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Home » Esteri » DA ABU GHRAIB ALL’UCRAINA/ Barra (Croce Rossa): dobbiamo soccorrere, ma certi crimini vanno denunciati

  • Esteri
  • Medio Oriente

DA ABU GHRAIB ALL’UCRAINA/ Barra (Croce Rossa): dobbiamo soccorrere, ma certi crimini vanno denunciati

Int. Massimo Barra
Pubblicato 12 Ottobre 2025
Camion con aiuti umanitari fermi a Rafah, al confine tra Egitto e Israele. 6 agosto 2025 (Ansa)

Camion con aiuti umanitari fermi a Rafah, al confine tra Egitto e Israele. 6 agosto 2025 (Ansa)

La Croce Rossa deve restare politicamente neutrale, ma ci sono circostanze e situazioni che rispetto al passato chiedono un cambio di metodo, sostiene Barra

Le guerre in corso in diverse parti del mondo diventano sempre più cruente e gravi. Vengono usate armi tecnologicamente sempre più avanzate, vengono colpiti innocenti e operatori umanitari. Ci si chiede, perciò, se il modus operandi delle diverse organizzazioni umanitarie e la loro attività possano restare identici al passato, e come si possano affrontare le nuove pericolose sfide. È di questi giorni anche la notizia dell’avvio del complesso processo di pace a Gaza: le speranze sono tante. Torniamo a parlarne con Massimo Barra, presidente emerito della Croce Rossa italiana.


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Davanti alle gravi e ripetute violazioni del diritto umanitario da parte di diversi Stati nelle guerre in corso, i sette principi della Croce Rossa sono ancora attuali?

I principi della Croce Rossa sono ancora un faro per tutti. Sono frutto di una lunga gestazione importante per il progresso morale della comune umanità. Il loro intento è quello di sottolineare la necessità dell’aiuto e della protezione di chi soffre a causa della guerra e delle catastrofi. L’opera di Jean Pictet, grande studioso del diritto umanitario, è stata fondamentale nell’elaborazione dell’ideale della Croce Rossa. Più volte è sorta la domanda se i nostri sette principi andassero modificati o integrati. A mio avviso, tali nuclei morali sono già equilibrati: contengono le fondamenta del soccorso a tutti senza distinzione di religione, nazione, colore della pelle.


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Ma lo stile compassato, sotto traccia e riservato della Croce Rossa è sempre valido?

Una cosa sono i principi, altra cosa l’azione. Non ha torto ad usare il termine compassato. La Croce Rossa è un’organizzazione di assistenza, non di denuncia come Amnesty International. La riservatezza, la discrezione, la non denuncia rendono possibile contattare le vittime nelle carceri. Grazie a tale modus operandi i nostri delegati lo scorso anno hanno visitato ben 500mila detenuti politici e di guerra in tutto il mondo. Una massa di uomini, in stato di sofferenza, che incontriamo proprio grazie alla discrezione. Chi sostiene la necessità della segretezza, argomenta, perciò, che vi sarebbe una rappresaglia se la Croce Rossa venisse meno al suo modo di agire. Le condizioni dei prigionieri, inoltre, andrebbero incontro a un peggioramento.


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Ma questo modo di agire, allo stato attuale, è ancora valido?

Mi permetto di fare una riflessione personale sul nostro modo di operare, a partire dal caso della prigione di Abu Ghraib. I delegati del CICR (Comitato internazionale della Croce Rossa) andarono a visitare i prigionieri, venendo a conoscenza delle condizioni disumane di trattamento. Secondo la prassi fecero rapporto alla potenza che infrangeva le regole, ma non successe niente. Il rapporto, poi, finì in mano al Wall Street Journal che pubblicò le gravi violazioni dei diritti umani commesse nel carcere di Abu Ghraib contro i prigionieri. Scoppiò il caso in tutta la sua effettiva portata e gravità. E solo allora gli USA modificarono i loro comportamenti nel carcere.

Qual è la sua riflessione, allora, a partire dal caso Abu Ghraib?

Ciò che accadde ci deve far riflettere. Nel mondo delle associazioni umanitarie ci si può dividere tra puristi e innovatori, cioè tra chi vuol conservare a tutti costi il vecchio modus operandi e chi ha come primo intento l’azione politica di denuncia, a prescindere. A mio avviso, esiste il grigio, cioè una via di mezzo equilibrata e attenta al principio di umanità che sostiene gli altri sei principi. Oggi, inoltre, c’è un’altra potenza, cioè l’opinione pubblica. La corretta informazione della gente può aiutare a non dimenticare la nostra umanità. Una revisione, un aggiornamento del modo di agire, dunque, possono essere utili.

