COSA C’E’ DIETRO IL “BABY TALK”?
Negli Stati Uniti l’hanno ribattezzato “baby talk” e sta a indicare quel linguaggio, fatto di espressioni e modulazione della voce sul modello di quanto fanno i più piccoli, che di solito le coppie di innamorati usano tra di loro per comunicare. Ma a cosa è dovuta questa sorta di gioco linguistico che può portare a volte anche a esiti davvero comici, se non proprio stucchevoli, tra uso di nomignoli e repentini cambi nel tono di un’espressione? Intervistati dal magazine online Vice, diversi neuro-antropologi americani hanno provato a spiegare questo curioso fenomeno, tirando di fatto in ballo non solo le funzioni sociali del linguaggio ma anche motivazioni legate allo sviluppo emotivo della persona e che, di base, rimandano al rapporto che ognuno ha avuto con la propria madre nei primi anni di vita: non è un caso che il “baby talk” è proprio delle neo-mamme alle prese con i neonati e che dunque parte delle funzioni che quel tipo di linguaggio ha nei confronti dei più piccoli venga traslato anche, diventando adulti, nei rapporti di coppia e in quel segreto (a volte nemmeno tanto, tenendo conto dei social network…) e originale modo di comunicare creato da due persone che si amano.
UN GIOCO CONTRO LE CONVENZIONI SOCIALI
Stando al lungo articolo pubblicato da Vice e agli illustri pareri riportati, sembra che il “baby talk” nasca come una forma comunicativa capace di rassicurare il proprio partner e rinforzare i legami, proprio come farebbe una mamma col suo bimbo, vale a dire il “primo amore” che si sperimenta nella vita. Questo, va precisato, è un fenomeno che è riscontrabile non solo in ogni ceto sociale e fascia d’età, ma anche cross-culturale e trasversale a livello geografico e probabilmente nasconde anche una sorta di volontà da parte della coppia di emanciparsi dalle tradizionali forme comunicative della quotidianità, sperimentando dunque un certo brivido della libertà nel contravvenire ai modelli consolidati e riscrivere le regole del rapporto, o quantomeno in amore. Insomma, di fronte all’oppressione delle convenzioni sociali ecco che vocette stridule, “nickname” inconfessabili e faccette buffe che li accompagnano sovente diventano una ribellione sotto forma di un gioco innocuo, anche se portato avanti da due persone adulte ben consapevoli del proprio ruolo. Uno scenario di “role-playing” prestabilito che, secondo i neuro-antropologi, combatte quello che, in una vecchia pubblicità, era chiamato “il logorio della vita moderna”.