Delitto di Garlasco, caos Massimo Lovati: dalle rivelazioni sullo scontrino al giallo del test del Dna del 2016: "Sapeva che la traccia è di Andrea Sempio?"
Massimo Lovati non è più l’avvocato di Andrea Sempio, indagato per il delitto di Garlasco, ma resta uno dei protagonisti del dibattito pubblico, soprattutto televisivo. Oggi è infatti ospite di “Lo Stato delle Cose”, il programma condotto da Massimo Giletti in prima serata su Rai 3, per affrontare il tema della revoca del suo mandato, ma non solo.
Lovati conosce numerosi retroscena sull’omicidio di Chiara Poggi ed è sostenitore di una teoria molto particolare, quella che porta al Santuario delle Bozzola, di cui ha parlato anche con Fabrizio Corona.
Proprio le dichiarazioni rilasciate all’ex re dei paparazzi hanno scatenato una bufera che ha contribuito alla revoca del suo incarico. A tal proposito, sono attesi nuovi colpi di scena: Corona ha infatti annunciato la messa in onda di una nuova puntata in cui comparirà nuovamente Lovati.

Dalle anticipazioni pubblicate sui social si evince che il legale si è lasciato andare a dichiarazioni shock, anche sulla premier Giorgia Meloni. Quando gli è stato chiesto un giudizio, l’avvocato l’ha definita una “traditrice” e ha aggiunto: «Lei andava a fare il saluto romano vent’anni fa, e adesso fa il saluto del ca**o, perché ha tradito tutti gli ideali della destra per cui ha ricevuto i voti. Lei, La Russa e compagnia bella: gente da inceneritore».
DELITTO DI GARLASCO, LE RIVELAZIONI SULLO SCONTRINO
A far discutere è anche la questione dello scontrino, perché l’avvocato Fabrizio Gallo, difensore di Lovati nel procedimento per le dichiarazioni su Giarda (ex legale di Stasi), ha ribadito a Fanpage che lo scontrino presentato da Sempio non costituisce un alibi, in quanto non prova nulla senza riscontri video provenienti da telecamere di sorveglianza.
«Anzi, può essere un boomerang», ha dichiarato Gallo, secondo il quale Lovati non voleva che quello scontrino fosse presentato. «Se sei innocente, non hai bisogno di fornire prove senza che nessuno te lo abbia chiesto», ha aggiunto il legale, sostenendo che l’indagato dovrebbe «contestualizzare lo scontrino e spiegare anche perché alle 9:58 aveva fatto una telefonata all’amico Capra, agganciato a una cella telefonica proprio di Garlasco».
IL GIALLO DEL TEST DEL DNA DEL DICEMBRE 2016
Lovati è inoltre al centro di un altro mistero: secondo il settimanale Giallo, sapeva già che il DNA trovato sotto le unghie di Chiara Poggi apparteneva a Sempio? La direttrice Albina Perri riporta le dichiarazioni del legale, il quale ha affermato di aver accompagnato, nel dicembre 2016, il suo allora cliente a Piacenza per sottoporlo a un test del DNA. L’esame venne svolto nell’ambito della precedente indagine – quella chiusa con l’archiviazione – ora al centro di un’inchiesta della Procura di Brescia, che ipotizza una corruzione in atti giudiziari dell’allora procuratore Mario Venditti.
In quel periodo si sapeva poco o nulla sul motivo per cui Sempio fosse indagato: la difesa di Alberto Stasi non si era sbilanciata sull’esposto presentato dalla madre del loro assistito. Si parlò di un DNA da riesaminare, ma le carte erano secretate. Eppure, nel dicembre 2016, Lovati chiese subito l’intervento del generale Luciano Garofano, ex comandante del RIS, e gli affidò una consulenza sul materiale genetico. Produsse poi una relazione basata, a sua volta, su quella del professor Pasquale Linarello, che però era ancora segreta in quel periodo.
In televisione, Lovati si è assunto la responsabilità del passaggio delle carte; tuttavia, a prescindere dal mistero della “manina” che fece arrivare i documenti riservati all’avvocato, Giallo si chiede se sia stato effettuato un confronto dei DNA e quale ne sia stato il risultato. Secondo quanto trapelato, la risposta potrebbe arrivare dalla genetista Denise Albani, la perita incaricata dal tribunale, che ha dichiarato che i due DNA sono comparabili.
Stando alle intercettazioni, quella traccia preoccupava la famiglia Sempio, che ne discuteva spesso. Il tema, inoltre, ricorre anche nei bigliettini ritrovati dagli inquirenti. Il settimanale si interroga infine sul motivo per cui Lovati decise di sottoporre il suo cliente al test del DNA, mentre la Procura di Pavia non lo ritenne necessario.
