Alle elezioni municipali in Libano gli sciiti confermano il voto a Hezbollah, che ora va disarmato. Buona affermazione delle liste cristiane

Hezbollah ha ancora i suoi consensi, soprattutto al Sud, dove è prevalente la popolazione sciita. Ma anche i partiti cristiani hanno avuto la loro affermazione. Le elezioni municipali in Libano hanno confermato le zone di influenza confessionale che caratterizzano il Paese. Il voto, però, si è svolto senza problemi, e questo è un segnale di ripresa da non sottovalutare.



Una consultazione, spiega Bernard Selwan El Khoury, direttore italo-libanese del Centro studi sul mondo arabo “Cosmo”, che è un messaggio a Israele, che ancora occupa alcune postazioni nel Sud e, purtroppo, non disdegna azioni militari, ma che deve servire a proseguire l’opera di disarmo di Hezbollah per trasformarlo in un partito politico, senza che disponga più di sue milizie. Solo così il Libano potrà acquisire definitivamente la fiducia dell’Occidente e dei Paesi arabi.



In Libano si sono tenute le elezioni municipali. Alcune fonti parlano di una vittoria di Hezbollah, che almeno in molti comuni del Sud si è presentato con l’altro partito sciita, Amal, formando liste uniche che, in pratica, avevano vinto ancora prima di votare. Come va interpretato questo voto?

Il dato più importante da evidenziare è che, nella fase di transizione che sta vivendo il Libano, queste elezioni si sono tenute in modo assolutamente democratico. Io stesso ero a Beirut, ho visto i seggi e ho votato nel mio distretto, che è quello del Monte Libano. Va sottolineato il grande spirito democratico che ha animato la consultazione elettorale. Quando si parla di democrazia in Medio Oriente ci si dimentica troppo spesso che non lo è solo Israele. Bisogna citare anche il Libano.



Il Paese, quindi, soprattutto dopo la nomina del Presidente della Repubblica e del nuovo governo, sta effettivamente cambiando?

L’Occidente e l’Europa oggi devono sapere che, quando si interfacciano con il Libano, non hanno più a che fare con il Paese monopolizzato dall’Iran e da Hezbollah, ma con una realtà che ha già radicata al suo interno una cultura democratica, liberale e repubblicana. In alcune aree del Nord ci sono stati episodi da censurare, ma si tratta di fatti marginali. Il messaggio principale del voto è un altro.

Ma la vittoria di Hezbollah c’è stata o no?

Parliamo di un Paese in cui almeno il 29% della popolazione è sciita, e gli sciiti, fino ad oggi, sono stati rappresentati politicamente da Hezbollah e Amal, che sono i due più importanti partiti politici per la confessione sciita in Libano. Le elezioni amministrative sono molto importanti perché i Comuni in Libano godono di una grande autonomia: è ovvio, quindi, che, nelle zone a maggioranza sciita, si sono affermate liste con Hezbollah e Amal.

A Beirut, che rispecchia la convivenza tra le diverse comunità confessionali, per garantire la rappresentatività a tutte le comunità, diversi seggi sono stati vinti anche dalle Forze Libanesi (partito cristiano, nda). Questo per significare lo spirito democratico di questo voto. Nel Sud, comunque, la maggior parte della popolazione è sciita, e le liste presentate erano politicamente affiliate a Hezbollah.

Che realtà è quella di Hezbollah oggi?

Il partito è in una fase di transizione; deve avere il diritto di sostenere le sue posizioni politiche senza che sia anche una milizia. Il lavoro che stanno facendo le istituzioni, in primis il Presidente della Repubblica, Joseph Aoun, cristiano maronita, è proprio questo: ci sono colloqui quotidiani con i vertici di Hezbollah per arrivare al suo disarmo. Non solo, si sta cominciando a parlare del disarmo dei campi profughi palestinesi, intoccabili da 50 anni a questa parte, un elemento importante per capire il profondo cambiamento che sta attraversando il Paese. È una rivoluzione che, se portata a termine, potrebbe riportare il Libano alla stabilità che aveva negli anni 60, quando era conosciuto come la Svizzera del Medio Oriente, per il sistema bancario e per la sua neutralità.

