In occasione del 407esimo anniversario della sua nascita, Google rende oggi omaggio a Rembrandt Harmenszoon van Rijn, noto solo come Rembrandt, considerato uno dei più grandi pittori della storia dell’arte europea e senza dubbio il più importante di quella olandese. Buona parte della sua produzione artistica coincise con il cosiddetto “Secolo d’oro” olandese, il periodo del XVII secolo durante il quale le arti, il commercio e le scienze dei Paesi Bassi conobbero una notevole espansione a livello mondiale. Secondo l’esperto d’arte Giuseppe Frangi, contattato da IlSussidiario.net, Rembrandt può essere anche considerato il primo pittore “moderno” in una società estremamente individualista, come quella olandese dopo la riforma protestante.
Iniziamo proprio da questo aspetto. Rembrandt arriva dopo Caravaggio, raccogliendone ovviamente alcune intuizioni geniali. Basti pensare ai cosiddetti contrasti luministici, una caratteristica fondamentale della sua opera attraverso cui la pittura viene riportata dal piano idealizzato a quello della realtà, a volte anche in modo feroce. Rembrandt riparte quindi da quel punto, mettendosi letteralmente sul mercato in una società totalmente modificata dalla riforma.
In che modo? L’artista allestisce il suo atelier, costruisce la sua “fabbrica” di pittura e propone i suoi prodotti a una società ormai privata di luoghi simbolici forti e che aveva culturalmente definito la non rappresentatività del soggetto sacro. Secondo la logica del protestantesimo, infatti, il sacro non poteva essere rappresentato, perché altrimenti si andava a creare l’idolatria dell’immagine.
Questo come influenzò l’arte di Rembrandt? Ovviamente si tradusse in una grande libertà compositiva, espressa soprattutto nella parte finale della sua vita. Rembrandt sperimenta infatti una incredibile libertà compositiva e formale in tutti i suoi quadri, dimostrando anche una capacità innovativa di visione moderna dell’immagine dipinta che è assolutamente straordinaria e senza paragoni nel suo secolo. Probabilmente bisogna arrivare a Goya per trovare qualcosa di simile. C’è poi un aspetto particolare che a mio giudizio è estremamente interessante.
Quale? Come dicevamo, dopo la riforma protestante, nella società in cui Rembrandt vive è praticamente vietato raffigurare la figura di Gesù. Se questo avveniva, era solamente perché committenti privati richiedevano all’artista una raffigurazione sacra. Non c’è più la raffigurazione “pubblica” di Gesù, la stessa che ha caratterizzato l’intera storia dell’arte fino a quel periodo. Rembrandt, però, fa di tutto per superare questo ostacolo.
In che modo? Dovendo esprimere il bisogno di arrivare a un confronto con il volto di Gesù, ne inizia a dipingere un gran numero, in parte per sé e in parte per la committenza privata, creando un tale sconcerto a livello di critica che per molto tempo quei quadri non gli verranno neanche attribuiti. Rembrandt, però, non rappresenta più Gesù in un momento pubblico della sua vita, ma in quelli “privati”.
Si spieghi meglio. E’ un Gesù raffigurato nell’intimo, in quei momenti che non sono raccontati nei Vangeli ma che certamente esistevano. L’artista instaura dunque un rapporto “privato” con Gesù, come se interloquisse direttamente con lui, faccia a faccia. Se raffigurare il Gesù pubblico era vietato, Rembrandt lo raffigura in forma privata in opere straordinarie.
Nonostante il suo grande talento, Rembrandt dovette affrontare spesso grandi difficotà finanziarie… E’ esatto, tanto che possiamo dire che Rembrandt è il primo artista ad aver vissuto il “default”, il fallimento economico, e anche per questo motivo è molto attuale. Le sue finanze precipitarono velocemente e, dopo aver dichiarato fallimento, nel 1657 verranno messi all’asta tutti i suoi dipinti, disegni e oggetti d’arte, insieme alla sua casa. Anche gli ultimi anni della sua vita sono segnati da pesanti ristrettezze economiche e nuovi eventi drammatici, tra cui la morte del figlio e della compagna. Poi, nel 1688, realizza il “Ritorno del figliol prodigo”.
Ce ne parli. E’ senza dubbio uno dei quadri più rappresentativi della sua opera, in cui il figliol prodigo è raffigurato di spalle e in ginocchio dinnanzi al padre, di cui ha sperperato il patrimonio. Il genitore posa sulla spalla del giovane la sua grande mano, che quasi sembra fondersi con la sua schiena: un’opera di una potenza unica, chiara rappresentazione della misericordia in atto. (Claudio Perlini)