In un articolo apparso domenica 16 novembre su “Avvenire”, si parla di Péguy, autore “maledetto”, di cui nessuno ignora il nome, ma nessuno lo legge. L’allarme lo lancia il filosofo e pensatore Alain Finkielkraut. Celebre autore della letteratura francese. Ma perché non viene studiato? Perché viene considerato come un giornalista, come uno stilista e come un fascista. Come giornalista, perché la sua potenza filosofica è stata espressa su articoli di giornale. Sogna un giornale dove “si scriva stupidamente la verità stupida, si dica noiosamente la verità noiosa, si dica tristemente la verità triste”. Un sogno che si realizza quando l’autore fonda i “Cahiers de la quinzaine” (quaderno quindicinale). Si tratta di un’esperienza intellettuale unica. Diventa editore, redattore, autore. Una grande opera in prosa, dove si coniugano il massimo della poesia e il massimo della filosofia, ma che riesce difficile da comprendere, richiede infatti una competenza specifica. Di conseguenza anche gli appassionati di Péguy non lo insegnano, ci rinunciano. Il secondo motivo per il quale non viene letto: si dice dell’autore che “è uno stilista, è un maestro di stile”, dimenticandosi che la sua opera è al tempo stesso letteratura e filosofia. (Serena Marotta)