Francesco ama parlare delle persone anziane. Anche il Vangelo nomina persone di tarda età: Elisabetta e Zaccaria, Simeone e Anna. ma un posto ce l'ha anche Benedetto XVI. LAURA CIONI

Papa Francesco ama parlare delle persone anziane. Si sente nelle sue parole il ricordo della figura dei suoi vecchi, in particolare quella della nonna sulle cui ginocchia imparò la vita e la fede. Anche il santo Vangelo, in particolare quello di Luca, nomina persone di tarda età: Elisabetta e Zaccaria, Simeone e Anna sono figure non certo secondarie nei primi capitoli del suo scritto. La Chiesa fa ripetere ogni giorno ai fedeli, a Lodi e a Compieta, le parole con cui il padre di Giovanni Battista e il vecchio Simeone salutano il Salvatore.



Elisabetta accoglie Maria con la frase che racchiude tutta la vita della Madonna: “E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore”, sentendo sobbalzare di gioia il figlio nel grembo. Suo marito, dopo i mesi in cui era stato privato della parola per aver dubitato della potenza di Dio che fa venire alla luce le cose che ancora non sono, parla a suo figlio così: “E tu bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade, grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio, per cui verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte”.



Non è ancora la luce piena, è l’alba, quella di cui secoli dopo dirà Shakespeare: “Gli occhi grigi del mattino sorridono alla cupa notte”. Ma è già il presentimento della luce, quella che illumina ogni uomo e che è venuta in questo mondo.

E’ luce piena invece circa nove mesi dopo nel Tempio. Simeone abbraccia il Bambino con la tenerezza consapevole propria dei vecchi, quella che non è neppure dei genitori, in genere più orientati all’opera attiva per la crescita del figlio che non presi soltanto dalla sua piccola innocenza: “Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele”. Lo Spirito gli aveva assicurato che non sarebbe morto senza vedere la consolazione del suo popolo e ora egli ha tra le braccia il bimbo in cui essa si è incarnata. La gioia del vecchio Simeone è piena di dolcezza ed è dominata ancora dal tema della luce.



Di Anna il Vangelo non dice le parole, ricorda soltanto che, giunta al Tempio in quel momento, lodava Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme, proprio come le donne anziane, così felici di una nascita da non parlare che di quella.  

Una lunga vita al servizio di Dio giorno e notte viene coronata dalla gioia.

Come non ricordare la gioia così presente sul volto di Benedetto XVI ancor più che in molte sue parole? Il vecchio papa è  non solo il fine teologo, l’umile lavoratore nella vigna del Signore che ha deposto i panni della fatica prima del tempo, è soprattutto la trasparenza di una gioia celeste, dove musica e luce si fondono e fanno presagire l’eternità. Per dirla con la poesia di Dante: “Lume è là su che visibile face /lo creatore a quella creatura /che solo in lui vedere ha la sua pace”.