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Home » Economia e Finanza » Economia UE » Economia Francia » RENZI-UE/ Antonio Martino: l’Italia resta schiava di Germania e Francia

  • Economia Francia
  • Economia UE
  • Economia e Finanza

RENZI-UE/ Antonio Martino: l’Italia resta schiava di Germania e Francia

Int. Antonio Martino
Pubblicato 22 Marzo 2014
merkel_e_hollande_phixr

Angela Merkel e François Hollande (Infophoto)

"Il pareggio di bilancio? Demenziale se la spesa pubblica è al 55% del reddito nazionale". Così ANTONIO MARTINO commenta il tetto del 3% deficit-Pil. E su Renzi e l'Europa...

“Il nostro Paese non è in conflitto con l’Europa. Siamo l’Italia: l’atteggiamento subalterno e supino di venire in Europa con il cappello in mano io non ce l’avrò mai”, dice Matteo Renzi in trasferta Bruxelles. Antonio Martino, economista, esponente di Forza Italia ed ex ministro di Esteri e Difesa, però lo boccia: «Renzi ha detto che rispetteremo scrupolosamente gli impegni europei, senza neanche dire una parola sul fatto che quegli impegni sono poco sensati». Secondo Martino, urge, poi, ripensare l’intero assetto europeo, gestito ora da «ottusi burocrati che si sono arrogati il diritto di decidere per noi».


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Tra i sorrisini di Van Rompuy e Barroso (bollate come “fantasie” dal nostro premier) e il pieno sostegno per le riforme italiane da parte dello stesso presidente della Commissione europea, qual è la percezione di Renzi in Europa?

Non sono molto propenso ad attribuire eccessiva importanza alle sensazioni che si raccolgono dai sorrisi e dalle cose dette o non dette. Qui abbiamo un chiaro problema…


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Che sarebbe?

Dobbiamo ripensare l’intera costruzione europea. Io credo nell’Europa, ma quello che è stato fatto in suo nome dopo le conferenze di Messina (1955), di Venezia (1956) e ai trattati di Roma del ‘57 non ha quasi nulla a che vedere con l’ideale europeo originario. Per quale motivo i paesi membri devono, tutti, seguire delle regole di politica tributaria e di bilancio imposte da un insensato accordo intergovernativo? Nessuno. Negli Usa, per esempio, ogni singolo Stato segue la politica che gli è più consona. E lì non è mai venuto in mente ad alcuno che se uno Stato non riesce a collocare sul mercato i suoi titoli di debito pubblico debbano provvedere i cittadini di altri stati a comprarli.


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Renzi in trasferta a Bruxelles ha detto: “Né conflitti né sudditanza”…

La sudditanza dell’Italia nei confronti della Germania e della Francia c’è. Questi signori si arrogano il diritto di decidere per noi.

Ma quali sono le differenze rispetto a Letta? Renzi ha un quid in più?

Enrico Letta è un’ottima persona, ma si muove nel solco della tradizione di Beniamino Andreatta e Romano Prodi: è un europeista più rigido, all’antica. Renzi, dalla sua, è un anticonformista, ma da un punto di vista concreto non è che abbia fatto qualcosa di diverso da quello che avrebbe fatto l’ex premier. Renzi ha detto che rispetteremo scrupolosamente gli impegni europei, senza neanche dire una parola sul fatto che quegli impegni sono poco sensati.

Il programma economico italiano è in contrasto con i dettami dell’Ue o segue la linea?

Io credo che Renzi sia molto allineato alla linea dell’Europa. E mi dispiace perché essendo giovane potrebbe permettersi un po’ più di anticonformismo nelle cose, anziché nelle parole. Mi auguro che Renzi, che finora ha parlato molto bene – conquistando l’opinione pubblica-, faccia seguire i fatti.

Quali sono le riforme che interessano di più a Bruxelles?

Quello che facciamo in Italia deve interessare noi italiani. Di quello che pensano quelle persone a Bruxelles non mi interessa niente. La prima cosa che io farei è mettere ben in chiaro che devono essere gli italiani gli unici giudici del comportamento del nostro governo. La sovranità italiana esiste: non abbiamo intenzione di cederla e tantomeno di diventare una colonia di uno strano accordo intergovernativo in nome di un’Europa che ha tradito i suoi valori originari.

 

Veniamo alla questione dei fondi europei. Renzi tentò di usarli per il taglio del cuneo fiscale, ma gli han risposto picche. Perché? Chi si è impuntato?

Premessa: a suo tempo, non ho votato il Fiscal compact, convincendo un gruppo del PdL a non votarlo. Io batterei i pugni sul tavolo alla Margaret Thatcher dicendo: restituiteci i nostri soldi. Questi sono fondi che abbiamo contribuito a riempire: prima versiamo 100 e poi, se va bene, preleviamo 80. È una cosa sensata? Questi sono ottusi burocrati che sono stati abituati, da decenni, al fatto che i rappresentanti dell’Italia accettavano qualsiasi corbelleria venisse loro richiesta in nome dell’Europa. Noi ci siamo praticamente consegnati, con mani e piedi legati, a una servitù che non ha motivo di esistere.

 

È intenzione di Renzi chiedere che quegli stessi fondi europei vengano messi fuori dal patto di stabilità e che siano finalizzati al finanziamento di infrastrutture e dell’edilizia scolastica. Ci riuscirà?

Le possibilità di successo nel ragionare con persone fondamentalmente incapaci di farlo mi sembra che siano basse con chiunque.

 

E del tetto del 3% del deficit/Pil? Dal 2,6% Renzi vuole strappare un 0,2-0,3%…

È un’assurdità. Il pareggio di bilancio è sacrosanto quando la spesa pubblica è il 10% o il 30% del reddito nazionale, ma è demenziale quando la spesa pubblica è al 55%.

 

Barroso ha parlato del mercato europeo del lavoro, che faciliterebbe l’ingresso degli investitori stranieri, ovviamente anche in Italia, nei mercati nazionali. Indubbi vantaggi in termini di occupazione, ma ci sono anche rischi?

Faccio una premessa: conobbi Manuel Barroso nel 1994 quando era ministro degli Esteri del Portogallo e io il suo omologo italiano: lo consideravo allora una nullità e credo che sia diventato ancora peggio in tutti questi anni di pomposa presidenza dell’Unione europea. Comunque, qualsiasi intervento che possa liberare il mercato del lavoro dalle briglie in cui è stato bloccato fa bene all’economia e alle persone che cercano lavoro. I vantaggi sono per tutti. Se infatti abbiamo una disoccupazione alle stelle, oltre all’eccessiva fiscalità, è anche colpa delle eccessive restrizioni che sono poste in entrata e in uscita.

 

(Fabio Franchini)


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