Un curioso studio proveniente dagli Stati Uniti ha stabilito che le persone religiose sono meno intelligenti dei non credenti. La ricerca prende le mosse da una sessantina di studi precedenti sull’argomento che hanno visto la luce per la prima volta nel 1921. Il portavoce di questa istanza è il professor Miron Zuckerman della Rochester University il quale ha notato una incompatibilità tra senso logico e religiosità nei casi analizzati grazie all’aiuto della sua equipe. Una dichiarazione esplosiva, è subito polemica e la notizia desta immediatamente scalpore tanto da essere riportata su numerose testate nazionali.
Secondo la ricerca di Zuckerman, intitolata “La relazione tra intelligenza e religiosità: meta-analisi e alcune proposte di spiegazione” e pubblicata su Personality and Social Psychology Review”, fin dai primi anni di vita il bambino intelligente è quello che si tiene lontano dalla fede. Il ricercatore statunitense si è avvalso di un’analisi che risale agli anni venti (obsoleta e superata penseranno alcuni), in cui viene preso un panel di 1500 bambini con intelligenza superiore alla norma, ossia con un quoziente intellettivo pari se non superiore a 135. Dalle conclusioni della ricerca dello scorso secolo emerge che i piccoli “geni” risultano essere maggiormente distaccati nei confronti della religione rispetto alla media della popolazione, sia in età adolescenziale che durante la senilità. La ricerca recente coronerebbe i risultati ottenuti dal 1928 ad oggi in quanto nei 63 studi precedenti, ben 53 mostrerebbero una correlazione negativa tra fede e intelligenza, mentre i restanti 10 sarebbero a favore della tesi contraria. Il ricercatore ha dichiarato di aver guardato ad ogni singolo studio in modo distaccato e indipendente, l’uno dall’altro, e confrontando i dati e i metodi usati in ogni ricerca. Alcuni psicologi coinvolti nella ricerca hanno definito l’intelligenza come “abilità di ragionare, programmare, risolvere problemi, pensare in astratto, comprendere idee complesse, imparare velocemente e dall’esperienza”. La religiosità viene definita dagli stessi come il coinvolgimento in alcuni, o tutti gli aspetti della religione.
Ovviamente le critiche non sono mancate e non si può dire neanche che sia la prima volta che uno studio sull’intelligenza venga messo in dubbio. Nella maggior parte dei casi queste ricerche vengono accusate di non tenere conto di aspetti che potrebbero far parte dell’intelligenza. Questo concetto viene spesso inteso in maniera differente a seconda di chi lo nomina e una definizione univoca scontenterebbe la maggior i tanti poiché è un termine che ha diverse sfaccettature e sfumature, forse un’significato troppo grande per essere incastonato in una parola.