Delpini: "Milano è senza speranza, è diventata un bene da comprare, ma non mi fido dei pm che cercano notorietà". Da dove ripartire per l'arcivescovo
Milano è una comunità, non qualcosa da comprare, ma serve l’ambizione perché diventi una città migliore: a sostenerlo è monsignor Mario Delpini in un’intervista al Corriere della Sera, in cui critica la situazione attuale della città, ma, al tempo stesso, si mostra fiducioso. L’arcivescovo di Milano parte da un’osservazione fatta già nell’omelia di Sant’Ambrogio: la città è stanca e necessita di discernimento nelle decisioni.
Ma, anche se è severo nei confronti di chi usa il potere per fini personali, in ogni ambito, è fiducioso verso le persone oneste. Per Delpini, bisogna fidarsi dei magistrati seri, «non di quelli che cercano la ribalta della notorietà e l’effetto politico degli indizi». Lo stesso vale per i giornalisti, che devono essere equilibrati: infatti, condanna chi usa l’informazione per esprimere giudizi o per diffamare senza che la giustizia abbia parlato.
IL DECLINO DI MILANO SECONDO DELPINI
Entrando nel merito della situazione, riconosce che Milano è diventata una sorta di “bene da comprare” anziché essere una comunità in cui vivere. Il problema è anche il criterio del massimo profitto, fissato come idolo per il quale sacrificare tutto.
Di fatto, per Delpini Milano è attrattiva per turisti e investitori, ma poco accessibile per la gente comune e, soprattutto, più diseguale. Inoltre, evidenzia il dilemma della necessità di investimenti, senza i quali la città declina, e il rischio che siano guidati solo dall’avidità.
Ma bisogna passare dalle parole ai fatti: la soluzione è optare per persone motivate dal bene comune, lucide, forti e coerenti, in grado di resistere all’avidità e al facile consenso. Anzi, l’invito dell’arcivescovo meneghino è a farsi avanti. Al contempo, bisogna recuperare speranza e capacità di pensare e agire insieme.
“MILANO DEVE RIPARTIRE DAL NOI”
Se si parla di speranza, allora bisogna anche volgere lo sguardo al futuro, ma, per Delpini, c’è la tendenza, non solo a Milano, a considerare i bambini quasi un fastidio, invece di un bene da accogliere. «Mi sembra però che si imponga con urgenza la domanda di ricostruire il soggetto comune “noi” a Milano».
Ma Delpini ritiene che la città abbia le energie per ripartire: a mancare sono speranza, fiducia e ambizione. «Mi pare si sia diffuso un sentire, e non parlo solo di Milano, che non trova simpatiche le prossime generazioni, ritiene troppo fastidioso curarsi dei bambini e non ritiene sia una priorità dare loro il benvenuto».
C’è poi un problema di generosità e ricchezza: se da un lato c’è molta apertura della gente comune alle opere della Chiesa, dall’altro l’arcivescovo si dice preoccupato per molti ricchi milanesi che non usano le loro risorse per fare del bene. «Non hanno anche loro un’anima da salvare?».
A proposito di opere, l’arcivescovo, a capo della Chiesa ambrosiana da sette anni, ha citato il Fondo Schuster, che affronta il problema abitativo unendo forze e risorse. Infine, descrive Papa Leone XIV come una persona semplice e rassicurante, dalle parole edificanti e dalla serenità profonda, chiamata a confrontarsi con le sfide del nostro tempo.