Dalla lettura del libro L’ordine dell’amore di David L. Schindler (ed. Lindau) ho rinvenuto una sorta di “retroterra” culturale-teologico rispetto alle cose che come economista, da qualche tempo, tento di esprimere e sollecitare.
Ho sempre avvertito, per la ragionevolezza del mio essere cristiano, che il marxismo e il capitalismo fossero due concezioni materialistiche della vita sociale. Ho sempre avvertito che sia l’uomo “obbediente” della rivoluzione proletaria che l’homo oeconomicus del cosiddetto libero mercato capitalista fossero due “figure” astratte e disumanizzate in quanto a entrambe è stato “scarnificato” il “cuore”, è stato annullato il “desiderio”, ma soprattutto è impedita la possibilità di riconoscersi ontologicamente radicate in un mondo ove ciascuno è “dipendente” da un Altro ed è a “disposizione” degli altri. In un mondo ove la “dipendenza” dovrebbe essere “domestica” perché il mondo, di fatto, è l’estensione spazio-temporale di una comunità di persone e non un luogo-strumento da utilizzare in maniera autoritaria e/o consumistica.
Se il mondo non si riconosce come “comunità” e, quindi, non riconosce il suo “ordinamento originario” ovvero l’essere stato pensato e voluto (creato) da un atto dell’Amore ed espelle il suo Creatore dalla storicità dei rapporti quotidiani, allora esso diventa solo un “luogo” da usare per imporre “l’idea” e imporsi agli altri. Il mondo perde, in queste condizioni, la sua finalità “domestico-familiare” di comunità per divenire imposizione e scontro, ove l’individuo prevale sulla persona e su di esso prevalgono lo stato, il mercato o qualsiasi altra struttura sociale forgiata per il dominio e non per la “domesticità”.
In queste strutture (che Giovanni Paolo II chiama “strutture di peccato”) è soffocata la “vera” autodeterminazione e la “vera” creatività della persona giacché queste qualità emergono nella loro “verità” solo quando ciascuno si riconosce grato (e viene riconosciuto) di essere “creatura” per cui è possibile porre in essere anche atti responsabili di “donazione di sé”.
Quando questo accade, allora ogni azione porta in se stessa (si potrebbe dire è ontologicamente impregnata) di non violenza e di responsabilità persuasiva. L’azione non si impone, ma persuade e per persuadere non usa la coercizione, ma è protesa a “toccare” a sensibilizzare il “cuore” e il “desiderio”. L’azione deve essere in grado di coinvolgere intimamente, ma per perseguire questo obiettivo deve originare da un soggetto-persona che si riconosce uguale a gli altri perché, antecedentemente e contemporaneamente, ha riconosciuto di dipendere, insieme tutti gli altri da un Altro.
Il mondo economico-politico che descrive Schindler è “ordinato dall’Amore” e, di conseguenza, è in grado di fare memoria di Dio (questa anche la giustificazione del titolo del libro e l’insistenza dell’Autore perché tale restasse anche nella traduzione italiana). Fare memoria di Dio nella quotidianità delle azioni vuol dire lavorare ed operare con la “predisposizione domestica” che ha una madre ovvero con lo sguardo di attenzione con cui una madre, attenta alla sua avventura domestica, cucina, rassetta, ecc. E’ la mancanza di una “casa”, ovvero di un’antropologia del dono e della gratitudine (ciò che “domestica” il mondo) il problema fondamentale anche dell’economia liberale.
E’ questa intuizione (supportata ampiamente dall’enciclica Caritas in Veritate) che diversifica sostanzialmente le riflessioni e le conclusioni di Schindler da quelle di quei teologi-economisti maggiormente aderenti alle posizioni liberal-capitalistiche come possono esserle quelle espresse da Neuhaus e da Novak.
In Schindler il “bene comune” è tale non perché è “condito” come una sorta di obiettivo (talvolta molto nebuloso) da postulare, ma come un’indispensabile predisposizione dell’atto umano che opera nell’orizzonte creaturale dell’Amore.
Provvederemo a decifrare meglio questo concetto in un prossimo intervento soffermandoci sui presupposti logici del bene comune.