Delitto di Garlasco, il giudice Vitelli che ha assolto Alberto Stasi in primo grado: "L'ho fatto per almeno 3 motivi". E su Andrea Sempio rivela...

Stefano Vitelli, il giudice che assolse Alberto Stasi nel processo di primo grado per il delitto di Garlasco, torna a parlare del caso e della sua decisione, anche alla luce della nuova indagine che ha acceso un faro su Andrea Sempio. Il magistrato a Quarta Repubblica ha spiegato le ragioni per le quali stabilì che l’imputato non andasse condannato.



Il primo punto sollevato riguarda l’alibi informatico: nel processo di primo grado è stato verificato che, nella mattinata del delitto, Alberto Stasi era impegnato a lavorare alla propria tesi di laurea. Non si trattava quindi di un’invenzione o di una menzogna, bensì di un’attività documentata e svolta con costanza.



La stesura, le correzioni e le revisioni del lavoro universitario lo hanno tenuto occupato in casa, concentrato in un compito che richiedeva impegno e lucidità. Un secondo elemento di discussione è legato invece al bagno dell’abitazione di Chiara Poggi. Lì sono state rinvenute due tracce significative: un’impronta insanguinata sul tappetino e l’impronta di Stasi sul dispenser di sapone.

Il giudice Stefano Vitelli sul delitto di Garlasco a Filorosso (screen Rai)

La domanda che ne deriva è inevitabile per il magistrato: quell’impronta fu lasciata dopo l’omicidio, quando l’assassino si lavò le mani sporche di sangue? L’ipotesi perde consistenza se si considera che nel sifone non fu rilevata alcuna traccia ematica. La possibile controbiezione riguardante il fatto che il killer abbia lavato tutto molto bene non poteva reggere per Vitelli: “Quel lavandino, e i miei periti in questo sono stati piuttosto chiari, era fisiologicamente sporco, addirittura vi erano dei capelli“.



IL RAGIONEVOLE DUBBIO SECONDO VITELLI

Queste per Stefano Vitelli sono “sacche in cui s’annida il ragionevole dubbio“. Secondo il magistrato, appare plausibile che chi commise il delitto sia entrato in bagno per recuperare degli asciugamani, soprattutto perché la madre della vittima dichiarò che ne mancavano alcuni. Tuttavia, non si può escludere un’altra spiegazione: Stasi potrebbe aver lasciato quell’impronta la sera precedente, lavandosi le mani dopo aver mangiato la pizza.

Questa doppia possibilità apre lo spazio a un ragionevole dubbio. Per il giudice non si tratta di un artificio difensivo per eludere la responsabilità, ma di una reale garanzia del diritto: di fronte a scenari multipli e incerti, come accade nel caso di Garlasco, è preferibile che un colpevole resti libero piuttosto che rischiare la condanna di un innocente.

Vitelli ha parlato anche dei 23 minuti in cui Stasi avrebbe commesso il delitto di Garlasco, ricordando che nella sua sentenza di assoluzione parlò di “problematica compatibilità“. Il magistrato sottolinea inoltre un aspetto temporale: anche se in astratto non si può escludere la colpevolezza di Stasi, resta difficile conciliare la ricostruzione dei fatti con la finestra temporale di soli ventitré minuti.

L’omicidio non fu un gesto istantaneo, come uno sparo, ma un episodio complesso, probabilmente preceduto da una lite, seguito da più fasi di aggressione e concluso con azioni successive. Ridurre tutto ciò a un arco di tempo così limitato appare problematico.

LA NUOVA INDAGINE SUL DELITTO DI GARLASCO

Infine, Stefano Vitelli ha fatto cenno alle nuove indagini in corso. Non ha però commentato nel dettaglio l’operato della Procura di Pavia, limitandosi a una metafora: al momento, ha detto, “stiamo osservando la scena attraverso il buco di una serratura”.

In altre parole, non sappiamo ancora quali elementi emergeranno dall’incidente probatorio. Per il magistrato, comunque, l’indagine è “seria“, caratterizzata da accertamenti su cui c’è il segreto istruttorio, per cui si sa poco e bisogna avere la pazienza di aspettare i risultati.

Per quanto riguarda il nuovo indagato Andrea Sempio, ha parlato di “un dato curioso, bizzarro” emerso dalla sit di cinque righe. Il riferimento è alla circostanza dello scontrino e alla dichiarazione che lui era a Vigevano e aveva conservato, appunto, quel ticket. “Questo mi destò curiosità“.