"Divorzio islamico non è valido" moglie bengalese vince ricorso/ Comune Ancona si era opposto a cancellazione
Il divorzio islamico non è valido: il ripudio non solo non vale per “liberare” dal vincolo matrimoniale, ma è pure discriminatorio. Lo ha deciso la Corte d’Appello di Ancona, accogliendo il ricorso di una 35enne bengalese. Il marito 44enne voleva risultare divorziato nei registri dello stato civile, quindi ha chiesto di aggiornare i documenti, ma i giudici hanno stabilito che il Comune di Ancona deve cancellare l’annotazione richiesta, perché la coppia va considerata ancora sposata.
La corte ha anche rimarcato il mancato rispetto del principio dell’ordine pubblico processuale, in quanto non sono stati garantiti né il diritto di difesa della moglie né è stato garantito il contraddittorio. Ciò vuol dire che sono stati lesi i diritti della donna bengalese: il ripudio non è riconosciuto dalla giustizia italiana.
SENTENZA ANNULLA DIVORZIO ISLAMICO PER RIPUDIO
La coppia si era unita in matrimonio nel 2008 in Bangladesh e ha due figli. Dieci anni dopo la loro relazione è naufragata a causa dei comportamenti del marito nei confronti della moglie. Infatti, il 44enne era stato condannato per maltrattamenti in famiglia a causa dei suoi comportanti ritenuti violenti e vessatori. Infatti, era stato attivato il programma di protezione ed era stata trasferita in una struttura con i suoi figli ora adolescenti.
Quando poi la donna ha deciso di procedere con la separazione, ha scoperto che il marito in realtà aveva già divorziato da lei con rito islamico, in base a cui è possibile per ripudio. L’uomo sosteneva di non essere stato trattato da marito e di essere stato tradito, ma lamentava anche che la moglie fosse insubordinata, perché non si prendeva cura di lui. Nello specifico, è sufficiente pronunciare la frase “ti ripudio” tre volte per far scattare il divorzio islamico, anche se il coniuge non ne è a conoscenza.
La 35enne, quindi, ha provveduto a richiedere che l’annotazione sui registri comunali dello stato civile venisse eliminata, del resto il divorzio islamico per ripudio emesso in Bangladesh non rientra nell’ordine pubblico italiano e internazionale, inoltre non rispetta i principi costituzionali. “Io ora sono libera, ma altre non hanno questa fortuna e io mi batto anche per loro“, ha dichiarato la donna dopo la lettura della sentenza.
COMUNE DI ANCONA SI ERA OPPOSTO ALLA CANCELLAZIONE DEL DIVORZIO ISLAMICO
A sorprendere è che il Comune di Ancona abbia registrato il divorzio per ripudio islamico, avvenuto all’estero, infatti i legali della donna hanno rimarcato che non ci sono stati controlli. Inoltre, il Comune si era pure opposto alla cancellazione del divorzio, perché riteneva legittimo il suo operato. Invece, i giudici hanno accolto le argomentazioni dei legali della moglie, secondo cui il “provvedimento oscurantista” è irricevibile per l’ordinamento italiano. Per i legali questa pronuncia impone una riflessione sulla compatibilità delle regole di altre culture con i valori della cultura giuridica italiana.
