Bufera sui sacerdoti della parrocchia Pier Giorgio Frassati di Torino: fedeli scrivono mediante un avvocato al Vaticano per denunciare pratiche medievali
“Dio punisce col Covid chi sbaglia”: sono affermazioni pesanti quelle che sarebbero state pronunciate da alcuni sacerdoti della parrocchia del beato Pier Giorgio Frassati a Torino, in via Pietro Cossa 280. Il condizionale è d’obbligo, perché sulla questione è stato aperto un fascicolo in Vaticano a seguito delle testimonianze raccolte (unitamente a una serie di documenti) e presentate da alcuni fedeli esasperati, i quali per mesi avrebbero cercato invano di dialogare e di confrontarsi con monsignor Cesare Nosiglia, arcivescovo del capoluogo sabaudo.
A darne notizia è stato il quotidiano “La Repubblica”, che ha riportato in un servizio dettagliato anche altre pratiche sconvolgenti che riguarderebbero la sopra menzionata parrocchia: si tratta, più specificatamente, di esorcismi risalenti a Leone XIII, del catechismo di Pio X, della discendenza diretta da Adamo ed Eva, di cui avremmo ancora le tracce nel Dna. E ancora: la Comunione può essere fatta soltanto in bocca, senza toccare l’ostia con le mani. Guai, poi, a chi non si presenta a Messa: finirà dritto all’inferno.
SACERDOTI CHOC A TORINO: FEDELI SI RIVOLGONO AL VATICANO
La situazione connessa ai sacerdoti della parrocchia Pier Giorgio Frassati di Torino, secondo quanto scrive “La Repubblica”, avrebbe due registi ben precisi dal 2018 a questa parte: si tratta dei padri Giuseppe Calvano e Danilo Palumbo, religiosi del Verbo Incarnato, congregazione fondata dall’argentino Carlos Miguel Buela (condannato da Papa Francesco per abusi sessuali). Il dossier dei fedeli, che consta di circa quaranta pagine, è stato spedito da un avvocato della città piemontese presso l’ex Sant’Uffizio a Roma. Peraltro, questa vicenda era stata preceduta da un episodio che aveva fatto molto discutere un paio d’anni fa, quando il prete della medesima chiesa aveva negato l’accesso a un cane in occasione dei funerali del suo proprietario, nonostante le proteste di parenti e amici presenti. “Le regole sono chiare – aveva detto il religioso in tale circostanza –: non si possono portare animali in chiesa, lo sapeva anche San Francesco”. Pavel (questo il nome del quattrozampe) era stato costretto a rimanere all’esterno dell’edificio sacro, emettendo latrati di disperazione. Soltanto al termine delle esequie gli era stato possibile dare l’ultimo saluto al suo padrone, deceduto all’età di 84 anni.