Ma il disarmo del “Partito di Dio” a che punto è concretamente?

È abbastanza avanzato. D’altra parte, se analizziamo il contesto internazionale, vediamo che gli USA stanno esercitando molte pressioni per accelerare questo processo; l’Iran ha perso molto del suo peso geopolitico e militare, e il supporto logistico del regime siriano, che faceva passare le armi iraniane per Hezbollah, non c’è più: ci sono degli elementi oggettivi che ci portano a dire che questo processo effettivamente sta andando avanti. È nell’interesse anche di Hezbollah, che è molto ridimensionato militarmente: gli sciiti, però, come ha ribadito anche Aoun, sono parte della comunità libanese; quelli che erano combattenti devono reintegrarsi nella società.

Alla fine, nelle elezioni di queste settimane, si può assegnare la vittoria a qualcuno?

La vittoria più grande e significativa va al Paese dei Cedri e alla sua popolazione, che ha confermato il radicato spirito di democrazia che da millenni caratterizza questa terra. Queste elezioni hanno confermato quella che è la composizione etnico-confessionale del Paese.

A Beirut, Hezbollah ha vinto in quartieri storicamente legati al partito, ma hanno avuto buoni risultati anche le Forze Libanesi, che sono cristiane e hanno riportato un’affermazione importante. Nelle aree a maggioranza cristiana sono state confermate liste cristiane; in quelle a maggioranza sciita hanno prevalso Hezbollah e Amal, che si riposiziona un po’ di più come possibile interlocutore politico per la comunità sciita.

Queste elezioni sono anche una risposta a Israele, alle sue perplessità su un Libano pacificato e alle incursioni di cui le forze armate israeliane sono ancora protagoniste?

Dal Sud del Libano potrebbero partire altri razzi; non è detto che non ci siano ancora siti in cui i pochi miliziani rimasti di Hezbollah possano riorganizzarsi. Non lo possiamo escludere. Però non si può raggiungere la stabilità se si continua a essere bombardati. C’è un disarmo ancora da portare a termine, ma Israele deve capire che il Libano sta cambiando veramente faccia e che, quindi, progressivamente, non ci sarà più bisogno di tenere sotto pressione il Sud.

Dal punto di vista internazionale, come si sta posizionando il Libano? Il governo è targato USA, con molti personaggi che hanno passaporto o educazione americana. Per il resto, chi sta appoggiando il Paese nel suo rilancio?

Due dei più alti funzionari dell’amministrazione americana che si stanno occupando anche del dossier libanese sono libanesi-americani. Uno è un suocero di Trump, Massad Boulos, l’altro è Tom Barrack, che in Italia conosciamo come magnate della Costa Smeralda in Sardegna, che era ambasciatore in Turchia e ora gestisce il dossier Siria. A Beirut, tra l’altro, è in costruzione la più grande ambasciata americana in tutto il Medio Oriente e la seconda a livello mondiale. In questo contesto, fondamentale è la riapertura dei Paesi del Golfo nei confronti del Libano. A sauditi ed emiratini non era consentito recarsi nel Paese per turismo: una presa di posizione anti-iraniana e anti-Hezbollah. Adesso, probabilmente, riprenderanno anche i voli di collegamento.

Come sta cambiando il Paese?

Il morale del Paese è alto. L’aeroporto di Beirut era, a tutti gli effetti, sotto il controllo di Hezbollah; oggi la situazione è completamente diversa. Sulla strada per arrivarci, le immagini dei martiri del “Partito di Dio” sono state sostituite con altre del Libano e con gli slogan del ministero del Turismo e della Cultura. Hezbollah ha ancora armi, nasce come movimento armato, quella è la sua anima, e fa ancora resistenza al disarmo completo. Ma, se il disarmo non avviene, il Libano non riotterrà a pieno la fiducia occidentale e arabo-sunnita. Bisogna capire se queste resistenze sono solo propaganda; nel frattempo, i colloqui con il presidente Aoun stanno andando avanti.

(Paolo Rossetti)

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