Per capire cosa sta succedendo in una Germania che si riarma in gran fretta per difendere l’Ucraina, occorre parlare di Armin Papperger
Armin Papperger, CEO della Rheinmetall AG, è una delle figure più influenti nel panorama dell’industria della difesa europea. Sotto la sua guida, l’azienda ha visto una crescita vertiginosa, diventando uno dei colossi dell’armamento a livello mondiale e traendo profitti enormi dal conflitto in atto in Ucraina. Ma dietro l’imponente ascesa di Papperger si nasconde una realtà scomoda: è davvero un imprenditore che lavora per la sicurezza dell’Europa, o piuttosto un “Kriegstreiber” (alimentatore di guerre, ndt) che si arricchisce sfruttando i conflitti?
Armin Papperger nasce nel 1963 a Mainburg, si laurea presso l’Università di Duisburg e inizia molto presto, già nel 1990, a lavorare presso Rheinmetall, di cui diventa amministratore delegato nel 2013. Sotto la sua direzione, l’azienda è diventata uno dei principali produttori di armamenti in Europa, producendo, tra le altre cose, carri armati come il Leopard 2, munizioni, artiglieria e sistemi di difesa avanzati.
Tra febbraio 2022 e aprile 2025, il titolo Rheinmetall ha registrato un incremento che non ha paragoni: nel febbraio 2022, il prezzo dell’azione era di circa 80 euro; a gennaio 2025, il titolo ha raggiunto per la prima volta la soglia dei 700 euro. Dopo l’annuncio del programma europeo di riarmo da parte di Ursula von der Leyen, nel marzo 2025, il prezzo per azione ha superato i 1.200 euro, il che rappresenta un aumento di oltre il 1.400% in poco più di tre anni.
La domanda che molti in Germania si pongono è se l’impennata dei profitti di Rheinmetall AG sia stata semplicemente una risposta a un mercato in espansione, o se la compagnia stia sfruttando le crisi globali per accrescere i suoi profitti. L’azienda è chiaramente tra i principali beneficiari dell’escalation dei conflitti, come quello in Ucraina, e dei programmi di riarmo europeo e tedesco. A questo si aggiungono le sue connessioni politiche, con Papperger che dal 2014 è presidente del Bundesverband der Deutschen Sicherheits und Verteidigungsindustrie (BDSV), l’associazione che rappresenta le industrie tedesche della difesa.
La sua posizione e il suo impegno per l’ampliamento dell’industria della difesa non sono mai stati segreti, tanto più che le leggi federali tedesche in materia impongono un buon livello di trasparenza amministrativa.
Ci sono però domande che in Germania vengono sollevate tanto all’interno delle due chiese principali, quella cattolica e quella evangelica-luterana, che in ampi settori dei Linke e di AfD: fino a che punto le aziende come Rheinmetall possono essere considerate responsabili dirette dei conflitti che alimentano?
Nei suoi rari interventi pubblici Papperger sottolinea che Rheinmetall lavora per garantire la sicurezza delle democrazie occidentali, ma è difficile negare che la sua azienda prosperi in un mercato che si nutre della guerra e che finisce per auspicarla. Le sue dichiarazioni in favore di un rafforzamento della difesa, così come la sua insistenza sull’aumento delle spese per la sicurezza, sono spesso accompagnate da un velo di retorica europeista che omette le problematiche etiche legate alla guerra.
Infatti, la relazione di Rheinmetall con i conflitti internazionali è tutt’altro che limpida. L’azienda ha già fatto parlare di sé in passato per le sue forniture a Paesi con regimi autoritari, come l’Arabia Saudita, e per le sue esportazioni in aree politicamente instabili e spesso segnate da violazioni dei diritti umani. Questi fatti sono difficilmente compatibili con l’immagine di un’industria “al servizio della democrazia”, come quella che Papperger cerca di promuovere.
Sebbene l’azienda cerchi di difendersi sostenendo che la sua attività contribuisce alla sicurezza collettiva, i numeri parlano chiaro: la crescita esponenziale dei suoi profitti negli ultimi anni è in gran parte attribuibile proprio all’aumento delle vendite di armamenti, alimentato dalle guerre in Ucraina e da altre zone di conflitto.
Non si tratta di una mera speculazione: nel 2023, le azioni di Rheinmetall sono salite alle stelle, con un aumento di valore impressionante, contribuendo a fare di Papperger un uomo sempre più ricco. Come se non bastasse, stando a quello che riferiscono l’Handelsblatt e altri media tedeschi, lo stesso CEO, ai primi di aprile, subito dopo l’annuncio dei dazi trumpiani, ha acquistato azioni della propria compagnia per un valore di oltre 700mila euro, approfittando di un momento di flessione del mercato. Poco dopo, il prezzo delle azioni è risalito, regalandogli un guadagno rapido e consistente.
Questa mossa ha sollevato più di qualche perplessità: non è mai facile ignorare le implicazioni di un simile acquisto, soprattutto quando la tempistica coincide con importanti cambiamenti aziendali strategici.
Un altro aspetto che non può essere trascurato è il lobbismo. Papperger, infatti, non si limita a guidare un colosso della difesa, ma svolge anche un ruolo centrale nel plasmare la politica della sicurezza tedesca, grazie alla sua posizione di potere nella BDSV. Apparentemente apolitico, il CEO di Rheinmetall AG è in ottimi rapporti tanto con la CDU di Merz che con la SPD di Scholz, senza trascurare gli stessi verdi dell’ex ministra Baerbock.
La sua influenza sul governo Scholz (ma con Merz non cambierà nulla, anzi) ha alimentato la critica di un legame troppo stretto tra l’industria della difesa e le istituzioni politiche, con il rischio che le decisioni cruciali in tema di difesa siano troppo influenzate dagli interessi (e dai profitti) industriali.
Molti osservatori parlano di una pericolosa fusione di interessi tra la politica e l’industria bellica, che favorisce una spirale di militarizzazione a scapito di un dibattito più ampio sulle priorità della sicurezza nazionale. Al di là della retorica bellicista sostenuta dai grandi media, i tedeschi vogliono la pace e anche questo fatto spiega il successo di AfD, unico partito, insieme a BSW, a sostenere la necessità di una rapida soluzione diplomatica del conflitto ucraino e a opporsi a ulteriori forniture di armi a Zelensky.
La figura di Armin Papperger è destinata a rimanere controversa. Sulla stampa tedesca sono circolate anche notizie che lo vorrebbero potenziale vittima di un possibile attentato organizzato dai servizi segreti russi. Intanto, da una parte, la sua azienda continua a prosperare, con una domanda globale in espansione per le tecnologie militari; dall’altra, il suo ruolo di CEO di Rheinmetall, la sua influenza politica e la sua apparente indifferenza verso le implicazioni etiche del suo lavoro sono motivo di profonda inquietudine in chi non si accontenta degli slogan del sistema von der Leyen (che, non dimentichiamolo, è stata anche ministro della difesa).
In un mondo che sembra sempre più segnato dalla violenza, la sua retorica sulla sicurezza occidentale potrebbe non bastare a coprire la realtà di un business che si arricchisce sulle macerie lasciate dai conflitti.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.