Settore bancario ancora in sofferenza ieri a Milano, con l’indice Ftse Mib che è arrivato a toccare un minimo intraday a quota 18.787 punti, appesantito dalle vendite appunto sui titoli bancari, innescate dalle dichiarazioni del presidente dell’Eba, Andrea Enria, a detta del quale gli istituti non dovrebbero sentirsi troppo al sicuro dopo gli stress test, anche quelli che li hanno superati: «La storia non finisce qui, anche per le banche che li hanno passati», ha chiosato Enria nel corso di una conferenza a Berlino. Dall’esito del “comprehensive assessment” della Banca centrale europea diffuso la scorsa domenica è emerso che circa una banca su cinque non ha superato gli esami sulla base delle condizioni di bilancio a fine 2013. Delle 25 bocciate su un totale di 131, 12 hanno però già coperto la carenza di capitale.
Questo non basta però a frenare i timori degli investitori, consci sia dello stato di salute reale delle banche, sia del fatto che i criteri utilizzati per gli stress test sono stati una farsa in piena regola. I problemi più consistenti poi si sono riscontrati proprio in Italia, Cipro e Grecia, ma il settore finanziario italiano è quello che più ha preoccupato con nove banche finite nel mirino: Banco Popolare, Bper, Bpm, Popolare di Sondrio, Popolare di Vicenza, Carige, Credito Valtellinese, Mps e Veneto Banca. Di queste solo due, Mps e Carige, sono state chiamate a nuove azioni per colmare la carenza di capitale rispettivamente pari a 2,11 miliardi di euro e 814 milioni: Bankitalia, infatti, già domenica scorsa ha precisato che, tenendo conto degli aumenti di capitale perfezionati tra gennaio e settembre di quest’anno e delle ulteriori misure di rafforzamento patrimoniale già approvate, le potenziali carenze di capitale si sono ridotte da 9,7 miliardi a 2,9 miliardi di euro, interessando soltanto l’istituto senese e quello genovese.
«Gli investitori non riescono proprio a trovare pace. Mentre l’esito dell’Asset quality review e degli stress test doveva essere una rassicurazione per il mercato, anche considerando il fatto che nel complesso il risultato è stato positivo, ora arrivano le parole del presidente dell’Eba che fanno ripiombare gli investitori nell’incertezza», ha commentato a caldo un gestore contattato dall’agenzia MF-Dowjones. «L’esito positivo dell’esame della Bce è una condizione necessaria ma non sufficiente per la ripresa del settore bancario. Servono segnali positivi da parte della ripresa economica prima che gli investitori riescano a superare le proprie paure e ad assumere posizioni importanti sul comparto. La situazione non può continuare in questo modo, la Bce dovrebbe intervenire», ha aggiunto un trader.
Inoltre, ad appesantire tutti i listini europei sono tornati anche i timori che aleggiano in Grecia. Gli investitori che detengono titoli obbligazionari ellenici, infatti, nei prossimi quattro mesi potrebbero ritrovarsi sulle montagne russe a causa della forte spinta politica verso le elezioni anticipate che il governo di Atene sta cercando faticosamente di contenere. Il primo ministro, Antonis Samaras, ha tempo fino al prossimo febbraio per mettere insieme una maggioranza parlamentare in grado di eleggere un nuovo Presidente per portare avanti il piano di salvataggio economico del Paese e scardinare l’intenzione del capo dell’opposizione, Alexis Tsipras, di spingere verso le elezioni anticipate.
Uno scenario inquietante, in grado di riproporre nuove fiammate speculative per il ripetersi dello stesso dilemma del 2012, quando l’adesione della Grecia alla moneta unica era appesa a un filo. Il primo ministro sta anche cercando di sganciarsi dal controllo dei funzionari europei e del Fondo monetario internazionale, che hanno imposto direttive e sorvegliato i tagli di bilancio accolti malamente dall’opinione pubblica, pur mantenendo sufficiente riserva finanziaria per “accontentare” gli investitori: «La realtà è che ci sarà un clima di incertezza fino a febbraio», ha dichiarato il ministro per le riforme greco, Kyriakos Mitsotakis, spiegando che la volatilità è causata dalla paura di elezioni anticipate e dalla possibilità che da queste elezioni possa uscire un vincitore non allineato alle direttive dell’Unione europea.
Insomma, un combinato niente male. Ma la realtà è anche un’altra e ben più seria. Con la Fed che ha ufficialmente chiuso il suo terzo programma di stimolo, gli investitori hanno scoperto chi è stato il principale beneficiario di quest’ultimo, di fatto uno stress test un filino più serio di quello di Bce ed Eba. Ed eccolo qui: nel primo grafico, vediamo come dalla partenza del Qe3 nel dicembre 2012 la Fed abbia immesso 1,3 triliardi di dollari di riserve nel sistema bancario statunitense, locale ma anche per le filiali di banche estere (soprattutto europee) operanti negli Usa. E cosa si scopre ulteriormente, grazie al secondo grafico? Che le piccole banche Usa hanno ricevuto praticamente zero, che le grandi banche come JP Morgan e soci hanno ottenuto poco meno di 600 miliardi di dollari e che le banche straniere (la gran parte europee) hanno ottenuto oltre 700 miliardi di dollari di extra-cash grazie alle riserve della Fed.
Quindi, cosa sarebbe stato degli istituti di credito europei senza gli 1,3 triliardi di dollari del terzo programma di stimolo della Fed? Come avrebbero passato gli stress test senza quei soldi? Se già oggi, nonostante la gran parte abbia ottenuto luce verde dai test farsa, le banche riescono ad affossare i listini, cosa sarebbe successo senza quel denaro? La domanda finale, poi, è un’altra: quanto sono davvero ridotti male i bilanci delle banche europee? Dal primo Qe in poi le riserve cash extra finite a banche straniere da parte della Fed corrispondono a 1,5 triliardi di dollari, circa metà della liquidità totale di tutti i programmi di stimolo: se ancora oggi le Borse ballano dopo gli stress test, qual è il vero grado di solvibilità delle nostre banche?
E attenti, perché la situazione può solo peggiorare, non lo dico io ma i freddi dati dell’istituto di statistica tedesco comunicati ieri, i quali parlano chiaramente di deflazione arrivata anche nella locomotiva d’Europa: nella regione del Brandeburgo il tasso di inflazione a ottobre era dello -0,3% dallo 0% precedente, in Assia -0,2% dal precedente 0,1%, in Sassonia -0,2% dal precedente 0,1% e in Baviera -0,3% dallo 0,1% precedente. E gli stress test sono stati compiuti con scenario inflattivo avverso per quest’anno dell’1%….