Il CICR ha ricevuto critiche perché, a detta di alcuni opinionisti, avrebbe fatto poco nell’attuale conflitto israelo-palestinese. Inoltre lo storico svizzero Jean Claude Favez nei suoi studi ha sottolineato il silenzio e l’inerzia del CICR nonostante la consapevolezza della Shoah perpetrata dai nazisti. Qual è il suo giudizio?

Gazawi feriti nell’Ospedale Nasser, Khan Younis, Gaza (Ansa)

A mio avviso, i crimini contro l’umanità e contro gli innocenti vanno portati a conoscenza dell’opinione pubblica da parte del Movimento Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa. Per quanto riguarda le mostruosità dei nazisti contro gli ebrei,  e “i silenzi del CICR”, ricordo il grande presidente del CICR Cornelio Sommaruga, il quale chiese scusa pubblicamente a nome di tutto il Movimento. È importante cercare di emendarci dagli sbagli gravi. Ci sono cose che non sono ammissibili. Deve prevalere sempre il principio di umanità.

Quali sono i vostri rapporti con le altre organizzazioni umanitarie?

Ogni organizzazione ha una vocazione specifica, una storia particolare. Cerchiamo tutti di operare per il bene comune, sia pure con stili diversi. In Iraq vi furono talune tensioni con Emergency. Sentii personalmente Gino Strada che ha fatto davvero tanto bene, lo ricordo con stima. L’azione della CRI in Iraq nacque al di fuori delle regole del Movimento con una protezione militare armata. In un secondo momento fu deciso, anche con un mio intervento – come giusto e necessario – che il nostro ospedale fosse trasferito e tutelato dal solo emblema della Croce Rossa, segno di neutralità e soccorso. La Croce Rossa è super partes ed è universalista. La nostra azione comunque è stata molto importante. Ha effettuato centinaia di migliaia di interventi di soccorso non solo ai feriti di guerra ma anche a malati che venivano da decine o centinaia di km non avendo alternative assistenziali. Se non fossero state violate le regole del Movimento molti di quegli interventi assistenziali non sarebbero stati fatti.

Il 26 settembre si è celebrata la Giornata internazionale per l’eliminazione delle armi nucleari. Quest’anno ricorre anche l’ottantesimo anno dal bombardamento di Hiroshima e Nagasaki. Qual è il contributo della Croce Rossa per evitare il nichilismo autodistruttivo dell’umanità?

Ricordo che Marcel Junod, medico della Croce Rossa, fu tra i primi a recarsi per soccorrere le vittime del bombardamento atomico del 1945. Era animato da un ideale di umanità grande e ammirevole. Le sue memorie, dal titolo Il terzo combattente (Franco Angeli, 2006) sono una testimonianza di quanto bene possiamo fare e contemporaneamente rappresentano un monito alle possibili conseguenze del male distruttivo. La Croce Rossa ora sta diffondendo un appello a tutte le potenze e ai singoli per non violare la nostra umanità. Invito i lettori del giornale e non solo a visitare i nostri siti per capire la gravità dei rischi e per appoggiare le nostre iniziative. Contemporaneamente cerchiamo di educare i giovani ai valori di fraternità e amicizia. I nostri corsi di formazione sono frequentati da tanti studenti delle scuole superiori e anche da giovani universitari, che imparano il primo soccorso e le regole del diritto umanitario.

La vostra azione educativa che impatto ha sui giovani?

È importante togliere i giovani dal loro isolamento e dar loro responsabilità. Pensi che il nostro statuto prevede che il vicepresidente di ogni Comitato di Croce Rossa a tutti i livelli sia proprio un giovane. Proponiamo poi per ogni anno una gara nazionale di primo soccorso e diritto umanitario tra le diverse rappresentative cittadine. È un’attività volta a rendere protagonisti i giovani e a invitarli a dare il meglio di loro stessi.

Avete avuto esperienze significative con giovani israeliani e palestinesi?

Mi preme dire che un anno furono presenti alla gara anche ragazzi israeliani e palestinesi. Sa cosa facemmo? Li inserimmo in un’unica squadra. Quella squadra vinse la gara con grande merito. Si distaccarono dalle altre squadre per la conoscenza del diritto umanitario. Una cosa stupefacente, una speranza che parla all’oggi e anche al futuro, credo.

Come vede la Croce Rossa l’avvio del processo di pace in Medio oriente?

Ovviamente quando e se tacciono le armi il Movimento è felice. La pace è ciò che desidera ogni uomo. Cercheremo in ogni modo di riprendere la collaborazione tra Stella di David di Israele (Magen David Adom) e la Mezzaluna Rossa Palestinese. Una delle priorità, inoltre, è ripristinare la regola geografica, secondo la quale ogni Società Nazionale è sovrana sul suo territorio. Perché ciò avvenga deve essere chiaro qual è il territorio della Palestina, ciò che negli ultimi anni non è avvenuto.

(Vincenzo Rizzo)

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