DAL PRESIDENZIALISMO AL PREMIERATO (E RITORNO)/ Una svolta che aumenta il caos

- Riccardo da Lentini

Ospite di Vespa, Giorgia Meloni è tornata a sostenere il presidenzialismo. Una confusione che non giova a nessuno

meloni 5 ansa1280 640x300 Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, ospite di Bruno Vespa (Ansa)

Ad appena un giorno di distanza dall’approvazione in Commissione Affari costituzionali del Senato della modifica dell’art. 92 della Costituzione per introdurre l’elezione diretta del Presidente del Consiglio e i principi guida della futura legge elettorale delle Camere, la presidente Giorgia Meloni ospite di Bruno Vespa a Porta a porta ha ripreso il tema rilasciando una dichiarazione alquanto singolare e, discutendo della figura (e delle prerogative) del Capo dello Stato, ha aggiunto che se “vogliamo introdurre anche la sua elezione diretta? Non solo non ne sarei contraria ma quella era la mia idea iniziale di riforma del presidenzialismo”.

Dopo di che si è soffermata sulla debolezza della politica italiana verso la burocrazia e verso i poteri forti privati e invocato la necessità – per dare stabilità e durata ai governi – di ricevere un mandato chiaro direttamente dai cittadini, richiamando politicamente uno scritto di Scalfari che considerava l’“oligarchia” come la forma migliore per governare una democrazia, opponendo che la sua idea di democrazia è quella dove scelgono gli italiani. Si tratta di capire chi gli italiani devono scegliere.

Ora, le dichiarazioni della Meloni sulla necessità di governi stabili e duraturi non si possono non condividere, ma come lei stessa ha affermato, anche quello in atto sarebbe un governo stabile e duraturo.

Ma se è così, non è forse chiaro che tutte le forme di governo richiedono un sistema politico efficiente e che quando questo non lo è, cambiare la Costituzione, o la legge elettorale, può servire a poco? E sinora non è stato questo, cioè il sistema politico, il vero problema dell’Italia?

Chiarito il punto, certamente il presidenzialismo, cioè il Presidente della Repubblica direttamente eletto, utilizza una fonte di legittimazione politica diretta e autonoma da quella del Parlamento e, da questo punto di vista, un’eventuale legittimazione diretta del Presidente del Consiglio potrebbe apparire uguale a quella del capo dello Stato; ma così non è. In tal senso, le parole della Meloni possono apparire ingannevoli: sia perché non si possono eleggere due vertici, in quanto sarebbe reale un caos di legittimazioni che si contrastano; e sia perché, appunto, non sono equivalenti gli effetti di sistema.

Infatti il presidenzialismo con l’elezione diretta del Capo dello Stato non toccherebbe il Parlamento, ma lo rafforzerebbe come punto di equilibrio dei poteri di questo e come titolare esclusivo del potere legislativo, anche qualora permanesse la possibilità della decretazione d’urgenza. L’elezione del Presidente del Consiglio, invece, da un lato imbracherebbe il Parlamento, e dall’altro farebbe venire meno i poteri del Presidente della Repubblica come reggitore dello Stato nei momenti di crisi.

La riforma del premierato proposta (l’elezione diretta del premier), come è stato già spiegato di recente, ci porterebbe direttamente ad un Parlamento che verrebbe composto in funzione dei leader politici e non dei reali spazi politici dei territori, come nel caso dei collegi uninominali inglesi, o francesi, o tedeschi; e, in più, ridurrebbe il Capo dello Stato al rango di esecutore della volontà del Presidente del Consiglio per ogni atto di nomina e persino nel caso di scioglimento delle Camere. Per entrambi questi aspetti la riforma del “premierato” potrebbe essere incostituzionale per la violazione dei principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale che la Corte costituzionale in una celebre sentenza (n. 1146 del 1988) individuava come uno dei limiti alla revisione costituzionale dell’art. 138 Cost.

Il punto nodale del discorso della Meloni, dal punto di vista politico, però, appare essere proprio quello di puntare, con la riforma del presidenzialismo, a creare uno squilibrio tra i poteri dello Stato per assicurare stabilità e durata del governo, e considerare questo squilibrio giustificato dall’“acclamazione” popolare dell’esecutivo.

Scalfari, nel richiamare l’oligarchia, faceva riferimento alle forme di governo miste di Polibio, ma nel presente l’elemento oligarchico è dato proprio dal Parlamento, che permane e si rafforza nel presidenzialismo e, di fatto, si azzera nell’elezione diretta del Presidente del Consiglio, dando luogo a una forma di governo senza rappresentanza politica. Si tratta di una aspirazione molto pericolosa per il futuro della democrazia.

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