DALLA GERMANIA/ “Il lockdown tedesco duro narrato da Governo italiano e media non esiste”

- Edoardo Laudisi

In Italia politici e media parlano del "lockdown tedesco" adottandolo come paragone, ma dimostrano di non sapere cos'ha fatto la Merkel

coronavirus La cancelliera tedesca Angela Merkel (LaPresse)

BERLINO – Da giorni ormai, da quando al governo è salita la febbre da lockdown totale per blindare Natale e Capodanno così poi a gennaio andrà tutto bene, media e politici italiani non fanno che ripetere la cantilena del “facciamo come ha fatto la Merkel in Germania”. I politici nostrani si riferiscono all’accorato appello di Angela Merkel alla popolazione tedesca che ha introdotto il nuovo lockdown made in Germany per tutto il periodo natalizio. Ora, logica vuole che quando si parla di qualcosa, sia esso un romanzo, un film o un decreto legislativo, quella cosa la si conosca almeno un po’. Nel caso dei politici nostrani che tessono le lodi della meravigliosa Merkel e del suo nuovo lockdown ci si aspetterebbe che abbiano almeno letto e capito i punti più importanti del regolamento tedesco. Invece nulla. Non sanno nemmeno copiare.

Innanzitutto, va ricordato che la Germania è uno stato federale dove il governo centrale fissa la cornice entro cui i vari Stati possono muoversi e decidere in autonomia. Sul tema lockdown il parlamento tedesco ha fissato alcuni parametri base per regolare a) commercio e gastronomia, b) scuole e lavoro e c) mobilità a Natale e durante le festività. Quest’ultimo punto in Italia è diventato una specie di linea del Piave, l’ennesima, dietro cui i politici nostrani intendono respingere l’assalto della seconda o terza ondata Covid, ormai si è perso il conto, in attesa che arrivi il vaccino salvifico.

Qui le nuove disposizioni tedesche introdotte il 13 dicembre (e non oggi) sono molto chiare: gli assembramenti sono limitati a un massimo di cinque persone appartenenti a non più di due nuclei famigliari. I ragazzi sotto i 14 anni sono esclusi dal conteggio ma dal 24 al 26 dicembre il numero viene allargato, consentendo l’incontro con un massimo di cinque persone esterne al proprio nucleo famigliare.

Al di là di queste indicazioni base non esiste divieto di movimento o di visita a parenti e amici. Le funzioni religiose, compreso la messa di Natale a mezzanotte, sono garantite nel rispetto delle prescrizioni sanitarie del distanziamento sociale e l’obbligo di mascherina, mentre per Capodanno viene disposto un divieto generale di assembramento.

Per il periodo critico tra il 24 dicembre e il 6 gennaio gli stati federali hanno scelto linee diverse a seconda dello sviluppo dell’infezione. C’è chi ha optato per un coprifuoco dalle 22:00 (Baden-Württemberg) e chi ha deciso di allentare la stretta eliminando il coprifuoco nei giorni più importanti delle feste (Thüringen, Sassonia) ma nessuno a parte la Baviera ha proclamato il divieto di movimento totale per il 24, 25, 26 o il 31. Parallelamente al lockdown il governo tedesco ha esteso a tutto il periodo le misure di supporto alle imprese che risarcisce il fatturato perduto a causa del blocco. Proprio come i politici nostrani verrebbe da dire, i quali alla maniera del Galeazzo Musolesi delle Sturmtruppen di Bonvi, si pavoneggiano nel tentativo di emulare il “fieren alleaten germaniken” senza possederne le capacità.

Come si può vedere il lockdown totale proposto dai politici nostrani per le festività e celebrato dai media come un atto eroico, non ha nulla a che spartire con il modello Merkel ma è l’ennesimo prodotto del ritardo culturale di una classe politica che tira a campare sulle spalle dei cittadini. E se poi anche questa decisione alla brancaleone dovesse fallire, politici e media nostrani avrebbero già la risposta pronta: accusare i cittadini di non aver osservato le regole.

Per questa Sippe (dal tedesco, stirpe o schiatta) politica il coviddi è una manna del cielo. Uno stato di eccezionalità permanente che consente di rimandare i lavori ordinari perché tutto lo sforzo va all’emergenza. E siccome l’emergenza è una forza di ordine superiore, i politici non hanno colpe se i loro sforzi contro di essa risulteranno inefficaci. Casomai saranno i cittadini a dover rendere conto dei loro comportamenti indisciplinati, egoisti e menefreghisti.

Si ha quasi l’impressione che, invece di analizzare razionalmente la situazione e pensare a delle strategie di uscita a lungo termine, i politici moralizzino la pandemia per creare panico e sensi di colpa tra la popolazione e stendere così una cortina di caos e confusione dietro la quale nascondere la loro totale impreparazione ad affrontare anche il più piccolo problema che non sia quello di difendere una poltrona, accaparrassi un sottosegretariato, intensificare il controllo su una clientela.

La verità è che da troppo tempo ormai la classe dirigente che è chiamata ad amministrare il nostro paese è abituata a non dover rendere conto delle sue azioni. Un esempio valga per tutti: se un paese tutto sommato importante almeno nell’area mediterranea, sebbene a sua insaputa, proprio in questo periodo storico di fuoco segnato da immigrazioni di massa, terrorismo islamico e tensioni internazionali, piazza al ministero degli Esteri un Di Maio, significa che la classe politica non vuole nemmeno fare finta di governare nell’interesse nazionale e tratta le cariche istituzionali come un casellario in cui collocare i pesi morti.

A questo punto lo si ammetta: per una tale classe politica vale il detto finché c’è coviddi c’è speranza. Però si evitino paragoni assurdi con la Germania che non si fa una bella figura.







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