Fare una mostra su Harry Potter è un po’ una sfida. Dall’Esselunga agli spazi della Fabbrica del Vapore, il piccolo mago sembra diventato solamente un marchio per attirare fans. Quando i più giovani dell’Associazione Galimberti di Lissone e un gruppo di amici, che di solito facevano da guide alle mostre del Meeting di Rimini, mi hanno chiesto di organizzare una mostra sulla saga della Rowling, mi pareva una sfida impossibile.
Da una parte, si trattava di uscire dalle polemiche e dai pregiudizi, anche cattolici, di chi non vede nulla di buono nel mondo della scuola di magia di Hogwarts, ma soltanto un misto di esoterismo e gnosticismo blasfemo. Simbolo di questa critica le frasi prima attribuite a Benedetto XVI, poi smentite dall’Osservatore Romano: “subdole seduzioni, che agiscono inconsciamente distorcendo profondamente la cristianità nell’anima”. Una visione della magia che non corrisponde al messaggio contenuto nei libri, all’interno di una visione fantasy ben più ampia dove l’incantesimo è solo una tecnica o uno strumento della “fantasia creativa”, per usare l’espressione di Tolkien. La lotta tra bene e male appare come il vero tema e, sulla scia dello scrittore inglese, la libertà di scelta dei personaggi – come essi si posizionano attraverso il loro agire – è il vero tema sottostante che fa del fantasy “la cosa più reale possibile”.
La seconda sfida da superare era quella di evitare il fanatismo e una mostra che esaltasse il feticismo dell’oggetto, senza tuttavia nulla far riflettere e nulla comunicare se non l’emozione di un set cinematografico. L’amica Giulia Rossena, grafica di professione, ha voluto reinterpretare alcune tematiche della mostra, anche distaccandosi dai film che ad oggi hanno monopolizzato l’immaginario visivo. I libri della Rowling sono ben più delle facce degli attori che ci hanno entusiasmato o nauseato.
La mostra si è svolta così dentro un percorso tematico. Dopo il racconto istruttivo della vita della Rowling e un’introduzione al genere fantasy, abbiamo analizzato alcuni temi trasversali a tutto il racconto. Il tema della scelta libera e di una predestinazione: Harry appare predestinato a essere un mago buono oppure è libero di scegliere la sua strada? Ci è parso che “vocazione” sia nella saga – per dirla con Dante – “scegliere di essere scelti”, un legame inseparabile tra libertà e circostanze inalienabili. Il tema delle amicizie e degli amori, svolto su due piani: da un lato, quello adolescenziale delle tappe di un ragazzo reale; dall’altro, quello di un “amore salvifico” e di un ideale più alto scritto nell’agire di molti personaggi. Interessante in questa tematica è la forte impronta e il valore dato alle amicizie, calco del tema tolkeniano di una “compagnia” essenziale a superare le avventure. Il tema dei maestri e della scuola: come non ci sia insegnamento senza il riconoscimento di alcuni maestri, con annessi i loro difetti. Quindi il tema delle paure e del coraggio (la virtù più importante, a detta della Rowling). Infine, la tematica principale che attraversa tutti i libri, ovvero la questione del sacrificio e della morte: da una parte, Lord Voldemort, che sacrifica gli altri per paura della propria morte; dall’altra, chi offre la propria vita o rinuncia a qualcosa di sé in favore di altri.
L’amicizia con una ragazza linguista ci ha permesso di analizzare alcune simbologie. Per dirne una, la simbologia contrapposta tra il serpente e la fenice: il primo, animale che rinnova sé stesso per non morire (fa la muta); il secondo, animale che risorge dalle proprie ceneri affrontando la morte. Oppure alcune etimologie (anche in curiose differenze tra l’originale e la traduzione italiana), come quella nota di Albus Silente o Albus Dumbledore. Sottigliezze che non sono semplici curiosità, perché, com’è noto, la lingua e il mondo mitico sottostante sono ben più che semplici strumenti.
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La mostra si intitola “All was well, la magia di diventare adulti in Harry Potter”. Per richiederla ci si può rivolgere allAssociazione culturale Alessandro Galimberti: [email protected]