Erika Kirk, dopo la morte del marito, teneva in mano un rosario. La foto è stata “corretta” dal "New York Times". Chi sta sfidando chi?

“Un’immagine vale mille parole” è un cliché diventato motto della cultura mediatica contemporanea. Ma l’immagine deve poi essere commentata e spiegata, dunque le parole tornano in gioco. Una delle prime foto, alcuni giorni or sono, della signora Erika Frantzve nel corteo di automobili che la conduceva verso i resti di suo marito Charlie Kirk, mostrava questa donna accasciata sul sedile posteriore dell’automobile e quasi invisibile, ma con una mano che si protendeva sul bordo dell’auto, mostrando chiaramente un rosario arrotolato fra le dita.



Il dettaglio era ben visibile nella foto pubblicata nel Washington Post; ma nella stessa foto pubblicata nel New York Times l’immagine era stata, per così dire, invisibilizzata: tutto quel che si vede nella mano di Erika adesso è una piccola placca informe, somigliante alle targhette che si danno come premi scolastici.



Il gesto della donna era chiaramente calcolato, era “in posa” (come confermato più tardi in un’altra fotografia del Washington Post che mostra le due signore in nero, Erika e Usha, che scendono la scaletta dell’aereo seguite a rispettosa distanza da J.D. Vance, marito di quest’ultima: anche qui il rosario è ben visibile, nella mano di Erika stretta alla ringhiera della scaletta).

Attenzione: “posa” non è qui usato come sinonimo di “atteggiamento insincero”, ma indica un gesto che trasmette un messaggio di cui l’autore o autrice è ben consapevole (colei che lo ha compiuto è stata una modella, dunque una persona attenta all’importanza comunicativa di ogni movimento); e che dunque ha tutto il diritto – morale ed estetico – di sottolinearlo.



Fa parte, insomma, di quella libertà d’espressione che adesso tutti sembrano aver riscoperto, come desiderio e problema, proprio nel caso Charlie Kirk. E il photoshopping (come si usa dire) del New York Times, era beninteso altrettanto calcolato: quell’offuscamento era parte della posa “laica” venata di un certo animus anticattolico che, salvo pochissime eccezioni, è tipica del quotidiano newyorchese.

Perché tutta questa analisi di un paio di fotografie? Perché così si introduce concretamente un tema che altrimenti potrebbe apparire troppo astratto: la fondamentale importanza dell’elemento spirituale in questo assassinio politico, che in certo modo ci ha costretto a un confronto più serrato del solito fra il mondo nordamericano e quello italiano.

Donald Trump e il vice J.D. Vance alla Casa Bianca (ANSA-EPA 2025)

Il rosario è un emblema essenzialmente cattolico, dunque non appartiene alle radici della spiritualità evangelica che è il terreno di Kirk e del suo movimento; ma è diventato uno degli indizi di quel ravvicinamento fra religiosità protestante e religiosità cattolica che è un fenomeno a cui fare attenzione, oggi, negli Stati Uniti. E qui il problema si allarga.

Torniamo, per un’ultima volta, al rosario. Che nell’Italia contemporanea è, osiamo dire, un po’ fuori moda, quasi anacronistico, come si è visto quando esso è apparso ostentatamente, qualche anno fa, al pugno di un noto uomo politico; gesto subito accolto dalla parte progressista con vari sghignazzi.

Ma appunto, questo oggetto lievemente incongruo è in quanto tale adatto a simboleggiare l’opposizione tra i due modi di (difficile) sopravvivenza dell’umanesimo sui due lati dell’oceano: umanesimo cristiano (stereotipato come “destra”) in Usa, e transumanesimo secolare (stereotipato come “sinistra”) in Europa e in special modo in Italia (per contrasto rispetto a quel piccolo Stato straniero che è il Vaticano).

Lo scrittore e commentatore cattolico Ross Douthat, che periodicamente appare sulle colonne del NYT – la minoranza di cui si diceva –, ha più volte notato che il secolarismo europeo è l’eccezione piuttosto che la regola, sulla scena internazionale. E infatti l’assassinio di Kirk è stato visto in Italia quasi esclusivamente attraverso la lente della politica, mentre in USA non si è dimenticato l’elemento religioso. Diciamolo meno formalmente: il ruolo dell’anima.

Ma in realtà la situazione è ancora più complicata (i contrasti importanti non sono mai completamente simmetrici). Perché negli Stati Uniti l’umanesimo dell’anima è soprattutto – non esclusivamente – appannaggio dei conservatori, ma esiste anche il transumanesimo secolaristico: soprattutto – non esclusivamente – come prerogativa dei cosiddetti leftists.

Ecco perché, a parte la nazionalità dell’ucciso, è negli Stati Uniti piuttosto che in Italia che è subito esplosa quella che si può definire una guerriglia culturale. Da non confondere con la cosiddetta “guerra civile” il cui spettro da qualche tempo viene agitato in Usa. Ma l’idea fantomatica della guerra civile americana esiste soltanto come modo indiretto di esprimere il misto di paura e odio – l’odio, si sa, nasce soprattutto dalla paura – proveniente in particolare dagli ambienti che non hanno ancora compreso la complessità, a parte ogni reazione politica spicciola, di quello che il presidente Trump e il suo gruppo di governo rappresentano.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI