Erika Kirk ha preso il posto del marito alla guida di Turning Point Usa e potrebbe cambiare il quadro, diventando attrattiva per un elettorato femminile dem
Penn State vs Oregon University. College football. Forse la cosa più americana possibile: stadi grandi come quelli della serie A italiana, biglietti forse più costosi (salvo i settori riservati agli studenti, che entrano a prezzo politico), share TV poco sotto la NFL, la lega professionista. La zona riservata agli studenti dell’università della Pennsylvania è una marea chiara, tutti indossano la maglietta bianca con la scritta nera “Freedom”, che indossava Charlie Kirk quando è stato assassinato. Fuori dallo stadio i banchetti organizzati dalla Turning Point USA danno in omaggio la t-shirt agli studenti che lo richiedono e propongono la registrazione alle liste elettorali (negli USA se non sei registrato non voti).
Per capire cosa sta succedendo negli States è probabilmente più utile passeggiare per un campus universitario e andare ad una partita di football che leggere il New York Times per capire chi sarà il prossimo prossimo sindaco di New York. O forse, è necessario fare tutte e due le cose.
C’è un’America che sta cambiando: ci sono forze nuove che entrano in gioco in maniera potente. La morte di Charlie Kirk è stata una di queste: il suo tour nelle università, dove dibatteva le proprie idee con gli studenti, prosegue, condotto da nuovi speaker, legati alla sua associazione.
I primi due eventi sono stati sold-out. Stessa cosa per il suo podcast. La moglie Erika si sta facendo carico dell’eredità del marito, è diventata presidente di Turning Point USA e garantisce la continuità delle iniziative dell’associazione: “quanto costruito dalla vision e dal duro lavoro di Charlie continuerà”, dichiara Erika, “lo faremo 10 volte meglio, grazie alla sua memoria. I capitoli cresceranno, ne saranno costituiti migliaia di nuovi”.
Erika Kirk, un passato da sportiva e da modella, un presente da imprenditrice, conduttrice di podcast e madre di due figli, è vista come la figura che può completare Charlie: se il marito è stato in grado di coinvolgere migliaia di giovani uomini, forse la destra ha trovato una figura che può attrarre le giovani donne, che può aprire un varco all’interno di un elettorato tradizionalmente liberal, presentandosi come esempio di donna e di madre, profondamente religiosa ma bella ed elegante, attaccata alla famiglia ma anche vincente sul lavoro. Già c’è qualcuno che vede Erika Kirk impegnata direttamente in politica, magari addirittura candidata vicepresidente nel 2028.
Chi ha sempre seguito con attenzione Turning Point USA, ed è stato in grado si declinare il conservatorismo con un’accezione più vicina ai Millennials o addirittura all Gen Z, è il vicepresidente J.D. Vance. Recenti sondaggi lo danno come favorito ad eventuali primarie repubblicane per le presidenziali del 2028, staccando tutti i possibili rivali con una maggioranza del 44%; lo steso presidente Trump, quando gli hanno chiesto se Vance sarà il candidato repubblicano nel 2028, ha risposto, “penso molto probabilmente di sì”.
Il fronte democratico è invece spaccato: un sondaggio sulle prossime primarie dà in leggero vantaggio il governatore della California, Gavin Newsom, con il 23%, seguito da Kamala Harris al 19% e con in terza posizione la pasionaria di Brooklyn, Alexandria Ocasio-Cortez, all’8%.
Oltre a faticare a trovare un leader che possa guidare l’opposizione, il mondo dem fatica ad unirsi sulle modalità: frange estreme hanno nelle ultime settimane alzato il livello dello scontro, con insulti e volgarità rivolti a Kirk e ai suoi sostenitori, ma anche con manifestazioni violente e blocchi stradali contro l’ICE, l’agenzia federale che controlla l’immigrazione, dando così spazio a Trump per dichiarare terroristica l’organizzazione Antifa e inviare forze federali in diverse città per ristabilire l’ordine.
I politici democratici sono stretti tra la richiesta di sicurezza e di ordine, che viene dal loro elettorato, e il sostegno alle piazze che si oppongono alle politiche del governo federale, faticando a star dietro ai continui interventi del presidente.
Nel frattempo il Partito democratico sta cercando, come anche i colleghi repubblicani, di riorganizzarsi a livello locale, per preparare l’importante tornata elettorale di midterm, prevista a novembre 2026, tornata che è tradizionalmente favorevole alle opposizioni ma che il prossimo anno potrebbe regalare sorprese.
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