CONGDON/ La “Tentazione di Gesù”, regalare al male l’illusione della vittoria

- Rodolfo Balzarotti

Un quadro di ispirazione liturgica del pittore americano William Congdon sarà esposto nella chiesa milanese di San Raffaele Arcangelo. RODOLFO BALZAROTTI

congdon_Gesu_tentazione_diavolo_1963_arte William Congdon, Tentazione di Gesù, particolare (1963)

Dal 17 febbraio al 3 aprile 2018, nella chiesa di San Raffaele Arcangelo a Milano, sarà esposta l’opera di William Congdon Tentazione di Gesù del 1963. 

Sarà l’occasione per tutti, credenti e non, di incontrare un grande artista del secondo dopoguerra, che ha dedicato una parte della sua opera, tra il 1960 e il 1966, ai temi della liturgia della Chiesa cattolica.

L’iniziativa, promossa in collaborazione con l’Associazione Sant’Anselmo, la William Congdon Foundation e la Fondazione Crocevia, fa seguito ad altre analoghe che monsignor Domenico Sguaitamatti, rettore della chiesa di San Raffaele Arcangelo in Milano, ha proposto negli anni scorsi, nell’ambito del progetto “Pregare con arte”: un confronto-dialogo tra arte contemporanea e arte antica all’interno dello spazio liturgico, nella prospettiva di un approccio all’esperienza integrale dell’opera artistica, non solo dal punto di vista estetico ma anche da quello del significato.

Il dipinto Tentazione di Gesù fu eseguito dall’artista americano nel suo studio di Assisi nel 1963, dunque nel pieno della sua produzione sacro-cristiana, che seguì immediatamente alla sua conversione alla Chiesa cattolica nel 1959. Nel giro di 5-6 anni, egli eseguì una mole considerevole di lavori sui temi della scrittura, delle grandi feste liturgiche e dei misteri della religione cristiana. Dietro questa febbrile attività non vi fu nessuna committenza, né alcun progetto di inserimento in spazi ecclesiastici. Anzi, l’artista ritenne che nessuna di queste opere meritasse di venir ammessa ad accompagnare la preghiera dei fedeli. Del resto, a partire dal 1966, egli abbandonerà abbastanza bruscamente i temi evangelici, per concentrarsi nei 15 anni successivi esclusivamente sulla figura del Cristo Crocefisso e, per il resto, ritornando al genere delle vedute urbane e naturali già praticato nella pittura degli anni 50. 

Dunque, i suoi lavori di soggetto liturgico sono piuttosto una personalissima meditazione sui misteri della fede, una sorta di “catechesi in pittura” cui l’artista americano, cresciuto nel contesto della pittura newyorkese degli anni 40-50, si dedicò con entusiasmo per più di un lustro, nutrendosi della lettura di quel capolavoro della teologia del Novecento che fu Il Signore di Romano Guardini. 

Sta di fatto che molti di questi dipinti furono suggeriti a Congdon dal tempo liturgico corrente. È il caso della Tentazione di Gesù, eseguita il 21 di marzo del 1963, cioè nella settimana tra la III e la IV domenica di Quaresima. E il vangelo delle tentazioni di Gesù nel deserto rientra appunto nel ciclo delle letture quaresimali della Chiesa. 

Le dimensioni cospicue dell’opera permettono all’artista di dare la misura piena del suo talento che conserva molto della sua iniziale formazione di scultore. L’immagine ha qualcosa del bassorilievo, soprattutto nella parte di destra, riservata all’informe massa del demonio che si avventa sulla bianca figura del Cristo, quasi schiacciato contro il margine sinistro del dipinto. Quest’ultima, dal canto suo, ha la solidità e la compattezza di una statua a tutto tondo. Secondo un impianto compositivo tipico di Congdon, l’opera è letteralmente spaccate in due parti: nerastra e grigia con bagliori metallici (davvero “luciferini”), quella di destra; bianca, con il capo color oro brunito, quella di sinistra; nell’una prevalgono le direttrici orizzontali, segnate dalle caotiche e violente incisioni della spatola nello spesso pigmento scuro; nella seconda prevalgono quelle verticali, nelle pieghe ascendenti del mantello di Cristo che fa da sostegno alla testa.

La figura di Cristo sta, quindi, solida ed eretta come una torre, pur se lievemente inclinata all’indietro, quasi a subire il minaccioso assalto del capo proteso di Satana che, simile a quello di un rettile o di un rapace, punta proprio al cuore di Gesù.

L’opera è quindi di una drammaticità assoluta, senza compromessi, e la stele bianca del Cristo sembra quasi mancare di spazio, essere messa, letteralmente, “alle strette”, lasciando pressoché l’intera regione in preda alle forze del male. In un certo senso, si prefigura l’estremo dramma della crocifissione e morte del Salvatore del mondo, che permette a queste ultime di scatenarsi fino in fondo.

Ma in questo lembo di spazio domina sereno il capo di Gesù, il cui volto, privo di dettagli fisiognomici, è pura luce, solo incorniciato dal fregio dei capelli (gli stessi capelli che nei crocefissi congdoniani lo velano luttuosamente). Ancora una prefigurazione,  ma stavolta della Resurrezione.

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Orari della chiesa di San Raffaele:
Lunedì-venerdì: 9.00-18.30
Sabato: 16.00-18.30
Domenica: 15.30 -18.30






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