Accordo dazi: per Bayrou un giorno buio. Tutti i partiti contro l’intesa di Von der Leyen-Trump. Torna la Francia che bloccò la Costituzione UE

La Francia insorge contro l’accordo Von der Leyen-Trump sui dazi USA al 15%, contro il quale puntano il dito il governo Bayrou, ma anche partiti di estrazione diversa come RN (Le Pen) e France Insoumise (Mélenchon). Macron, che dopo l’annuncio dell’accordo non si è fatto sentire, era tra i fautori della linea dura contro Washington. In Francia, d’altra parte, era già stata introdotta un’imposta sui servizi digitali che colpiva le società USA, arma che però la Von der Leyen non ha voluto usare.



E così l’annuncio dell’accordo, osserva Francesco De Remigis, giornalista già corrispondente da Parigi, è stata l’occasione per una rivendicazione di sovranità: un’ondata di euroscetticismo che ricorda la Francia che bocciò la Costituzione UE.

Per il primo ministro francese Bayrou, quello dell’accordo USA-UE sui dazi è “un giorno buio per l’Europa”, una sottomissione agli americani. Anche Macron, tra i leader europei, sembrava il più disposto a rispondere con decisione a Trump. Quali sono i motivi di un giudizio così duro da parte dell’attuale esecutivo?



La Francia, ragionando oltre i numeri dell’export, si scopre solo apparentemente meno esposta di altri Paesi UE ai dazi USA, visto che, a oggi, tre Stati dell’UE, da soli, rappresentano circa il 50% delle esportazioni verso gli Stati Uniti.

E sono Germania, Italia e Irlanda. Parigi, però, e Macron come Capo dello Stato, con il partner americano ha una partita aperta da tempo, soprattutto “politica”, di confronto tra potenze. E fino all’entrata in campo di Bruxelles, seguita alle tabelle di Trump con i dazi “reciproci”, Macron ha provato a confrontarsi con Washington con armi proprie. Anche andando a incontrare Trump a febbraio, per conto suo.



Quali sono le armi della Francia?

Nel luglio 2019, durante il primo mandato di Trump, il Parlamento francese approvò una legge che imponeva un’imposta del 3% sui ricavi delle aziende con un fatturato globale di almeno 750 milioni di euro e di oltre 25 milioni di euro in Francia derivanti da attività digitali. La Francia è poi diventata il primo Stato dell’UE a introdurre la “tassa GAFA”, quella sui giganti del web, Google, Amazon, Facebook, Apple.

Gli introiti sono aumentati negli ultimi anni: da 277 milioni nel 2019, a una previsione di 774 nel 2025. Entrate che alla Francia fanno comodo, visto il suo stato “patrimoniale”. Non appena la tassa fu introdotta, Trump, al primo mandato, minacciò ritorsioni, prendendo di mira champagne e formaggio Roquefort, tra le altre esportazioni francesi. E con l’arrivo di Biden è stata una leva per trattare, anche sui dazi doganali.

Un argomento che Von der Leyen non ha voluto usare.

È stata molto timida su quest’arma. E se nei mesi di trattative i tecnici di Bruxelles che hanno compilato una lista di potenziali misure punitive da applicare ai servizi, su questo punto sono stati molto timidi. Di qui, l’irritazione di Parigi, che non è riuscita a convincere Bruxelles a sedersi al tavolo minacciando l’aumento dei dazi sulle merci americane e una limitazione degli investimenti europei negli USA.

La Francia prenderà di mira l’operato della Von der Leyen e della sua Commissione?

Di fatto, la Francia di Macron non può dirsi certo il miglior alleato in questa nuova governance, né dell’Ursula bis. Prima dell’annuncio della squadra, Macron voleva imporre un nome e Ursula che lo fece fuori, di fatto lasciando per qualche giorno Macron e la Francia ai margini del negoziato, che nel frattempo si aprì anche alle destre.

Macron dovrà rassegnarsi all’accordo o lo metterà in discussione? Con quali conseguenze per i vertici UE?

I dettagli dell’accordo con Trump dovranno essere definiti “nelle prossime settimane”. Il testo dovrà essere convalidato dal Parlamento e dal Consiglio europeo, dagli Stati membri. Ma è richiesta solo una maggioranza qualificata, il che rende l’adozione del “più grande accordo mai approvato”, così l’ha definito Trump, quasi un fatto compiuto. Non a caso il grande assente della giornata di reazioni francesi è stato il presidente della Repubblica, che si riserva di agire nelle sedi dei leader, Consiglio europeo in primis.

L’accordo sui dazi dimostra, tuttavia, come la sua linea sia costantemente in minoranza. Sembra aver perso, se non la bussola, capacità di leadership e di serrare i ranghi, dei suoi, e di attrarre il consenso di altri leader continentali.

Quali possono essere i settori più colpiti dell’economia francese?

Il commercio estero della Francia si concentra sull’eurozona, che rappresenta circa il 60% delle sue esportazioni. Tuttavia, si prevede che siano colpiti i settori dell’aeronautica, degli alcolici e dei beni di lusso, le principali voci di esportazione verso gli Stati Uniti.

Quali sono i settori dell’economia francese per i quali c’è una maggiore preoccupazione, quelli che risentiranno di più del peso dei dazi al 15% e che risposta avrebbe voluto dare la Francia agli USA?

L’aeronautica è il principale settore di esportazione della Francia verso gli Stati Uniti, con un fatturato di 9 miliardi di euro nella categoria “aeromobili e veicoli spaziali” nel 2024. Airbus ha annunciato che sta “valutando i potenziali impatti” delle nuove misure tariffarie. L’azienda, che possiede una linea di assemblaggio negli Stati Uniti e dovrebbe aprirne una seconda nel 2025 nella regione del Golfo del Messico, potrebbe essere parzialmente protetta dalla sua presenza industriale lì.

Ma non tutte le aziende possono praticare questa strada. Infatti, il Medef francese chiede all’UE di imporsi. C’è poi l’incognita legata agli acquisti di gas e petrolio: non è la Commissione che compra, ma i privati. Zone d’ombra anche per quanto riguarda acciaio e alluminio, su cui si tornerà probabilmente a negoziare.

Dalle opposizioni sale un coro di commenti negativi all’intesa: Marine Le Pen per RN e Olivier Faure per i socialisti l’hanno definita una vergogna, per Mélenchon è un tradimento del liberalismo. Come mai questo giudizio comune?

Credo che la trattativa e l’esito odierno abbiano riattivato in Francia una certa ondata di euroscetticismo, se non vero e proprio risorgere di sedimentato antieuropeismo. Quanto meno un certo malessere; per come si svolgono certi negoziati. E questo sentimento probabilmente crescerà nelle prossime settimane. Ma credo ci siano, dietro le voci dei politici, anche dei preludi elettorali. La legge di bilancio, con cui Bayrou chiede grossi sacrifici ai francesi, verrebbe scritta diversamente tanto dalle destre quanto dalle sinistre, che potrebbero convergere in una sfiducia del primo ministro in autunno.

Le Pen sostiene che rinegoziando con Bruxelles i contributi francesi si recupererebbero 1,6 miliardi, da investire in sanità e scuola. Ma sono tante le pulsioni e di varia natura che portano a vedere Bruxelles con sempre più scetticismo. Specie quando non accetta la linea francese. L’idea di cedere sovranità alla UE non va giù ai francesi, e i leader hanno praticato più spesso un europeismo di facciata.

Non per niente Parigi bocciò la “Costituzione” europea nel 2005…

Ecco, appunto.

(Paolo Rossetti)

 

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