Occhi puntati sulle manovre di Merz dopo la vittoria. Farà una Grande Coalizione con la perdente SPD. Ma il suo progetto potrebbe non funzionare

Scholz si è assunto la responsabilità del crollo dell’SPD, ma gli occhi sono tutti puntati su Merz, il leader dell’Unione che domenica si è aggiudicato la vittoria e la cancelleria. Ora si apre una lunga fase di trattative.

I fatti salienti di queste elezioni federali, secondo Lucio Baccaro, sociologo ed economista, direttore dell’Istituto Max Planck per lo studio delle società (Colonia), sono la sconfitta dei verdi, che obbliga Merz a seppellire il sogno di Angela Merkel di un governo con i Grüne per guardare di nuovo all’SPD, e il piano del neo-cancelliere per affrontare la crisi economica tedesca: un progetto neo-keynesiano basato sull’industria degli armamenti. Ma secondo Baccaro non basterà. Alle molte variabili internazionali l’ardua sentenza.



Professore, cominciamo dai flussi elettorali?

Secondo un’indagine svolta per ARD, tutti i partiti della coalizione che ha sostenuto il Governo Scholz (SPD, verdi e liberali) hanno pesantemente perso voti. La SPD ha perso circa 1.760.000 a favore dell’Unione CDU-CSU, 720mila voti a favore di AfD, ma anche 560mila a favore della Linke. Sempre la Linke ha sottratto 700mila voti ai verdi. È uno spostamento significativo.



Ma non è l’unico. Perché sottolinea quest’ultimo?

Vuol dire che gli elettori “bobo”, bourgeoisbohémiens, che vivono nei centri urbani e che fino a ieri votavano per i verdi, hanno preferito la Linke.

Per quale motivo il Bündnis Sahra Wagenknecht (BSW) non ha ottenuto i risultati sperati e non è entrato nel Bundestag?

Ha perso la sua scommessa principale, che era quella di recuperare il voto popolare che va in massa verso AfD. Un voto che BSW non considera di destra, ma composto innanzitutto da elettori delusi recuperabili ad una politica di sinistra economica. Ma i flussi dicono che il voto andato a Sahra Wagenknecht è solo in minima parte – circa 60mila voti – è sottratto ad AfD. Per lo più è arrivato da SPD e dal non-voto. In ogni caso, BSW è stato l’unico partito a togliere voti ad AfD.



Vediamola da un altro punto di vista: i voti più “in libera uscita” quali erano e dove sono andati?

Erano voti prevalentemente della sinistra – SPD e verdi – che, quando non sono andati all’Unione, hanno premiato la Linke (560mila voti ex-SPD più 700mila voti ex-verdi) e AfD (720mila voti ex-SPD). Poi ci sono i voti in uscita dai liberali (FDP), che sono andati quasi tutti all’Unione e ad AfD.

Negli ultimi giorni prima del voto la stampa mainstream italiana ha riservato ampio spazio alla Linke. Potrebbe essere la “versione” italiana di un’operazione mediatica tedesca finalizzata a danneggiare la sinistra non mainstream

Non saprei, però alcuni esponenti di BSW in queste ore hanno manifestato apertamente questa sensazione. Accusano la pubblicazione di sondaggi non veritieri sul loro consenso con l’obiettivo di insinuare nell’elettore l’impressione di un voto “inutile”.

Chi ha votato la Linke?

Oltre all’elettorato SPD, molti ex-verdi. Die Linke è il primo partito fra i giovani – soprattutto donne –, in maggioranza giovani precari che vivono nei centri urbani, hanno il problema rilevante del caro affitti e accusano la scarsità di alloggi sociali.

Chi ha guadagnato più voti tra coloro che prima non avevano votato, astenuti e neoelettori?

L‘AfD ne ha presi 1.810.000, l’Unione 900mila e BSW 400mila. L’aumento della partecipazione elettorale è andato, come spesso succede in questi casi, prevalentemente a vantaggio di partiti anti-sistema.

Qual è il profilo approssimativo dell’elettore di Alternativa per la Germania (AfD)? 

È per lo più un votante con la sola scolarizzazione obbligatoria, che dichiara di avere problemi economici e che vive nell’ex DDR.

Cosa può dirci della CDU-CSU?

L’Unione ha vinto le elezioni, ma senza una vittoria schiacciante. I sondaggi la davano al 30%, si può ritenere che il 28% fosse la soglia minima ipotizzata dai dirigenti del partito. Un fatto saliente di questo voto federale è l’operazione “sporca”, mi si passi il termine, fatta dalla CDU sull’alleato tradizionale FDP (liberali), che non è entrato in parlamento.

Perché “sporca”?

Merz ha detto: non votate i liberali perché non ce la faranno. Di fatto li ha svuotati, incamerando 1.350.000 voti. Secondi solo al 1.760.000 voti arrivati dall’SPD.

“Vogliamo una coalizione con i socialdemocratici”, ha detto Merz poche ore dopo la vittoria. Andrà così?

