Mosca, “Biblioteca dello Spirito”: una tavola rotonda della comunità “Trasfigurazione” sui rapporti fra Chiesa e società focalizza la questione non su una disamina di “sistemi” ma in una riflessione sulla persona e su come la Chiesa può “raggiungere” la persona.
Sergej C’apnin, redattore responsabile del “Giornale del Patriarcato di Mosca” – Quando parliamo del dialogo della Chiesa con la società, spesso desideriamo parlarne “fino in fondo” senza che resti nessuna incertezza. Ma la dinamica della nostra vita, politica, sociale e anche ecclesiale è così complessa che non ci sono formule definitive.
Quelle formule che usiamo tanto spesso (“sinfonia dei poteri”, “la Santa Rus'”, “la rinascita ecclesiale”) ci appaiono sempre meno convincenti, e in certi casi, perfino false. Quando cerchiamo di presentare i politici attuali come politici cristiani vendiamo il desiderio come realtà. Purtroppo oggi in Russia politici cristiani non ne esistono. Quando usiamo un termine molto abituale “rinascita ecclesiale”, dobbiamo pur sempre far attenzione, ma che cosa significhi tutto questo? A mio giudizio questa concezione corrisponde sempre di meno.
Rinascita è soprattutto uno sguardo al passato, ristabilire ciò che esisteva una volta, ma è stato dimenticato oppure distrutto. Invece il contenuto principale della nostra vita ecclesiale è un movimento al contrario, è un movimento in avanti, l’uso di nuove formule di una nuova tecnologia. Le scuole domenicali che prima non esistevano nella tradizione ortodossa; il superamento del carattere divisorio dei seminari; l’uso costante di internet e delle trasmissioni televisive dei servizi liturgici; costruzioni monolitiche. Nei vari settori della vita ecclesiale usiamo tante novità (ed è del tutto normale!) ma non si può assolutamente imputare alla Chiesa la falsità della rinascita.
Ciò nonostante negli ultimi venti anni è stato chiaro ed evidente il porre l’accento sulla ricostruzione e il rinnovamento. A che cosa ha portato questo? Si è formato un’ampio gruppo di persone ecclesiastiche che pensano che parlare di introdurre la Chiesa nella vita della società sia almeno sconveniente, per non dire, del tutto pericoloso per la Chiesa in Russia. Per questo sorge una certa particolare e inutile attenzione nel decidere problemi che dovrebbero essere semplicemente comprensibili.
Sono convinto che la crisi in cui ci troviamo deve trovare un suo sbocco rielaborando seriamente le forme ed i compiti della vita ecclesiale. Dobbiamo ripartire non tanto dalla “Chiesa in genere”, ma anzitutto dalla persona: “Per me che cosa significa la Chiesa? Come si esprime in me la Chiesa cui appartengo?
Qui non serve ripetere le risposte del catechismo. Qui occorre trovare le parole proprie che partono dal cuore. Oggi vale di più porre problemi che risolverli. Io vedo che nel parlare fra gli ortodossi sorgono nuove prospettive. Del resto nei discorsi sulla Chiesa e la società sorgono nuovi approcci e nuove tonalità. Ci chiedono: “Perché la Chiesa è l’istituzione più grande, l’ istituto socialmente più autorevole?”. Normalmente noi rispondiamo: “E’ evidente, è sempre stata così” e diamo un’argomentazione solita, sorpassata negli ultimi 20 anni. Ma oggi non basta. Occorrono altre risposte ed altri argomenti. La società è cambiata e la nuova generazione pone “il vecchio problema”. Come trovare oggi una risposta convincente? In questa domanda non c’è slealtà e neppure mancanza di rispetto per la Chiesa. Dobbiamo considerare questa domanda come sincera e onesta, e cercare nuove parole per una risposta convincente.
Non si può escludere che il periodo che noi giustamente chiamavamo “rinascita ecclesiale” sia ormai terminato. Come chiamare il nuovo periodo non è ancor chiaro. Noi facciamo soltanto il primo passo. Se i nostri passi saranno opportuni, se una certa paura ci abbandonerà, se ci sarà un rapporto creativo nella nostra preghiera e nella nostra vita ecclesiale, un servizio ecclesiale, mi sembra che allora entreremo certamente in un nuovo periodo della vita ecclesiale.
Dmitrij Gasak, presidente della fraternità “Trasfigurazione” – Condivido la posizione di S. C’apnin. La situazione odierna è del tutto particolare. Ma per comprenderla meglio, forse non completamente, è giusto il riferimento all’epoca di cento anni fa. Se 100 anni or sono, nella società tradizionale russa, si poteva parlare dell’avvento dell’Anticristo, ora noi siamo piuttosto nella situazione in cui si trovavano i cristiani del III-IV secolo, quando era necessario trovare la lingua per esprimere nella lingua dell’Impero romano (in quel tempo di tutto il mondo intellettuale), quei valori, quella fede, quell’esperienza spirituale che per quella cultura era non soltanto nuova, ma anche estranea.
A me sembra che oggi, dopo la caduta dell’Unione sovietica, e dopo il termine dell’epoca sovietica, noi ci troviamo in quella situazione. Per questo motivo, nel dialogo della Chiesa e della cultura, della chiesa e della società è molto necessario comprendere quale giudizio abbiamo sulla società attuale. A me sembra che siamo più vicini a quel tempo in la Chiesa incontrò la società pagana.
Ora dobbiamo comprendere bene di che cultura parliamo perché se parliamo della cultura della società attuale, allora a questo problema dobbiamo aggiungere quello che ha detto S. C’apnin. Dobbiamo cercare le parole adatte. Non possediamo una sufficiente fiducia e comprensione reciproca e neppure la capacità di capire quello che i credenti credono e di che cosa la società ha bisogno. Mi sembra che occorra inventare una nuova lingua e cercare di capire i veri bisogni della società attuale, perché dobbiamo riconoscere che il giudizio che domina nella mentalità moderna è un giudizio fondamentalmente pagano.