CASO MPS/ Bertone: Governo e banche, ecco la lista dei nuovi “buchi”

- int. Ugo Bertone

Con UGO BERTONE commentiamo le parole del ministro dell'Economia uscente, Vittorio Grilli, nel corso di una relazione alle Commissioni finanze di Camera e Senato riguardo il caso Mps

Grilli_MicrofonoR439 Infophoto

In un momento come questo “è indispensabile non insinuare dubbi sulla solidità del nostro sistema”, ha  detto il ministro dell’Economia Vittorio Grilli riferendo dinanzi alle commissioni Finanze di Camera e Senato sulla situazione del gruppo Monte dei Paschi di Siena. “Senza voler minimizzare atti di gestioni improprie e illeciti fatti in passato dal management di Mps”, ha voluto sottolineare Grilli, i 3,9 miliardi di Monti bond che il governo ha liberato per l’istituto senese non si configurano come un salvataggio di una banca in default, ma come “un rafforzamento di capitale secondo gli standard innalzati in sede Eba”. «Grilli ha ragione riguardo il significato dell’intervento statale – spiega a IlSussidiario.net il giornalista economico Ugo Bertone – perché ormai sembra che Mps sia “in bonis”, che i Monti bond verranno restituiti e che quindi la situazione sia sotto controllo ormai da tempo, visto che non è emerso alcun buco ulteriore rispetto a quello di cui già si era a conoscenza. Però, d’altro canto, credo sia naturale nutrire una certa perplessità».

Come mai?

Perché in questo momento la banca toscana vale senz’altro meno del potenziale apporto in arrivo dai Monti bond, quindi è difficile stabilire chi sia attualmente l’effettivo proprietario del Monte dei Paschi. In questa situazione di incertezza, come è stato sostenuto da più parti, non sarebbe sbagliato procedere a una soluzione di stampo americano o inglese.

Facendo cosa?

Invece che mettere i soldi sottoforma di bond, caricando il conto economico della banca di interessi che difficilmente riuscirà a ripagare, lo Stato dovrebbe comprare temporaneamente la banca per poi rivenderla al momento opportuno, esattamente come avvenuto con le banche americane dopo il 2009. In Italia è stato deciso di fare una scelta che, più o meno, porterà alla stessa soluzione, ma con un percorso più tortuoso.

Crede quindi che la nazionalizzazione rappresenti al momento la strada migliore da percorrere?

Poteva essere la via maestra, anche se in realtà è difficile immaginare una soluzione di questo tipo in Italia. Il nostro è un Paese molto sensibile su questo terreno e la parola “nazionalizzazione” per certi versi preoccupa, come anche il fatto di agire in questo modo nei confronti di una banca con radici tanto solide. Potrebbe essere considerato uno shock.

Grilli ha poi detto che per Mps l’azione di vigilanza di Bankitalia è stata “continua, attenta, appropriata e si è intensificata nel tempo” a partire dal 2010. Cosa ne pensa?

E’ difficile stabilire se in casi come questi dobbiamo affidarci alla vigilanza oppure, se non di più, a un comune buon senso. A mio modo di vedere vi è stato un pressing da parte di Draghi a partire da un certo momento, rivelatosi poi certamente fruttuoso, visto che si è arrivati alla sostituzione dei vertici stessi. Bisogna però dire che, obiettivamente, la sensazione di sconfitta è molto forte.

Perché?

Sia perché ormai l’uso di strumenti tecnici più sofisticati permette di aggirare i controlli tradizionali, da quello della Banca d’Italia fino alla Consob, sia soprattutto perché, per motivi di opportunità politica o di semplice cecità, si è scelto di lasciar marcire una situazione che andava affrontata e risolta molto prima.

 

La sottoscrizione di nuovi titoli, ha sottolineato il ministro, assoggetterà Mps a “importanti e penetranti vincoli in termini di governance e operativita”. Di che tipo secondo lei?

