IL “MIRACOLO” DELLE DONNE UGANDESI MALATE DI HIV/ Le “spaccapietre” che hanno scosso il Sinodo
Il “miracolo” delle donne ugandesi malate di Hiv: le “spaccapietre” che hanno scosso il Sinodo. Dall’emarginazione al sogno: tutto in nome del futuro dei propri figli.

Arriva dall’Uganda la storia che ha scosso il Sinodo, perché ci sono vicende in grado di superare anche i confini più spessi, pure quelli all’apparenza invalicabili delle stanze ovattate di Città del Vaticano. A raccontarla è stato Matteo Severgnini, un ragazzo di 39 anni, lombardo, che dopo la laurea è finito in Africa per seguire una chiamata religiosa e realizzare il sogno di un’infermiera ugandese, Rose Busyngye, battutasi per una vita intera per non lasciare nell’isolamento le donne considerate “maledette” solo poiché malate di HIV. Perché in Africa succede ancora così: superstizione e dolore si mescolano, portando all’isolamento i più deboli. E in questo caso a soffrire l’inimmaginabile sono state centinaia di donne, seviziate corporalmente e spiritualmente dal Lord Resistence Army, un esercito di banditi che in nome della lotta al governo centrale ha stuprato le donne di interi villaggi e arruolato i loro figli come soldati, arrivando a drogarli per controllarli meglio e a spararli quando qualcuno disobbediva. Un racconto dell’orrore, tramutatosi però in una storia di rivincita e di rinascita quando le donne del posto hanno deciso di emanciparsi: costrette all’isolamento sì, ma alla resa completa no. E allora ecco la creazione di una sorta di cooperativa: si lavora in cave di pietra, a spaccare pietrisco. Il motivo? Garantire un futuro ai propri figli.
IL “MIRACOLO” DELLE DONNE UGANDESI
La lezione che arriva dall’Uganda è semplice: il lavoro regala dignità anche quando sembra tutto perduto. Negli anni Novanta queste stesse donne, come riporta Il Messaggero, rifiutavano le cure di Rose Busingye, che tentava di procurarsi gli antiretrovirali ma poi si accorgeva che il loro dolore era tale da portarle a non voler soffrire più. Cercavano un riscatto: lo hanno trovato nelle cave, a spaccare pietre e a rivendere il pietrisco alle aziende costruttrici del posto per 4 centesimi di euro, ma le donne spaccapietre hanno lavorato così tanto da realizzare il loro sogno. Perché l’avvio della High School, che Matteo Severgnini è andato a dirigere, oggi è realtà. Lì studiano 497 giovani, il 43% di loro accede all’università. Matteo, memores domini di Comunione e Liberazione, per queste donne ha lasciato una carriera di studi a Milano. Anche questa è una piccola porzione di “miracolo”: forse nulla di soprannaturale, ma quanto basta per scuotere il Sinodo.
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