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Home » Esteri » DALLA GERMANIA/ “Qui c’è disagio per quei cattolici tedeschi che sostengono il riarmo bellicista di Merz”

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DALLA GERMANIA/ “Qui c’è disagio per quei cattolici tedeschi che sostengono il riarmo bellicista di Merz”

Claudia Schneider
Pubblicato 9 Aprile 2025
Prove di Grosse Koalition in Germania. Da s: Markus Soeder, Friedrich Merz, Lars Klingbeil e Saskia Esken (Ansa)

Prove di Grosse Koalition in Germania. Da s: Markus Soeder, Friedrich Merz, Lars Klingbeil e Saskia Esken (Ansa)

In Germania il "Tagespost", pagato dai vescovi come l'italiano “Avvenire”, sta facendo una campagna riarmista, dimenticandosi del Papa

Gentile direttore,
le scrivo dalla Germania, dove sono nata e cresciuta, pur avendo parte delle mie radici in Italia. I tedeschi si sentono ancora molto superiori ai latini per la loro pretesa capacità organizzativa, ma molto spesso a me sembra che si tratti più che altro di obbedienza passiva al sistema in cui sono stati educati. Educazione, in realtà, è una parola grossa, perché qui, ormai ne sono certa, più ancora che in Italia è profonda la frattura tra quel che resta dell’educazione familiare e l’impronta che danno le grandi agenzie educative, prima di tutto la scuola e i media e, per quel che ancora contano, purtroppo, anche le chiese.


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Sono stata attiva per molti anni nella mia parrocchia, in una grande città del nord della Germania, cosa che, qui, richiede anche un percorso di preparazione teologica e metodologica. Pago regolarmente le Kirchensteuern, le tasse ecclesiastiche, ma non capisco la rigidità con cui la gerarchia cattolica esclude dai sacramenti chi ha scelto di non pagarle firmando l’“uscita dalla Chiesa”, il più delle volte non un atto di apostasia, ma semplicemente un modo di pagare meno tasse. Qui in Germania infatti la tassa che si versa alle chiese è in più: si aggiunge cioè alle tasse personali e patrimoniali.


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A dirla tutta non sono affatto contenta del modo in cui la Conferenza episcopale gestisce questo ancora immenso patrimonio finanziario. Non mi riferisco solo agli stipendi dei parroci o del personale alla dipendenze delle chiese, ma a tutta una serie di iniziative che mi sembrano avere poco a che fare con la diffusione del messaggio evangelico e con l’aiuto a chi è in difficoltà, materiali o spirituali.

Oggi la Conferenza episcopale tedesca (DBK) appare divisa su tutto, dalla questione del “cammino sinodale” alla gestione della politica immigratoria, tranne che sul mantenimento dei propri privilegi fiscali. La campagna politica condotta dalla DBK contro la AfD (Alternativa per la Germania, ndt) secondo molti commentatori dipendeva anche dal fatto che AfD aveva nel suo programma l’abolizione, o quanto meno la riforma, delle tasse ecclesiastiche.


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Tra i denari più sprecati mi sembra ci siano quelli investiti nella comunicazione. Dipendono direttamente dalla DBK la KNA (Katholische Nachrichten-Agentur, Agenzia di informazione cattolica), ma anche il portale Katholisch.de e un Istituto per la formazione dei giornalisti (Institut zur Förderung publizistischen Nachwuchses).

Il punto è che la DBK non pubblica informazioni specifiche sull’ammontare dei propri investimenti in questo settore e, in molti casi, interviene indirettamente, sostenendo fondazioni che, a loro volta, finanziano dei media, come il settimanale Tagespost, gestito dalla Johann Wilhelm Naumann Stiftung (lo si potrebbe paragonare ad Avvenire in Italia).

Nel panorama ecclesiastico tedesco, di indirizzo fortemente progressista, la Tagespost spicca per il suo orientamento conservatore, tanto da essere uno dei principali sostenitori della candidatura e del programma di Friedrich Merz. In piena campagna elettorale il settimanale ha pubblicato un’intervista a Volker Resing, biografo di Merz, in cui si metteva a fuoco la sua consonanza con molti elementi della dottrina sociale cattolica.

E pazienza se l’avvocato Merz è stato presidente del consiglio di sorveglianza della BlackRock Asset Management Deutschland AG dal 2016 al 2020. Pazienza anche se la sua attività presso il più grande gestore patrimoniale del mondo può adombrare un potenziale conflitto di interessi, soprattutto in relazione a decisioni economiche e finanziarie a livello nazionale ed europeo.

