Ci sono libri, come quest’ultimo di Don Massimo Camisasca, Dentro le cose, verso il mistero, che ti invitano a fare silenzio dentro, che ti portano in un’altra dimensione, come se il chiasso insopportabile del mondo fosse finalmente lasciato fuori dalla porta, quel chiasso che ci impedisce di andare in profondità di noi stessi e di ricordare quali sono le basi sulle quali si è costituita – e costruita – la nostra comune natura umana.
Un viaggio che Don Camisasca fa partire dalle Radici – con i suoi bellissimi capitoli sulla natura, sulla parola, sul volto e sul silenzio – per poi arricchirsi e innalzarsi attraverso i Rami – che coincidono con la capacità analitica, speculativa, artistica e intellettiva dell’uomo, attraverso la storia, la filosofia, l’arte e la lettura delle Sacre Scritture, per approdare infine a quello che è il “cuore infuocato dell’esperienza umana” e che rende preziosa e unica – come lo sono i Fiori – la nostra vita: la paternità, il lavoro, il dolore e l’amore.
“Senza paternità, non c’è vita, e non solo nel senso biologico”. Ed è proprio il capitolo sulla paternità che riassume maggiormente la passione di Don Massimo per gli altri e per la sua missione di sacerdote. Partendo dalla rilettura da adulto dell’Iliade, Camisasca capisce che nella figura di Enea – che fugge da Troia, portando sulle spalle il vecchio padre Anchise e tenendo per mano il figlio Ascanio – si riassume il vero senso del nostro cammino terreno.
“Quelle tre figure – padre, figlio, nonno – sono come l’atto fondativo della civiltà occidentale”. “Padre è colui che trasmette al figlio ciò che ha ricevuto e fatto proprio” continua Don Massimo, “perché, a sua volta, questi rielabori ciò che gli è stato consegnato e lo faccia nascere di nuovo. Quando si parla di paternità non si tratta perciò di una delle tante relazioni umane… ma del muro maestro della nostra casa sulla terra”.
Ed è proprio partendo dalla rivoluzione del Sessantotto – che ha voluto “abbattere il padre” per ribellarsi, non senza ragione, all’autoritarismo dilagante – che è iniziata anche un’ inarrestabile deriva di senso che ha reso le nuove generazioni così fragili e così disperate. “Non è possibile diventare grandi se si vogliono cancellare i rapporti che ci fanno crescere”, conclude don Massimo, aggiungendo: “È proprio qui la difficoltà di essere padre, come essere autorevole senza essere autoritario”.
Ci sono molte altre riflessioni che meritano di essere sottolineate in questo prezioso libro da tenere sul comodino, prima di addormentarsi, come quella, bellissima, che parla del silenzio degli animali che ci circondano, “questo immenso mondo che vive tacendo. Quasi un prolungamento degli occhi di Dio con cui egli guarda l’uomo. Un prolungamento dell’apparente silenzio di Dio”. O quando parla dell’importanza della parola e della lettura: “Leggere e vedere sono le due fondamentali strade per il pensiero dell’uomo. Senza queste attività si atrofizza ciò che è più profondo in noi”.
Alla fine, quando si chiude il libro, ci si sente più consapevoli, più sereni come dopo una serata passata a parlare con un vero padre, saggio e umano, capace di accogliere, di stimolare e di guidare senza mai mettersi in cattedra, ma trasmettendo quella capacità di meraviglia, di ascolto e di attenzione che è una delle prerogative dell’amore.