre a Firenze, a rischio anche il convento di Sant’Orsola, fondato nel 1309 come piccolo convento femminile satellite rispetto alla chiesa di San Lorenzo e dove si dice sia sepolta la leggendaria Monna Lisa ritratta da Leonardo.
ROMA – Scendendo a sud, si arriva nella città eterna, probabilmente il più esteso centro di siti archeologici d’Italia e del mondo. Qui i motivi di preoccupazione sono tanti, visto la ricchezza del patrimonio artistico. Su tutti, vista la mole, il grandioso Colosseo, una delle meraviglie del mondo. Gli agenti atmosferici sono una delle preoccupazioni più grandi: gli edifici non sono adeguatamente coperti e in caso di piogge, l’acqua vi scorre abbondante all’interno.
Per il Colosseo, intanto, è previsto un intervento del valore di ben 25 milioni di euro. La preoccupazione poi è anche di ordine pratico: il venerabile Beda, già nel VII secolo ammoniva: “Finché esisterà il Colosseo, esisterà anche Roma; quando cadrà il Colosseo, cadrà anche Roma; quando cadrà Roma, cadrà anche il mondo”. E pensare che allora il Colosseo erra considerato una cava di marmo e travertino da esportare e usare per nuove costruzioni.
Lunga lista di interventi prevista per il Colosseo: il restauro del prospetto settentrionale e meridionale, la sostituzione delle chiusure dei fornici del primo ordine con cancellate, la revisione e restauro degli ambulacri del primo e secondo ordine, la revisione, restauro e consolidamento degli ipogei, l’adeguamento e integrazione degli impianti (elettrico, videosorveglianza, allarme) e infine la realizzazione di un centro servizi da 1.500 mq nella piazza antistante.
Altre situazioni a rischio nella capitale: la Domus Aurea, già vittima di un recente crollo. L’edificio fatto costruire da Nerone dopo l’incendio del 64 d.C ha subito il crollo di una parte del soffitto per via delle infiltrazioni delle acque piovane. “La parte della galleria Traianea coinvolta nel crollo e tra i 60 e i 70 metri quadrati” ha spiega Antonello Vodret, direttore tecnico della Domus Aurea. “Non si tratta della parte principale della Domus Aurea ma di una delle gallerie traianee costruite da Traiano nel 104”.
A rischio è poi la sezione delle Mura Aureliane che negli ultimi cinque anni hanno subito dieci crolli, l’Acquedotto del Mandrione, i Castra Pretoria tra la Nomentana e la Tiburtina, la villa Gordiani sulla Prenestina, A rischio anche la zona del colle Palatino, dove sono in corso gli scavi della Domus Tiberiana, chiusa al pubblico per il rischio dei crolli.
Oltre alla zona archeologica di Pompei ed Ercolano, che come si è visto proprio in questi giorni sono ad alto rischio crolli, la preoccupazione riguarda anche l’area archeologica dei Campi Flegrei. Zona a questa a rischio sismico per la attività di bradisismo, periodico innalzamento e abbassamento del livello del suono che ovviamente mina ogni edificio esistente. Un fenomeno costantemente tenuto sotto monitoraggio.
All’interno dell’area archeologica die Campi Flegrei sono pi siti i parchi sommersi di Baia e Gaiola. Un’area marina protetta localizzata sulle coste della provincia di Napoli a nord della Baia di Napoli istituita nel 2002 con decreto congiunto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e di quello per i Beni e le Attività Culturali, esempio unico in ambito Mediterraneo di protezione archeologica e naturalistica subacquea.
Si tratta di una vera e propria Atlantide di epoca romana: sotto le acque ifnatti resti di abitazioni, mosaici, sculture, affreschi, strade.
A sud, ma spostandoci a est, la drammatica situazione delle Terme romane di contrada Malvindi di Mesagne in provincia di Brindisi. Si tratta di un impianto termale risalente all’età romano imperiale, tra il terzo e il quarto secolo dopo Cristo. I lavori però, come comunicano associazioni di salvaguardia artistica della regione, hanno creato problemi: “Lo scavo archeologico svuotando gli ambienti del terreno di riempimento, sta sottoponendo le murature residue alla spinta del terreno posto all’esterno, provocando numerose lesioni alle antiche strutture murarie affioranti che richiedono urgenti interventi di consolidamento”.
Non solo: spiega Mimmo Stella, presidente del Comitato civico: “Abbiamo avuto enormi difficoltà a raggiungere il sito archeologico in quanto la strada di accesso prima esistente, oggi è scomparsa, e l’intera area è invasa da alte sterpaglie. Lo scenario di abbandono e di precarietà delle strutture murarie di età romana è davvero allarmante e desolante, vi sono crolli diffusi nelle coperture operate negli anni scorsi dalla Soprintendenza archeologica che servivano a preservare gli stessi scavi e che ora ricoprono in parte le aree messe in luce negli anni scorsi”.
In Puglia sono considerate a rischio le colonne doriche di Taranto e sempre a Taranto l’acquedotto di Nynphalis.
Tornando un po’ al centro nord, l’Abruzzo, regione continuamente sottoposta a eventi sismici tra cui quello drammatico di recente accadimento, è ovviamente ad alto rischio. In Abruzzo si trova lo straordinario complesso di Alba Fucens, antichissima città originariamente fondata dagli Equi, popolazione locale che combattè aspramente contro i conquistatori romani, poi diventata ricca colonia romana.
Il problema è che qui non si sono mai effettuati lavori e scavi programmati, tanto che recentemente sono venuti alla luce nuovi reperti murari di grande interesse grazie agli scavi per la palificazione dei un elettrodotto verso Paterno. Altra zona di alto interesse archeologico d’Abruzzo è quella sita nei pressi di Collelongo, nota come Amplero. Qui si sono trovati resti di villaggio dell’età del bronzo divenuto poi città ai tempi dell’impero romano.
Nel corso degli anni sono stati portati alla luce un santuario e una autentica zona abitata con tanto di necropoli. Tutte zone che il recente terremoto ha messo a rischio e che necessitano di interventi di protezione e ristrutturazione.