Il «miracolo» di San Gennaro si ripete ogni anno davanti migliaia di fedeli. Dal canto suo la scienza si è spesso confrontata con questo e simili avvenimenti, cercando di spiegarli e, come nel caso del Cicap, di confutarli. Ecco cosa dice la scienza sulla liquefazione del sangue del Santo.
Per evitare fraintendimenti, va in primo luogo precisato che la Chiesa non ha mai riconosciuto il carattere miracoloso della liquefazione del sangue di San Gennaro. Viste le forti resistenze da parte della comunità napoletana ad abbandonare il culto del santo e delle sue reliquie si è deciso di mantenere la tradizione. Ma la commissione medica voluta dal Vaticano ha stabilito che lo scioglimento del sangue di san Gennaro non è un miracolo: tale evento è stato definito come un fatto mirabolante ritenuto prodigioso dalla tradizione religiosa popolare, essendo impossibile, allo stato dell’attuale conoscenza dei fatti, definirlo come scientificamente inspiegabile. Un requisito indispensabile perché la Chiesa riconosca un miracolo.
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La vicenda fa discutere fin dai tempi dell’imperatore Costantino, quando il vescovo Severo trasferì le spoglie del santo dall’Agro Marciano, dove era stato sepolto, a Napoli. Durante il tragitto Severo incontrò la nutrice Eusebia con le ampolline del sangue del santo: alla presenza della testa, il sangue nelle ampolle si sarebbe sciolto.
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Anche se la prima notizia documentata dell’ampolla contenente la presunta reliquia del sangue di san Gennaro risale soltanto al 1389: nel corso delle manifestazioni per la festa dell’Assunta di quell’anno, vi fu l’esposizione pubblica delle ampolle contenenti il cosiddetto «sangue di san Gennaro». Il 17 agosto 1389 vi fu una grandissima processione per assistere al miracolo: il liquido conservato nell’ampolla si era liquefatto «come se fosse sgorgato quel giorno stesso dal corpo del santo». La cronaca dell’evento sembra suggerire che il fenomeno si verificasse allora per la prima volta.
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Oggi le due ampolle, fissate all’interno di una piccola teca rotonda realizzata con una larga cornice in argento e provvista di un manico, sono conservate nel Duomo di Napoli. Delle due ampolle, una è riempita di 3/4, mentre l’altra più alta è semivuota poiché parte del suo contenuto fu sottratto da re Carlo III di Borbone che lo portò con sé in Spagna. Tre volte l’anno (il sabato precedente la prima domenica di maggio e negli otto giorni successivi; il 19 settembre e per tutta l’ottava delle celebrazioni in onore del patrono, ed il 16 dicembre), durante una solenne cerimonia religiosa guidata dall’arcivescovo, i fedeli accorrono per assistere al miracolo della liquefazione del sangue di san Gennaro. La liquefazione del tessuto durante la cerimonia è ritenuto foriero di buoni auspici per la città; al contrario, si ritiene che la mancata liquefazione sia presagio di eventi fortemente negativi e drammatici per la città.
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Il Cicap (Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale) ha confermato quando già dichiarato dalla commissione vaticana: il presunto «miracolo» può essere in realtà spiegato scientificamente. Una ricerca realizzata nel 1991 da Luigi Garlaschelli, Franco Ramaccini e Sergio Della Sala ha ipotizzato che si tratti di un caso di tissotropia. I materiali tissotropici diventano infatti più fluidi se sottoposti a una sollecitazione meccanica, come piccole scosse o vibrazioni, tornando allo stato precedente se lasciati indisturbati.
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«COME IL KETCHUP» – «Un esempio consueto di questa proprietà spiega Ramaccini con un esempio forse un po’ profano – è la salsa ketchup, che se ne sta rappresa senza scendere dalla bottiglia fino a quando delle scosse non la fanno diventare d’un tratto molto più liquida, e ne viene fuori troppa. La tissotropia e’ impiegata in moltissimi prodotti, come gli inchiostri e le vernici, dove il colore diventa abbastanza fluido quando è sottoposto a sollecitazione mentre abbandona lo strumento di applicazione e viene steso sul supporto, ma deve scorrere il meno possibile una volta lasciato a riposo». Pur essendo nota da sempre in certi campi, la tissotropia non è molto conosciuta.
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Un esempio di come sia poco conosciuta – sottolinea Ramaccini – è che due fra i maggiori esperti con una posizione favorevole al miracolo di San Gennaro hanno dei passi, nei loro libri, in cui descrivono «quanto dovrebbe essere strana una sostanza che imitasse la reliquia: coll’intenzione di dimostrare che sono richieste delle caratteristiche “che la scienza non può spiegare”, danno in realtà, senza saperlo, una definizione della tissotropia (in questo, di per sé, non c’é naturalmente niente di male e noi siamo i primi ad averla ignorata fino a poco tempo fa)». E aggiunge l’esperto del Cicap: «D’altra parte molti che avranno conosciuto sia la tissotropia sia il miracolo di San Gennaro devono aver pensato, più o meno vagamente, a un possibile collegamento fra i due fenomeni (per esempio, come abbiamo poi scoperto, James Randi, che da ragazzo, in Canada, aveva lavorato in una fabbrica di vernici)».