Penso che sia un esito quasi obbligato, perché non ci sono altre coalizioni possibili. Merz ha escluso ripetutamente un’alleanza con AfD. Resta la possibilità di una Grosse Koalition con SPD o, al limite, a tre con i verdi. Ma se i numeri ci sono, non si vede perché crearsi problemi aumentando i contraenti.

Una formula già vista.

Una formula da usato sicuro: sarebbe la quarta Grande Coalizione dal dopoguerra, dopo quella 2005-2009 e quella che ha governato per due legislature tra il 2013 e il 2021.

Mettiamoci nei panni di chi guida l’SPD. Ha senso fare un governo con Merz, con il rischio di preparare una ulteriore diminuzione del consenso, solo per fare “muro” contro l’AfD? 

La sua osservazione un senso politico ce l’ha, ma quasi tutto dipenderà da come andrà l’economia. Il voto AfD è molto legato all’andamento della situazione economica; se l’economia migliorerà, è il ragionamento che si fa nell’SPD, il partito ne trarrebbe beneficio. Solo i fatti potranno dirci se questa analisi è azzeccata. C’è poi un aspetto squisitamente politico.

Quale?

L’SPD, per quando gravemente sconfitta, è numericamente indispensabile alla coalizione e questo ne aumenta il potere negoziale. Potrebbe utilizzarlo per fare l’opposizione interna sui temi sociali, condizionando l’esecutivo.

Proprio per questo, Merz non potrebbe privilegiare altri interlocutori? 

Lo impediscono i numeri dei verdi. È per questo che la loro sconfitta è un fatto così rilevante: all’ipotesi di un governo Unione-verdi si è lavorato per anni, era un obiettivo di Angela Merkel. Pensiamo soltanto alla chiusura delle centrali nucleari tedesche. Le opzioni di Merz sono due: governo con l’SPD oppure con SPD più verdi.

Ci sarà un cambio di classe dirigente?

Dobbiamo sperarlo, perché l’SPD ha ottenuto il peggior risultato del dopoguerra. Ha perso il contatto con la sua base elettorale tradizionale, che è quella dei lavoratori e in generale dei cittadini popolari. Eppure in Germania i giovani con le idee più innovative stanno nell’SPD. Penso a Philippa Sigl-Glöckner, persona di grande spessore ma non eletta perché tenuta ai margini del partito, e a molti altri che rappresentano un network di competenze notevole. Se l’SPD non dà loro spazio, difficilmente riuscirà ad essere appetibile per nuovi elettori.

Lei si sente proprio di escludere che l’AfD, con il dovuto temporeggiamento tattico, possa diventare un interlocutore di governo per Merz?

Non credo proprio che in questa legislatura un accordo con l’AfD sia possibile. Merz lo ha negato più volte e secondo me bisogna credergli. Questo non esclude che all’interno di AfD possano esserci novità.

Vale a dire?

Oggi l’AfD ha il consenso di un elettore su 5 a livello nazionale e molti di più nei Länder dell’Est. Proprio in virtù di questo successo ha probabilmente necessità di fare pulizia interna, liberandosi di alcune componenti più compromesse con esplicite nostalgie fasciste o naziste. Un’operazione come quella fatta da Marine Le Pen nell’ex Front National.

Molto dipenderà dall’attuale leadership. 

Mi riesce difficile pensare ad un partito di massa di stampo fascista in Germania. Non è questa la situazione. Ciò non esclude affatto voti congiunti su provvedimenti specifici, come è successo sulla proposta di legge in materia migratoria che ha visto insieme CDU, AfD e BSW.

Veniamo alla crisi economica. Non è detto che la vittoria nelle urne premi il partito con la diagnosi corretta. Cosa può dirci in proposito di CDU e AfD?

A mio modo di vedere la ricetta giusta non ce l’hanno né Merz né Weidel. Il primo vero problema della Germania è che manca da anni una politica seria di investimenti pubblici, sia tradizionali – strade, ferrovie, porti – sia digitali. Il deterioramento delle infrastrutture è totale e bisogna tornare ad investire massicciamente, nell’ordine delle centinaia di miliardi di euro l’anno. Qui ci sono due soluzioni.

La prima?

La prima è quella di ricorrere al bilancio pubblico utilizzando i margini consentiti dallo Schuldenbremse (freno al debito) scritto in Costituzione. Vuol dire trovare le risorse togliendole a determinate voci di bilancio, come la spesa sociale, per destinarle ad altre voci, gli investimenti.

E l’altra soluzione?

È quella di chi si oppone all’opzione precedente, dicendo che non basta e che è socialmente dannosa, e che quindi occorre fare investimenti a debito, modificando la Costituzione.

Ed è una strada percorribile?

È molto difficile, perché la modifica costituzionale richiede la maggioranza dei due terzi. Ora torniamo ai protagonisti. AfD ha una posizione di chiusura sui migranti e sulla politica fiscale, mentre sulla politica monetaria è per l’uscita della Germania dall’euro. Ma la Germania ha beneficiato moltissimo dell’euro e tutte le élites politiche ed economiche ne sono consapevoli. Dunque è un programma “bloccato”, difficilmente attuabile a meno di radicali ripensamenti. Sugli investimenti e sul debito AfD chiude, perché è rigorista sui conti.

L’Unione CDU-CSU invece?

Non è chiaro. Innanzitutto perché ora molto dipenderà dall’accordo di coalizione. In secondo luogo, la CDU tradizionalmente non è favorevole a rilassare la disciplina di bilancio, non si è pronunciata a favore della riforma del freno al debito, e ritiene piuttosto che sia necessario aumentare la competitività del sistema produttivo tedesco con un nuovo programma di riforme come quelle degli anni duemila, le riforme Hartz per intenderci. Dunque l’assunto di fondo è che il problema non è strutturale ma congiunturale, da affrontare aumentando la competitività di costo delle imprese tedesche. A mio avviso, è una diagnosi sbagliata.

Trump ha impresso una forte accelerazione alla soluzione della crisi ucraina. L’Europa insiste nel supporto a Kiev e domenica i leaders europei si incontreranno a Londra per parlare di un piano di difesa comune. E difesa significa massicci investimenti.

Infatti è questa la vera novità. Una Grande Coalizione CDU-SPD sarebbe estremamente ricettiva alle richieste che provengono dall’America di Trump di aumentare il budget militare. Ovviamente Trump pensa agli acquisti europei di armi USA, ma la Germania ha un’importante industria degli armamenti e in generale, se si ha un’industria pesante, è ipotizzabile riconvertirla in industria degli armamenti. È uno scenario di “keynesismo militare” che rilancia la spesa pubblica come spesa per armamenti.

Ed è un’opzione che vedrebbe Merz favorevole?

Certo. Il supporto della SPD non mancherebbe. Se a monitorare l’accordo di pace in Ucraina, come sembra, dovranno essere gli europei, la divergenza che separa l’amministrazione Trump dall’europeismo tedesco troverebbe una rapida soluzione.

In che senso?

Quando Merz dichiara che l’Europa deve rendersi indipendente, a mio avviso non sta prendendo una posizione contro l’America, ma sta facendo quello che Trump si aspetta da lui, ovvero che aumenti l’autonomia militare europea. Sarebbe l’occasione di rilancio industriale attesa dall’economia tedesca e dal nuovo governo, ma non credo sia sufficiente.

Ma come si farebbe a giustificare questa spesa nella patria del rigore contabile? Servirebbe la riforma costituzionale del freno al debito.

Si parla di fare la riforma nella legislatura attuale, ma non credo sarà possibile. I numeri non ci saranno. Ciò che Merz farà, a mio avviso, sarà dichiarare l’emergenza sulla base della situazione politica internazionale, che rende necessario un aumento della spesa militare. Lo stato di emergenza consente al governo di sospendere le regole del patto di stabilità interno a maggioranza semplice. In questo modo, Merz verrà incontro alle aspettative di Trump.

Si possono leggere queste elezioni federali come un voto sull’Unione Europea?

Tutti i partiti tedeschi sono tradizionalmente pro Europa, quella di Maastricht. Si discostano l’AfD, che è contro l’UE e l’euro, e BSW, anch’esso fortemente scettico verso gli assetti attuali della zona euro. Però BSW non è entrato in Parlamento per poco meno di 30mila voti. Se ci fosse riuscito avrebbe potuto contare su una trentina di deputati.

Quello che ha abbozzato è lo scenario politico-economico che ritiene più probabile?

Nel breve sì. La spinta del “keynesismo militare” sarà sufficiente a risollevare le sorti dell’industria tedesca? Io ne dubito, ma è una questione aperta. Poi dipenderà dall’economia internazionale. Qui le variabili sono molte. Si abbasserà il prezzo delle materie prime? Cosa succederà alle relazioni commerciali con la Cina? Se la situazione economica dovesse risollevarsi, e l’economia tedesca riprendersi, i rapporti interni alla coalizione sarebbero più semplici da gestire.

E in caso contrario?

Il governo sarebbe destinato a vita magra e il consenso per l’AfD, perlomeno un consenso virtuale fino a nuove elezioni, sarebbe destinato a crescere ulteriormente.

Come si comporterà il governo Merz verso i nuovi piani per la “competitività” che vengono da Bruxelles?

Che da Merz e dal suo governo possa venire un nuovo impulso a finanziare un programma europeo di investimenti attraverso il debito comune, è secondo me un’eventualità così remota che mi sento di escluderla.

Ma l’agenda verde è importante. In Germania soprattutto.

I verdi sono essenzialmente un partito di estrazione borghese, quello dei ceti urbani agiati preoccupati dell’ambiente ma con i mezzi economici per fare la spesa al supermercato bio e sostituire la Golf con la Tesla o con una BMW elettrica. Nello stesso tempo sono tra i grandi sconfitti di queste elezioni. La loro agenda green ora entrerà in declino, la vera eredità del loro “cluster” sociale sono l’atlantismo, l’atteggiamento anti-russo e il militarismo.

(Federico Ferraù)

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