DOSTOEVSKIJ/ Zagrebelsky: vi spiego il “patto” tra Cristo e il Grande inquisitore
GUSTAVO ZAGREBELSKY ha parlato a Firenze, in un incontro pubblico con Tat’jana Kasatkina, della “Leggenda del grande inquisitore” contenuta ne I fratelli Karamazov di Fedor Dostoevskij

Un grande racconto sulla libertà e la seduzione del potere. Era dedicato alla «Leggenda del grande inquisitore» – il racconto di Ivan ne I Fratelli Karamazov di Fedor Dostoevskij – l’incontro pubblico che si è tenuto sabato scorso presso il Centro Culturale di Firenze, con due ospiti d’eccezione: Tat’jana Kasatkina, filologa, direttore del Dipartimento di Teoria della letteratura presso l’Accademia Russa delle Scienze, e Gustavo Zagrebelsky, giurista, presidente emerito della Corte costituzionale. «Lavoro sulla Leggenda da ormai una decina d’anni» dice il professore a IlSussidiario.net «perché i suoi temi hanno anche risvolti prettamente costituzionali». Ecco la sua lettura del «grande enigma».
Gustavo Zagrebelsky, lei è un giurista. Perché i temi affrontati nelle grandi opere di Dostoevskij sono da anni al centro dei suoi interessi?
Il grande tema della «Leggenda» non è quello della libertà?
Cosa la impressiona di più del terribile incontro che avviene in quella cella?
Ma la conclusione spariglia le carte.
Dopo la condanna al rogo da parte dell’inquisitore, c’è il colpo di scena: Cristo si alza e dà un bacio al vegliardo. Ci aspetteremmo che quell’incontro possa concludersi solo in un modo, con il rogo dell’uno o con l’annichilimento dell’altro, invece termina con un bacio. Ma attenzione, perché il bacio non è un atto unilaterale del Cristo. Il vecchio reagisce, le sue labbra esangui hanno un tremito. Non rimane passivo; una comunicazione, tra i due, avviene. Il Cristo viene a quel punto liberato, a patto che non ritorni mai più. Viene rimandato non da dove era venuto, ma nelle oscure vie della città, cioè in mezzo agli uomini.
L’anno scorso, in una sua lezione all’Accademia dei Lincei, lei commentò la «Leggenda» concentrandosi sul tema del potere. Quale tipo di razionalità politica esercita l’inquisitore?
Perché?
C’è qualcosa, nella «Leggenda», che mette in scacco il progetto dell’inquisitore? Insomma, la libertà vince o perde?
Vi è o non vi è una riconciliazione?
Appunto. Non vi è una riconciliazione né nei termini del compromesso, né in quelli del reciproco riconoscimento. Amo molto l’interpretazione della «Leggenda» che ha dato Dietrich Bonhoeffer. Mentre una prima lettura porta a dire che le due posizioni, inquisitore e Cristo, legge e libertà, sono diametralmente contrapposte, nella sua Etica Bonhoeffer dice una cosa diversa: che l’inquisitore si occupa delle questioni «penultime», quelle del mondo, il Cristo, invece, delle cose ultime. Ma se non ci fosse una garanzia delle cose penultime – fuor di metafora: se non ci fosse qualcuno che si occupa del reggimento della società – ci sarebbe la possibilità di volgersi alle cose ultime? Per Bonhoeffer il Cristo, col suo bacio, riconosce che l’inquisitore ha ragione. Sia pure soltanto nelle cose penultime.
La «Leggenda» è una fonte di riflessione inesauribile. Cosa ci insegna oggi?
(Federico Ferraù)
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