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Anche se è stata per la prima volta la rivista del Cicap ad aver fatto convergere «l’interesse sull’ipotesi tissotropica, contemporaneamente a una sostanza che la esemplifica: questa sostanza (una sospensione colloidale di idrossido di ferro in acqua con ioni, sodio e cloro) è stata studiata espressamente per esibire la tissotropia in forma così accentuata da passare, se agitata lievemente, addirittura dallo stato solido a quello liquido, ma, al contempo, per essere realizzabile con i soli mezzi disponibili nel 1300».
Mentre l’astrofisica Margherita Hack, nota per le sue posizioni laiciste, ha liquidato il fenomeno con le seguenti parole: «Nessun miracolo, è un normale fenomeno chimico». E ha spiegato la scienziata: «Oggi c’ è più attenzione per questi presunti fenomeni paranormali, da una parte c’è un sempre crescente desiderio della gente di credere, dall’altra ci sono studiosi impegnati nel dimostrare come nella maggior parte dei casi, sì, insomma, c’ e’ il trucco. O comunque c’è una spiegazione scientifica, come per il sangue di San Gennaro che si scioglie». Un fenomeno che, per la Hack, è paragonabile a quello «di Uri Geller che piega i cucchiaini».
«LA VERITA’ RENDE LIBERI» – L’esperto cattolico Gianni Fochi, chimico della Normale di Pisa, sottolinea invece di essere «favorevole a svolgere indagini scientifiche non distruttive con gli strumenti scientifici più moderni, dopo avere aperto le ampolle con il sangue di San Gennaro. Le ultime indagini di questo tipo sono state infatti svolte diversi anni fa, con mezzi meno sofisticati di quelli attuali, e al momento non consentono di stabilire se si tratti effettivamente di emoglobina o di qualche sostanza, risalente al Medioevo, che può essere stata realizzata da un alchimista dell’epoca». E aggiunge Fochi: «Il Vangelo insegna ai cristiani che la verità rende liberi. Se c’è la possibilità di indagare, con strumenti materiali, una realtà materiale come il sangue contenuto nelle ampolline, non vedo perché non si debba farlo. Nessun credente si è mai opposto all’esegesi e alla filologia applicate alla Bibbia, che tra l’altro non hanno mai portato argomenti contro la fede. Lo stesso deve valere per la scienza».
«GENNARO RESTA UN GRANDE SANTO» – Anche perché, se pure «si arrivasse a dimostrare che il sangue contenuto nelle ampolle è artefatto, san Gennaro resterebbe sempre un grande santo. E se invece si scoprisse che quella è davvero emoglobina, tanto meglio». E conclude Fochi: «Un cristiano, soprattutto se su questioni che non sono poi così fondamentali per la fede, non deve avere paura della verità, altrimenti vuol dire che non è veramente sicuro della fede. E’ questo che penso, sia in quanto credente sia in quanto scienziato».
Mentre come scrive Roberto Saviano su Repubblica, «i napoletani vedono nel miracolo quell’accadimento unico che però si ripete da secoli, ogni anno, sempre uguale e sempre nello stesso giorno, a significare l’eccezionale oltre le abitudini quotidiane. E questo accadimento squarcia con tutta la sua forza l’opacità della vita. In una città disperata, dove spesso la volontà e l’individuo vengono schiacciati dall’impossibilità all’azione, il Santo è la speranza, la sciorta, la certezza che prima o poi qualcuno interverrà con una forza superiore e qualcosa andrà bene».
L’ELENCO DELLE «DISGRAZIE» – E aggiunge l’autore di Gomorra: «Sulla relazione tra il miracolo mancato e le disgrazie esiste persino uno studio scientifico – o quasi – risalente al 1924. Il miracolo di S. Gennaro di Giovanni Battista Alfano e Antonio Amitrano riporta che negli anni in cui non si è compiuto, Napoli sarebbe stata colpita da 22 epidemie, 11 rivoluzioni, 3 siccità, 1 invasione dei turchi, 13 morti di arcivescovi, 3 persecuzioni religiose, 7 piogge disastrose, 9 morti di pontefici, 11 eruzioni del Vesuvio, 19 terremoti, 3 carestie, 4 guerre».
Come conclude Saviano: «La festa di San Gennaro è quel mistero dentro cui c’è Napoli. Una terra che si liquefa e si ricoagula, che ha una consistenza indefinibile, mai certa, solida. E che pure gronda di vita vera, contagiosa. Più cade nell’abisso senza regole, crudele, più sembra in grado di rinnovarsi. San Gennaro c’è anche se non lo meriti. Non devi conquistarlo. Sei amato e forse aiutato. Il mistero di San Gennaro è tutto qui. In questa incredibile ambiguità. Nella disperazione di una città dalla vita così dura, così caotica, che deve rivolgersi ad un santo per immaginare di trovare una regola».
(Pietro Vernizzi)