Anzi, in un’altra serie di articoli, più di carattere politico, la Tagespost evidenziava  proprio la necessità di compromessi per garantire il successo di un governo di coalizione. Non è un particolare secondario, perché vasti settori della DBK si sono detti contrari alla politica migratoria di Merz, ma hanno chiuso ambedue gli occhi su altre questioni, certamente non meno vitali. Non una parola è stata spesa dalla Tagespost per sottolineare la gravità di una riforma costituzionale introdotta mediante il voto di un parlamento “scaduto”, dato che con quello nuovo la maggioranza non ci sarebbe stata.

Peggio ancora vanno le cose se si leggono i molti articoli dedicati al “riarmo”, quello europeo e quello tedesco, ambedue sostenuti a spada tratta proprio dalla Tagespost, in questo, almeno al momento, accompagnato dal silenzio della DBK (il che potrebbe essere il segnale di un dibattito interno che non riesce ad arrivare a una posizione concorde).

Nell’agosto del 2024 il presidente della DBK, mons. Georg Bätzing, aveva espresso il proprio assenso a ulteriori forniture di armi all’Ucraina, ma si era trattato di un giudizio personale, per quanto autorevole e inquietante. Ora anche in Germania si è aperto un dibattito pubblico sul riarmo ed è interessante notare che anche su questo punto la DBK appare divisa, tanto nel suo versante progressista che in quello conservatore.

Tra i conservatori, quelli che più si sono sbilanciati ci sono proprio i pro-Merz della Tagespost. Citiamo alcuni esempi, tra i tanti, che sono delle vere delizie e che – particolare molto interessante – precedono di molto l’avvio del programma Rearm Europe. A marzo 2024 sul settimanale usciva un’intervista a Jean-Claude Juncker in cui, trattando della “difesa comune”, il già presidente della Commissione europea spiegava che la libertà viene prima della pace.

A ribadire il concetto, un mese dopo era Manfred Weber, presidente del Partito Popolare Europeo, che  sosteneva la necessità di “mettere da parte ogni ingenuità” e costruire una comunità europea di difesa.

Dato che la Tagespost è la voce dei cattolici conservatori, molto vicina alla CDU, se ne può dedurre che la scelta per il riarmo era già stata preconfezionata e avviata ben prima dell’amministrazione Trump e della svolta da essa tentata per una soluzione diplomatica del conflitto russo-ucraino. L’Europa non si riarma perché si sente abbandonata dagli USA, ma per decisioni prese ai massimi livelli e programmate da tempo.

Che, poi, la linea di Francesco sia completamente differente, a quelli della Tagespost interessa poco. Così, tra i tanti, citiamo almeno l’inizio dell’articolo di David Engels uscito il 29 marzo scorso, che in pochissime parole dice già tutto: “L’Europa si riarma. Era ora”. Segue la solita scostante ironia sul pacifismo occidentale. Nessun dubbio, nessun rilievo critico, nessun richiamo alla Fratelli tutti, dove i toni sono all’opposto.

Poteva mancare un richiamo a una “Europa viziata dalla pace”? No, infatti, e anche di questo parla un altro articolo, questa volta di Stephan Baier, uscito il 13 marzo, con un titolo che la dice molto lunga: “Pace attraverso la forza”, “Frieden durch Stärke”, con  sottoriportata una foto dei due presidenti, von der Leyen e Zelensky,  campioni della nuova Germania del riarmo.

Insomma, se questo è il conservativismo cattolico tedesco (quel che ne resta), c’è davvero da essere preoccupati. Friedrich Merz ha vinto le elezioni e avvierà il programma di riarmo. Non andrà contro gli USA: non può e non vuole farlo, men che meno da dipendente di Blackrock. Rilancerà in questo modo la politica industriale tedesca, sventolando la bandiera europea.

E poco importa se la Germania è oggi più che mai divisa, con i Länder della vecchia DDR che di Merz e Scholz (i due vanno d’accordissimo e si capiva già nella campagna elettorale) non ne vuole proprio sapere. Basta far finta di non vedere o limitarsi a scomunicare AfD come, purtroppo, la DBK e i media cattolici tedeschi hanno dimostrato di saper fare, senza porsi troppe domande.

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Tags: Friedrich MerzUrsula Von Der LeyenOlaf Scholz

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