Virginia Woolf è stata oggi ampiamente celebrata per via dell’importante anniversario, i 136 anni dalla sua nascita, ricordati anche da Google con un doodle che campeggia nella home del celebre motore di ricerca. Considerata una delle scrittrici più importanti dello scorso secolo, ciò che ha fatto di lei una grande artista è stato proprio il perfetto connubio tra capacità narrativa e profonda sensibilità nei confronti della realtà esterna e interiore. Nel corso della sua carriera artistica sono stati in tutto otto i romanzi scritti, di cui uno postumo, oltre a numerosi racconti e saggi. A caratterizzarli i suoi inimitabili soliloqui, flussi di coscienza e l’estrema attenzione alle emozioni ed alle espressioni più intime della mente umana. Uno dei suoi libri più sperimentali, venuto alla luce nel 1931 si intitola Le onde. Si tratta di un romanzo corale che vede al centro della storia sei voci interiori di altrettanti amici che si alternano nel narrare le proprie esperienze ed i propri desideri. La particolarità è rappresentata da Percival, il settimo protagonista ma presente solo attraverso il racconto degli altri sei che a loro volta rappresentano le onde, simili e al tempo stesso uniche che danno forma al mare dell’intero racconto. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
TORMENTI, PASSIONI E MANIE: IL SUO LATO FRAGILE PIÙ IGNOTO
Nasceva 136 anni fa la raffinata e brillante Virginia Woolf, alla quale oggi Google dedica un doodle speciale. Nonostante il suo impegno per la parità dei generi che la portava ad apparire come una femminista forte e convinta, anche Virginia, al pari di ogni donna, veniva scossa da manie, passioni e preoccupazioni. Il sito letterario Flavorwire pubblica alcune curiosità non proprio note sulla celebre scrittrice e saggista. Tra le sue manie c’era ad esempio quella di scrivere in piedi, ad un tavolo alto 3 pollici e 6 così da poterlo fare come se fosse un pittore capace di allontanarsi dalla “tela” in qualunque momento per osservare il suo capolavoro da un differente punto di vista. Quando tentò il suicidio, appena 22enne, il suo tentativo fallì in quanto si lanciò da una finestra troppo bassa. Pochi anni più tardi, a 27, dichiarò di avere paura del sesso al punto tale da aver pensato di sposare un suo amico omosessuale che lei considerava come un fratello, pur di ovviare al “problema”. Questo perché da bambina fu vittima di abusi da parte del fratellastro. Dopo le nozze decise di iscriversi ad un corso di cucina ma non ebbe successo in quanto la sua fede finì in un pasticcio di carne. Virginia non amava affatto essere fotografata e dichiarò anche una sorta di disprezzo per “le donne anziane che bevono”. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
LA RIBELLIONE FEMMINISTA DELLA “SIGNORA DALLOWAY”
Virginia Wolf nasceva 136 anni fa a Londra diventando una delle figure di spicco della letteratura europea del XX secolo. Fu considerata la prima esponente del femminismo, inteso in quegli anni come lotta per la parità dei diritti materiali delle donne rispetto agli uomini. Celebre a tal proposito la sua dichiarazione secondo la quale ” l’identità sessuale dell’individuo è un costrutto sociale che può essere trasformato e cambiato”. Lei stessa era infatti nata in una società nella quale alla donna era stata insegnata una sottomissione quasi naturale. Cresciuta sotto il controllo del padre e successivamente anche dei suoi fratelli, non si rassegnò mai alle abitudini della società secondo la quale alla donna non può essere riservato il diritto di lavorare e di proseguire nell’istruzione. Punto di vista che ostenta, con decisione, in tutti i suoi principali romanzi. Anche in ‘La signora Dalloway’, infatti, la protagonista si trova a scontrarsi con le idee del marito che, seguendo i dettami della società, non vuole che le sue idee vengano messe in discussione, sottolineando come la donna debba sempre ubbidire alla sua autorità. [Agg. di Dorigo Annalisa]
L’ULTIMA FEMMINISTA AL MONDO
Se diciamo “femminismo”, il volto di colui (ma anche di colei) a cui lo stiamo facendo presente, cambierà nella maggior parte dei casi. Un termine usato così tanto a sproposito che nel corso degli anni, purtroppo, ha perso il suo verso significato. Eppure, se diamo un’occhiata al dizionario, alla voce “femminismo”, la sua definizione esatta significa qualcosa di più profondo e concreto: “Movimento sorto nell’Ottocento che propugna la perfetta parità di diritti fra la donna e l’uomo; oggi ha esteso le sue rivendicazioni a ogni campo della vita sociale puntando alla valorizzazione della sensibilità e della cultura femminile”. Se volete approfondire l’argomento in letteratura, non vi è nome migliore di Virginia Woolf, probabilmente l’ultima delle vere femministe al mondo, nata 136 anni fa. Se il femminismo vi appassiona, avrete sicuramente un occhio di riguardo anche per “Una stanza tutta per sé”, probabilmente la sua opera più famosa. Un testo capace di legare insieme ed in maniera perfetta, le donne e il femminismo con un vero inno in favore dell’indipendenza, attraverso la rivendicazione dei diritti. Incredibilmente la voce di una sola donna, ha avuto il potere di arrivare al mondo intero e di regalare un vero cambiamento alla letteratura femminile. “Una donna, per poter scrivere, ha bisogno di avere soldi e una stanza tutta per sé”, aveva detto Virginia alle donne. Privilegi quelli, che fino a poco tempo prima appartenevano solo agli uomini. (Aggiornamento di Valentina Gambino)
UNA STANZA TUTTA PER SE’
Virginia Woolf nella sua opera Una stanza tutta per sé (1929) quando affermava senza giri di parole che «la bellezza ha due tagli, uno di gioia, l’altro di angoscia e taglia in due il cuore». Un concetto molto caro ai grandi pensatori cattolici, come pure ai grandi artisti del resto, quello della «ferita della bellezza». E per Virginia Woolf questa ferita è diventata il simbolo del cambiamento, che si può raggiungere al di là delle utopie, attraverso un lavoro sulla realtà politica, sociale, culturale che la circondava. «Chi mai potrà misurare il fervore e la violenza del cuore di un poeta quando rimane preso e intrappolato in un corpo di donna?», dice Virginia Woolf, evidenziando come il confronto con il limite (la concezione della donna nella società degli anni trenta) fosse in grado di incendiare i più grandi ardori, aspirazioni e desiderio di operare sulla realtà. E quello che poteva sembrare ai più solo un fervore poetico, idealista e astratto, si declinava costantemente nel modo più concreto. Virginia Woolf fu infatti tra i membri più eminenti della “Fabian Society”, insieme al marito e ad altri illustri pensatori inglesi come H.G. Wells, Bertrand Russel e John Maynard Keynes. Il “fabianesimo”, antesignano del Labour, era una sorta di movimento socialista avverso ad ogni utopia, che voleva ricollocare la classe operaia al giusto livello di importanza all’interno di una società capitalista. Una maggiore consapevolezza e difesa dei diritti, a partire, per la precipua sensibilità di Virginia Woolf, da quelli delle donne. Perfino Trotsky vedeva nel ”fabianesimo” tentativo più concreto di salvare il capitalismo dalla furia della classe operaia. Insomma, Trotsky aveva visto nel nascente Labour una forma concreta di alternativa alla rivolta di classe. Proprio in forza dell’efficacia delle sue riforme, ispirate appunto anche da Virginia Woolf.
COME LA SORELLA DI SHAKESPEARE HA CAMBIATO L’UNIVERSO FEMMINILE
Uno dei lavori principali di Virginia Woolf è stato senza dubbio “Una stanza tutta per sé”, un saggio tratto da due famose conferenze svoltesi in due college femminili dell’Università di Cambridge. Attraverso un espediente letterario, Virginia Woolf ha portato l’attacco al cuore del maschilismo della società inglese. Certo sono stati tanti gli scrittori, anche importanti, a cercare di corrodere gli stereotipi e denunciare i vizi della società inglese tra l’800 e il ‘900, ma solo Virginia Woolf ha portato il suo pensiero a deflagrare proprio nelle differenze di genere. E se da un lato (quello maschile) questo saggio esplode come una bomba, dall’altro (quello femminile) non è visto come il gesto isolato di una eroina, magari anarchica o rivoluzionaria, ma si assiste a una estrema identificazione di moltissime donne a tutti i livelli in questa dinamica di liberazione del pensiero. E diventa il modo per dare una scossa a un universo femminile addormentato, perchè per Virginia Woolf la mancanza di cultura e vita sociale, abbiano reso la donna invisibile nella storia, ma queste mancanze sono anche una colpa in parte da attribuire alle donne stesse. Questo argomento, particolarmente controverso, viene ripreso in una sezione particolare, in cui Virginia Woolf inventa un personaggio fittizio, quello di Judith “la sorella di Shakespeare”. La figura di un’ipotetica sorella del più grande scrittore esistito, anche lei desiderosa di divenire scrittrice, ma sbeffeggiata da tutti, serve per illustrare le mancanze, le negazioni, a cui il mondo femminile va inevitabilmente incontro. La strada di Judith si divide in una pericolosa biforcazione: essere una scrittrice, e venire indicata come folle; o arrendersi al volere del padre e trovare marito. La sua storia si concluderà con una gravidanza forzata e il suicidio. Ancora qui ritorna l’idea di una punizione inflitta all’arrendevolezza al ruolo di madre.