Pare che il governo abbia mantenuto le promesse. L’accordo sull’Imu è stato raggiunto, soddisfa tutti e, in particolare, viene considerato dal Pdl come propria vittoria. D’altro canto, un provvedimento non soddisfacente, avrebbe facilmente rappresentato il preludio ad una crisi di governo. A prescindere dalla vicenda giudiziaria di Berlusconi. Intestarsi la battaglia sulla prima casa, e rimuovere la fiducia a Letta per non aver garantito i proprietari di abitazioni, avrebbe potuto rappresentare per il Pdl il miglior biglietto da visita elettorale in caso di urne anticipate. Questo, almeno, pare che fosse il ragionamento. Invece, tutto si è risolto per il meglio. La prima rata dell’odiata imposta è stata annullata, per la seconda il governo si è impegnato a trovare le risorse entro metà ottobre. Tutto a posto. O forse no. Perché l’anno prossimo arriva la Service Tax. Letta, mettendo le mani avanti, ha spiegato che «non si tratterà di un’Imu mascherata». E’, invece, proprio quello che sembra. L’imposta, infine, continua a gravare sulle attività produttive. Abbiamo fatto il punto sulla situazione con Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre.
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Cosa ne pensa del provvedimento del governo?
C’è da dire, intanto, che hanno mantenuto una della promesse fatte al momento dell’insediamento. Per il momento, hanno abolito una rata. L’85 per cento degli italiani, non paga. Mi pare una buona notizia. Resta da capire cosa faranno a fine anno, e se riusciranno ad abolire anche la seconda.
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Ce la faranno?
C’è da sperare che trovino le risorse. Di sicuro, il provvedimento, di per sé, potrebbe contribuire a reperirle.
Cosa intende?
Si tratta di un decreto che va nella direzione della ripresa. Da solo, ovviamente, non basta. Tuttavia, rappresenta un segnale positivo per la ripresa dei consumi. E questa crisi, va ricordato, è anzitutto una crisi di consumi interni. Se essi non ripartono, non riparte la produzione e, quindi, non riparte l’occupazione. Il 98% delle aziende italiane, infatti, lavora per territorio, anche se buona parte di esse riesce anche ad esportare.
A tal proposito, come valuta il fatto che l’Imu sulle attività produttive non sia stata eliminata?
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E’ un problema enorme. Se gli italiani hanno qualche soldo in tasca per consumare, ma le aziende chiudono perché sono vessate, oltre che dalla crisi, dall’Imu e dalla Tares, siamo al punto di partenza. Basti pensare che ci sono dei casi in cui l’Imu per le aziende ammonta a 5mila euro, la Tares al triplo. Di recente, due imprenditori di Rovigo già sopraffatti dalla mancanza di produttività, in procinto di chiudere, si sono trovati costretti a dover pagare 20mila euro tra imposta sugli immobili e sui rifiuti.
C’è il rischio che, l’anno prossimo, l’Imu torni mascherata da Service Tax?
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Vigileremo affinché non sia così. Il 2 maggio Saccomanni ha dichiarato che usciti dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo, ci sarebbero stati tra gli 8 e i 10 miliardi a disposizione. Se, contestualmente, si entrerà nell’ottica di garantire l’ordine dei bilanci delle aziende municipalizzate attraverso il criterio dei costi standard, o se la questione delle pensioni d’oro sarà risolta tenendo conto dei contributi effettivamente versati da chi le percepisce, non sarà necessario istituire una Service Tax che corrisponda all’intero ammontare dell’Imu più la Tares.
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(Paolo Nessi)