La Cina sta diventando un pericolo sempre più serio per le produzioni tedesche. La Germania deve studiare qualche contromossa

STOCCARDA – Il “Centre for European Reform (CER)”, un think tank con sede a Londra che si occupa di questioni legate all’integrazione europea, ha pubblicato recentemente un rapporto dal titolo “How German industry can survive the second China shock”. L’analisi del CER è stata ripresa commentata in un podcast ad-hocdi Handelsblatt, incentrato sulla domanda: “Le automobili sono solo l’inizio? Cosa significa per la Germania la politica economica aggressiva della Cina”.



La produzione industriale della Germania è in declino da oltre cinque anni, destando preoccupazione in un Paese dove il settore manifatturiero rappresenta il 20% del Pil e 5,5 milioni di posti di lavoro. Il nuovo settore industriale cinese, focalizzato su automotive, tecnologie green e aviazione civile, si pone in competizione diretta con il core manifatturiero tedesco. Dal 2021, la Cina ha incrementato gli investimenti nei settori manifatturieri prioritari, nonostante la scarsa domanda interna. Ciò ha portato la Cina verso una crescita trainata dalle esportazioni, con volumi di export che nel 2024 hanno superato nettamente il commercio globale.



La Germania era stata relativamente protetta dallo shock economico scatenato dall’adesione della Cina al WTO nel 2001, perché all’epoca le esportazioni cinesi si concentravano su elettronica di consumo, mobili e abbigliamento, settori lontani dal cuore dell’economia tedesca. Settori che invece rappresentavano le colonne portanti dell’economia italiana, che dallo shock suddetto venne investita in pieno. Ma negli ultimi 20 anni l’economia cinese ha conosciuto uno sviluppo impetuoso e oggi produce gli stessi beni della Germania, erodendo le quote di mercato di quest’ultima in Europa e nel mondo. Il settore automobilistico è emblematico: la Cina, che non era un esportatore netto di veicoli nel 2020, ora esporta 5 milioni di veicoli in più di quelli che importa, mentre l’automotive tedesco arranca.



Per affrontare lo shock economico causato dalla Cina, il nuovo Governo tedesco deve ripensare le proprie politiche economiche. Secondo il rapporto del CER, la Germania dovrebbe innanzitutto abbandonare la sua storica opposizione al controllo degli ampi surplus commerciali, sollecitando insieme agli altri Paesi del G7 una riduzione del surplus cinese. Questo richiede un’analisi approfondita sull’avanzo commerciale cinese, oltre a sostenere politiche non tradizionalmente tedesche, come spingere Pechino a stimolare la domanda interna attraverso la spesa pubblica.

In secondo luogo, la Germania dovrebbe sostenere la protezione a livello europeo dei settori industriali minacciati dalle aggressive politiche industriali cinesi, consentendo al contempo l’importazione di beni economici nei settori in cui l’Europa ha una produzione minima o assente. La Germania e gli altri Stati membri dell’Ue dovrebbero dotare i programmi di sussidi e di requisiti impliciti di “buy-European”, per contrastare le politiche cinesi. Anche l’Italia, facciamo notare per inciso, avrebbe beneficiato di una politica protezionistica per contrastare il primo shock di cui sopra, politica che però non venne adottata per non turbare l’idillio commerciale tedesco-cinese di allora.

Infine, sempre secondo il CER, la Germania dovrebbe guidare la creazione di una politica industriale unificata a livello europeo. Con un basso livello di indebitamento e un settore industriale a rischio, la Germania ha il margine politico ed economico per agire. Tuttavia, non può affrontare da sola la nuova potenza esportatrice cinese. Come disse Henry Kissinger, la Germania è “troppo grande per l’Europa e troppo piccola per il mondo.” Una proposta questa non dissimile dall’Inflation Reduction Act Usa e dal piano recentemente proposto dal nostro Mario Draghi.

Naturalmente, l’accusa di overcapacity cinese da parte della Germania appare alquanto bizzarra: non è forse quello che la Germania ha fatto per decenni, ignorando le proteste degli altri Paesi europei e degli Stati Uniti? Un’industria automobilistica dimensionata per servire il mercato mondiale non toglieva forse spazio ai produttori delle altre nazioni? Naturalmente, quando le cose andavano bene, essere “Export Weltmeister” (campione mondiale di export) costituiva elemento di orgoglio per i tedeschi. Una contraddizione che non sfugge neanche ai commentatori di Handelsblatt.

Infine, un elefante nella stanza. Il neo Presidente Trump ha annunciato un piano da 500 miliardi di dollari per finanziare l’infrastruttura di calcolo necessaria per l’intelligenza artificiale. Obiettivo: mantenere un vantaggio competitivo sulla Cina, vantaggio che fino a qualche mese fa si riteneva essere pari a qualche anno. Ma pochi giorni fa la start-up cinese Deepseek ha rilasciato un modello open source “pensante” che ha prestazioni simili a quelle del miglior modello di OpenAI, addestrato (apparentemente, la cautela è d’obbligo) con un molto budget più limitato e con algoritmi più efficienti. Mentre il vantaggio di cui sopra sembra quindi essersi azzerato, il rapporto CER, la Germania e l’Europa sono sempre concentrate sulla old economy.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI