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Home » Economia e Finanza » Fisco » Tasse » TASSE/ Il grande inganno della lotteria degli scontrini

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TASSE/ Il grande inganno della lotteria degli scontrini

In Portogallo si sta pensando di introdurre delle lotterie legate agli scontrini fiscali: un modo per cercare di contrastare l’evasione. Il commento di GIUSEPPE BORTOLUSSI

Int. Giuseppe Bortolussi
Pubblicato 26 Febbraio 2014
Agenzia_Entrate2R439

Infophoto

In Portogallo stanno pensando di utilizzare gli scontrini fiscali dei registratori di cassa – tutti, da quelli del bar a quelli di qualsiasi altro negozio e perfino le fatture – per partecipare a lotterie di Stato. Per invogliare i cittadini a pretendere dai commercianti il rilascio della ricevuta a Lisbona hanno deciso di puntare su premi particolarmente accattivanti. Una di queste riffe metterebbe addirittura in palio 60 auto di grossa cilindrata. In questo modo, si dice, i comuni cittadini verrebbero coinvolti nella lotta all’evasione fiscale e sarebbe favorita l’emersione dell’economia nascosta che in quel Paese è stimata circa un quinto di quella nazionale. Per Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre, si tratta tuttavia di «corbellerie». Applicarla in Italia? «Banalità». Il vero problema è «la pressione tributaria (non quella fiscale) che da noi è al 30,2%, mentre in Germania è al 23,5%». Come mai? «È vero che c’è il debito pubblico. Ma quel debito arriva si e no a 3 punti; gli altri 4 da dove vengono? Sono sprechi».

Cosa ne pensa di questa trovata?

Corbellerie. Il Portogallo farebbe bene piuttosto a guardare la sua spesa pubblica.

Perché, questi meccanismi non aiutano a combattere l’evasione?

Dove sono stati introdotti non hanno funzionato. E dopo qualche anno li hanno ritirati. Anche perché in molti ambienti risultavano addirittura zero redditi, quindi zero tasse, perché avevano tutto coperto dalle spese. In più…

In più?

In molti paesi il costo della burocrazia è raddoppiato. Perché poi quegli scontrini li devi conservare: è l’altra faccia della riffa. Non sono queste le soluzioni. Anche in Bolivia e in altri paesi, come la Cina, che hanno adottato questi sistemi, l’ho scritto nel mio libro Evasori d’Italia, sono aumentate burocrazia ed evasione; hanno scoperto anche loro le cosiddette “cartiere”, quelle che fabbricano fatture e scontrini false. Questo è quello che è successo un po’ dappertutto. Le faccio un altro esempio.

Prego.

In Italia, su 2 milioni di aziende che avevano fatto le pratiche per il risparmio energetico, una minoranza, circa 11mila, sono state visitate dalla Guardia di Finanza con l’Operazione Pandora ed è stato scoperto che 8mila erano evasori totali. Cioè, facevano la fattura, ma non la riportavano nella dichiarazione dei redditi.

Cosa occorre secondo lei?

L’unica cosa che funziona, secondo me, è che le tasse siano congrue: più basse le tieni, più te le pagano. Devono essere sufficienti a pagare i servizi. La gente invece ha un’altissima percezione dell’ingiustizia: se io le pago per garantire lo stipendio a qualcuno che non lavora, se io le pago ma non mi danno i servizi, allora la gente paga malvolentieri. Dove invece ha servizi buoni paga volentieri. Nessuno sfugge. Dobbiamo domandarci perché c’è gente che per mandare avanti il proprio ospedale è disposta ad autotassarsi. Come mai? Se il servizio è buono i cittadini scendono anche in difesa dell’istituzione.

Se si facesse un calcolo, in Italia quanto emergerebbe di sommerso con l’adozione di uno strumento del genere? E quanto incasserebbe lo Stato?

Sono banalità. Anche perché in Italia dal 1998 ci sono gli studi di settore. Lo Stato cioè decide quali sono i tuoi ricavi puntuali. Se decide che il tuo ricavo è 50mila euro, ti puoi trovare sotto o sopra quella cifra, puoi aver guadagnato di più o di meno, ma lo Stato ti chiede quelli. Dal 1998 sono passati 15 anni, lo Stato ha affinato le tecniche statistiche, ha rivisto per ben tre volte gli studi di settore e ci sono segnali di crisi. Ora, quante persone guadagnano più di quanto prevede lo Stato? E lo Stato per recuperare eventualmente quel di più, dovrebbe concedere degli sconti anche su quello che uno paga in base agli studi di settore.

 

Cioè?

Mi spiego. Mettiamo che uno guadagni 60mila, 10 in più di quanto previsto. Per essere sicuro che quella persona paghi quel 10 in più, lo Stato dovrebbe concedere lo sconto su tutti e 60, anche sui 50 che quella persona paga. Evidentemente non conviene. Ho fatto i conti e dico che non conviene. C’è anche un’altra considerazione da fare.

 

Quale?

Come mai in Italia la pressione tributaria – imposte tasse tributi, anche se tutti parlano di quella fiscale, perché fanno confusione – cioè tutto il nostro sacrificio per pagare i beni comuni è al 30,2%, mentre in Germania è al 23,5%? Lì sta il problema.

 

Come si può risolvere questo problema?

Se noi abbassassimo di un paio di punti la pressione probabilmente molti di più pagherebbero o avrebbero meno incentivi a evadere. Molti meno. Il problema è che quando le tasse sono molto alte c’è quell’incentivo. Si dice: rischio – a volte perché non posso fare diversamente – ma perché mi conviene. Se fossero più basse, molto probabilmente sarebbe diverso. Resta da capire perché noi paghiamo circa 7 punti in più della Germania. È vero che c’è il debito pubblico. Ma quel debito arriva si e no a 3 punti; gli altri 4 da dove vengono?

 

Lo dica lei.

Sono sprechi. Se la gente vedesse che ci sono meno sprechi, pagasse meno tasse vedendo diminuire la pressione tributaria, questo Stato lo amerebbe sicuramente un po’ di più.

Tags: Giuseppe Bortolussi

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