Come dicevo, si è scelto di sostituire un prestito precedente con uno nuovo e di dare del tempo alla banca per prendere le sue decisioni, in parte già annunciate da Alessandro Profumo: innanzitutto l’abolizione del tetto del 4% al possesso azionario di tutti quei soggetti che non sono la Fondazione e, probabilmente, la rimozione di numerosi condizioni e vincoli nella gestione di partecipazione, oltre che di quella ragnatela che in questi anni è stata creata per spremere un po’ di liquidità qua e là. Non dimentichiamo che tutta questa fase di decantazione e di rimozione servirà a snellire e a ristrutturare la banca per renderla più “appetibile”.

 

Cosa significa appetibile?

Significa che alla fine, e in questo Profumo è stato molto esplicito, visto che la Fondazione non sottoscriverà l’aumento di capitale da un miliardo, sarà necessario offrire garanzie a un socio finanziario forte affinché entri e prenda in mano le leve del comando. Che si faccia quindi finita con quella che sembra essere la regola seguita fino a oggi, cioè ipotizzare, per raccogliere un miliardo, l’entrata di 10 soci da 100 milioni o di 20 da 50 milioni, meglio ancora se coinvolti in attività in qualche modo istituzionali. Basta con questo meccanismo di collusione a qualunque livello al termine del quale, di fronte a una banca di tale importanza, bene o male ci si può sempre mettere d’accordo.

 

Quanto deve temere adesso un risparmiatore che possiede titoli Mps?

Il risparmiatore in questo momento ha di fronte un business plan in via d’attuazione che credo sia abbastanza convincente. Se quindi il Monte dei Paschi troverà un suo equilibrio di gestione, liberandosi di tutto ciò che è eliminabile, bene o male potrà riprendere la sua strada senza troppi problemi. Certo, la situazione è per certi versi molto delicata e complessa.

 

Cosa intende dire?

Non dimentichiamo che, tra i tanti “misfatti” dell’amministrazione precedente, qualcuno (non solo Mussari) chiese ai soci dipendenti di investire parte del Tfr in azioni Mps, quando queste valevano ovviamente molto più di adesso. Ci sono quindi migliaia di lavoratori e di pensionati del Monte dei Paschi che, facendo quello che ritenevano un gesto doveroso di fiducia nei confronti della propria banca, si sono ritrovati tutto a un tratto gabbati.

 

Qual è lo stato di salute del sistema bancario italiano e quanto ha influito negativamente la vicenda Mps?

Il sistema del credito sta senza dubbio molto meglio rispetto a un anno fa, soprattutto perché si sono riattivati i canali interbancari e perché, se un anno fa nessuno ci prestava un euro, la settimana scorsa, per esempio, Banca Intesa ha chiesto una cifra largamente superiore al miliardo e ha ricevuto una risposta da 400 banche. Questo è senza dubbio un effetto meccanico del rimbalzo dei Btp, quindi dobbiamo tutto a Mario Draghi. Lo scorso anno, a causa della crisi e di una gestione “disinvolta” del passato, le banche italiane hanno dovuto aumentare gli accantonamenti per rischi più di quanto fatto nella somma dei due esercizi precedenti: temo che anche quest’anno dovranno fare qualcosa del genere e, per far fronte a una situazione talmente delicata, occorrerà stringere i denti e prepararsi certamente a un anno non di gloria.

 

Cosa produce lo scandalo Mps in termini di reputazione europea?

Tornando al discorso che facevamo all’inizio, non credo che la cosa più drammatica sia aver visto Mussari alla presidenza dell’Abi, ma soprattutto che pochi mesi fa, quando chiunque possedeva ormai gli elementi per capire che ci si trovava di fronte a una situazione estremamente delicata, sia stato riconfermato all’unanimità, senza che Bankitalia alla fine potesse andare al di là di una generica “moral suasion” per chiedere se fossero pazzi a decidere una cosa del genere. Poi, visto che per una logica dell’alternanza che non mi spiego a un banchiere della cosiddetta area “grandi banche” deve succedere uno delle piccole banche, ecco che arriva uno come Patuelli a dover gestire un sistema del genere, che si trova in un passaggio a metà del guado di questa importanza. Questa è la reputazione che ci stiamo facendo. 

 

(Claudio Perlini)





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