Caro direttore,
nell’articolo sul tema della persecuzione dei cristiani in Medio oriente apparso sul sussidiario, Robi Ronza esprime una ricostruzione dei fatti ed un punto di vista ampiamente condivisibili. Desta stupore come il grande imam di Al Azhar si sia chiesto perché il Papa non sia intervenuto a difesa dei musulmani dell’Iraq. A parte che Benedetto XVI ha sempre dichiarato di condannare la guerra e le sue conseguenze, ci chiediamo che cosa c’entrano gli effetti di una guerra, sia pure deprecabile, dove fra l’altro le uccisioni di musulmani avvengono per scontri inter-etnici interni, con la protezione doverosa da parte di uno Stato dei suoi cittadini diversamente credenti. Sul Corriere della Sera Raffaele La Capria si poneva il problema della asimmetricità nei rapporti fra Occidente e mondo islamico, notando, come fa Ronza, che è anche il nostro relativismo, la nostra mancanza di identità forte e di valori condivisi a renderci più deboli.
Le prime avvisaglie si ebbero con il famoso discorso di Ratisbona. Forse ingenuamente Papa Benedetto XVI da poco insediato nel seggio di Pietro, disse con chiarezza alcune cose, forse spiacevoli ma assolutamente vere. Il rapporto fede-ragione, il lungo e difficile, drammatico rapporto con la tradizione, con la filosofia greca, con il mondo ebraico hanno fatto del mondo occidentale un unicum, dove tolleranza, rispetto dell’altro, riconoscimento delle diversità, si coniuga con il tentativo di estendere al mondo valori condivisi che consentano la convivenza degli uomini sulla terra almeno fino all’avvento di quell’era messianica che ebraismo e cristianesimo vedono come escatologia futura. La Dichiarazione universale dei diritti umani è il risultato più tangibile di questo percorso.
Purtroppo le reazioni furono violente e il Papa fu lasciato solo anche dagli Stati e dall’intellighenzia occidentale, che privilegiarono il politically correct a scapito della testimonianza di verità e di solidarietà.
Bisogna anche aggiungere che alcune gravi espressioni del recente Sinodo delle Chiese orientali, doverosamente corrette dalla Sede vaticana, e vicine ad un terzomondismo filo-arabo, attribuivano le colpe di tutto al sionismo e a Israele (come recentemente è capitato anche a Messori), evitando di comprendere o di ammettere che le difficoltà di convivenza fra le religioni del libro (cristianesimo ed ebraismo) ed islam sono sempre state difficili e che la pretesa egemonica dell’islam ha al massimo tollerato gli altri riducendoli al livello di dhimmi, cioè di tollerati e sudditi di secondo livello, purché paganti il tributo.
Gli ebrei purtroppo, ma viene da dire fortunatamente, forse per un progetto provvidenziale divino, dopo sofferenze terribili sono stati espulsi dal Medio oriente dove vivevano da millenni. Ora tocca ai cristiani; questo comporterà per gli stessi Paesi arabi un impoverimento ulteriore, un venir meno di classe dirigente, una difficoltà maggiore sulla strada della modernizzazione, un acuirsi delle difficoltà di cui gli ultimi episodi in Tunisia e Algeria sono eloquenti messaggi…
Per noi ebrei, che queste persecuzioni sulla nostra pelle le abbiamo già subite, non può che essere un motivo di tristezza e di dolore vedere che cose analoghe succedono ai fratelli cristiani. Il mondo è in forte e accelerato movimento; l’Occidente è sotto attacco. Non si tratta di rinunciare ai nostri valori universali ma, prendendo atto di ciò che sta accadendo, far fronte comune, abbandonare il relativismo nichilistico che ci viene proposto in Europa come alternativa. Il rischio è che fra poco anche in Europa una minoranza estremista detti le sue leggi e quello che l’Europa ha evitato da Poitiers, a Lepanto, a Vienna si realizzi in forma prima morbida ma poi…
Guido Guastalla, Consigliere Comunità ebraica Livorno