“Il valore chi lo crea? Steve Jobs chi era? Non era un informatico, ma uno studente di grafologia che va a Stanford e non si laurea mai, però ha inventato questa cosa (Vittadini mostra un Iphone) che ha cambiato il mondo dell’economia. Jobs sa cogliere le necessità dell’uomo. Certo, è necessario applicare le leggi economiche per preservare le aziende, ma l’origine del valore sta nella creatività. Enrico Moretti, un economista di Barclay, scrive nel 2012 un libro intitolato La nuova geografia del lavoro, in cui dice che l’innovazione e il cambiamento nel mondo sono frutto del capitale umano e dobbiamo studiare in dettaglio cosa significa questo”.
Sta in questo passaggio di Giorgio Vittadini il punto focale degli interventi – ora raccolti nella pubblicazione Hacia una Nueva Economia para no repetir el crack de 2008 (“Verso una nuova economia per non ripetere il crack del 2008”) – che si sono succeduti, lo scorso 12 ottobre 2018, all’Encuentro Madrid. Il seminario, organizzato in collaborazione con la Compagnia delle opere, ruotava attorno alla tavola rotonda “Dieci anni dopo Lehman Brothers che cosa abbiamo imparato”. Alla domanda hanno risposto Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la sussidiarietà e docente di statistica all’Università Bicocca di Milano, e Juan Carlos Martínez Lázaro, professore di economia presso l’Instituto de Empresa di Madrid, nel corso di una conversazione molto viva con una folta platea di professionisti e imprenditori.
Nonostante la gravità della crisi, economica e finanziaria, del 2008, e dopo la successiva ripresa degli ultimi anni, alcuni sperano che sia comunque ancora possibile tornare a rivivere gli anni felici precedenti a quella profonda recessione, dimenticando però i rischi di una possibile ricaduta negli stessi errori del passato. “Una speranza infondata”, ricorda nella prefazione Fernando Jiménez Latorre, direttore esecutivo del Banco Mundial, visti “gli evidenti sintomi di svuotamento del ciclo espansivo e l’attuale pericolo di incappare in una nuova recessione”.
Ma c’è anche chi ha cercato di prevenire, di imparare da quell’esperienza e di intraprendere i passi necessari per farsi trovare più attrezzato all’arrivo dei momenti difficili. “La gravità di quella crisi e la dirompente irruzione sulla scena delle tecnologie disruptive”, sottolinea Latorre, spingono ad “adottare cambi strutturali molto significativi”.
E proprio per aiutare a cogliere questi cambiamenti, queste ricette anti-crisi, Vittadini, dopo aver ricordato che l’ultima crisi finanziaria non ha fatto altro che riproporre una teoria classica del XVIII secolo – è l’egoismo dell’individuo attraverso la mano pubblica a portare il benessere collettivo -, ha chiesto: “Che cosa ci dice questa crisi? Che non esiste un mercato senza considerare il soggetto, l’io, la persona, ma con delle regole che indirizzano al bene”. E questa considerazione porta dritta a una seconda domanda: “Ma se un uomo vive di positività, di relazioni, non è meglio anziché essere mosso solo dal proprio egoismo?”. A molti questa può sembrare una questione morale, ma Vittadini sgombra subito il campo: no, “è un tema squisitamente economico”.
Lo dimostrano – e qui Vittadini, dopo aver citato la creatività di Steve Jobs, illustra il punto con un secondo esempio – le ricerche del premio Nobel James Heckman, che studia le cosiddette non cognitive skills, da lui meglio identificate con l’espressione character skills: la stabilità emotiva, il senso di responsabilità, la capacità di collaborare con gli altri, l’attitudine ad apprendere dall’esperienza… Queste abilità del carattere sono “fondamentali – secondo Heckman – per imparare e per lavorare”. Potendo contare su di esse, “uno può diventare una persona di successo, ma se non ha queste caratteristiche può deprimersi e crollare”. A questo punto – conclude Vittadini – si apre una grande domanda: “che cosa può introdurre nell’economia un uomo positivo e creativo?”.
Introduce un potentissimo cambio di prospettiva antropologica e culturale: affermare il binomio molto stretto tra persona, fattore di dinamismo grazie alla sua capacità di iniziativa e di assumersi delle responsabilità, ed economia vuol dire mettere al primo posto l’educazione, lo sviluppo del capitale umano, e far sì che la finanza, anziché essere strumento di speculazione fine a se stessa, torni a essere un efficace supporto alle attività dell’economia reale.
A tutti coloro che, ancorati alle vecchie regole economiche, si mostrano scettici sulla possibilità che questa inversione di rotta nel segno di un io attivamente e responsabilmente in azione possa tradursi nel concreto, Vittadini ribatte riproponendo il metodo più efficace: “Bisogna continuamente guardare e cercare nel mondo dell’economia e delle imprese quelle esperienze che meritano di essere seguite e replicate, perché non sono casi singoli, anzi rappresentano esperienze paradigmatiche, che indicano una direzione verso lo sviluppo e la crescita”.