In una recente intervista Noam Chomsky ha preannunciato che nel suo intervento al Meeting di Rimini parlerà del “mistero del linguaggio”. Quale può essere la suggestività misteriosa di un oggetto così universale e così comune, e per chi se occupa, come il 86enne linguista professore emerito del Mit, da una vita? Il neurolinguista Andrea Moro, già intervento al Meeting 2011 sul tema del mistero del linguaggio, non ebbe dubbi nel sostenere di avere più domande che risposte a proposito, ma quale potrà essere l’impatto su Chomsky del tema del Meeting, la mancanza che fa pieno il cuore nel verso di Mario Luzi? L’accento sul mistero del linguaggio è forse ritagliato ad hoc per la kermesse riminese, o si tratta di una delle tante inattese consonanze da fronti “nemici” (Chomsky è noto per le sue posizioni di sinistra libertaria e anticapitalista, il Meeting di Rimini è organizzato da aderenti a Comunione e liberazione) accomunati dalla ricerca della verità?
I concetti fondanti della grammatica trasformazionista di Chomsky, quelli che costituiscono l’ossatura del suo pensiero, hanno da sempre descritto il linguaggio come qualcosa di esorbitante; dal Lad, the Language Acquisition Device, la capacità mentale istintiva di apprendere una lingua, alla “povertà dello stimolo”, l’abilità di ogni uomo di produrre nuove frasi, senza limite, per esprimere i propri pensieri in modi appropriati alle situazioni, ma non determinati da esse — dunque “indotti”, ma non “costretti”.
Già nel 1968, in Language and Mind, il linguista americano presentava il linguaggio come quel tratto distintivo dell’umano degno di occupare “un posto centrale nella psicologia generale”. Più recentemente, come già commentato su queste pagine, in The mystery of language evolution, pubblicato nel volume di maggio 2014 di Frontiers of Psychology, vari luminari fra cui — non ultimo — Chomsky non solo respingevano qualsiasi ipotesi darwinistica dell’evoluzione del linguaggio, ma presentavano l’unificazione della teoria linguistica delle acquisizioni genetiche, neurobiologiche e cognitive relativi al linguaggio come necessaria in un’indagine che si prospetta lunga ed affascinante per rispondere a domande quali: cos’è il linguaggio, perché solo gli esseri umani lo possiedono (cosa di cui Chomsky è certo), come funziona e come lo si apprende, in un percorso di indagine scientifica che, sempre nello stesso articolo, viene definito “one of the great mysteries of our species”, “uno dei grandi misteri della nostra specie”.
Date queste premesse, sarà il Meeting a sorprendere Chomsky, cosa più volte accaduta nelle passate edizioni, dal semplice spettatore all’invitato più prestigioso, o sarà Chomsky a sorprendere il Meeting?