TASSE/ Il teorema di Trump: ecco perché l’Italia diventerà un paese più povero
Il tema dell’inequality, emerso in campagna elettorale, non va eluso. Con le attuali élite al potere, avverte CHRIS FOSTER, si corre il rischio di acuire, e non di colmare, le differenze

Caro direttore,
c’è da augurarsi che il confronto post-elettorale sul governo italiano non faccia dimenticare alcuni interessanti spunti emersi più in campagna elettorale che dopo le elezioni. Le recenti interviste uscite sul Sussidiario, quella a Bertinotti e — prima delle elezioni — quelle a Dal Lago e a Luciani, mi fanno sperare che queste pagine possano ospitare e soprattutto incoraggiare un serio dibattito sul tema della disuguaglianza, “inequality”.
La parola “inequality” (la lascerei in inglese, visto che sarà la parola più dibattuta al mondo nei prossimi anni, credo) è da tempo prerogativa del pensiero progressista mainstream. Si tratta di una definizione che, nella sua fredda staticità, non esprime compiutamente la disastrosa e forse inarrestabile tendenza sociale a cui stiamo assistendo molto passivamente. I media mainstream, dal New York Times al Corriere della Sera e a Le Monde non favoriscono un dibattito critico ed evitano di osservare che dagli anni Novanta i grandi partiti di sinistra (e dunque le amministrazioni Clinton, Blair, Schröder, Brown, Obama-Clinton, Hollande) e i partiti europeisti di centro (Chirac, Merkel, Sarkozy) nel contesto delle Commissioni Ue di Prodi, Barroso e Juncker hanno impresso, dati alla mano, un’accelerazione impressionante al fenomeno della “inequality”, misurabile nelle più disparate forme di sintesi statistica: indici di concentrazione di ricchezza, differenza tra reddito del top 10% della popolazione rispetto al “bottom 10%”, eccetera.
Premi Nobel quali Krugman e Stiglitz hanno sempre avuto sensibilità per il tema in questione (soprattutto nel contesto della globalizzazione dei mercati), ma la loro quasi militanza per il lato democratico/progressista ha forse limitato l’oggettività e l’impatto delle loro ricette e proposte politiche.
Negli Stati Uniti il top 20% della popolazione possiede il 90% della ricchezza. Alcune stime, forse esagerate ma presentate e rilanciate aggressivamente nel periodo elettorale come pure l’anno scorso da New York Time e Washington Post (dichiaratamente pro Clinton), enfatizzavano il fattore “top 1%”: il massimo della “inequality” (wealth gap) è stato raggiunto nel 2016 con l’1% della popolazione in possesso del 50% della ricchezza Usa. Il fatto che un partito “di sinistra” possa perdere le elezioni contro un billionaire, in questo contesto di capitalismo degenerato e grandi media a favore, dimostra che il wealth gap è percepito dalla popolazione in modo non univoco. Durante la presidenza Obama c’è stata un’accelerazione di tutti gli indicatori di “inequality” e questo magari spiega molte cose.
Negli Usa la campagna elettorale del 2016 di Hillary Clinton si è focalizzata spesso sulla disparità del reddito e sulla tassazione del “top 1%” della popolazione. Il piano Clinton parlava di un aumento della marginalità del 4% per redditi superiori a 5 milioni di dollari e l’introduzione di una minimum tax del 30% sul reddito lordo superiore a 1 milione (imponendo, quindi, una limitazione alle varie deduzioni che negli Usa sono particolarmente vantaggiose per redditi alti e abbassano l’aliquota media effettiva). Quest’ultima misura era stata suggerita da Warren Buffett.
Nel tempio del libero mercato è logico che le differenze di “income” e “wealth” tra top 1% e valori mediani nazionali siano estreme e quindi facilmente utilizzabili a fini di propaganda politica. Negli Usa una tale misura di “inequality” è quindi insufficiente da un punto di vista della valutazione di equità sociale del paese. Per questo, quel tipo di messaggio semi-ideologico (“Non è accettabile che i super-ricchi paghino così poche tasse”) non è stato raccolto dalla middle e lower middle-class, che ha punito la Clinton votando il candidato che ha più correttamente interpretato il concetto più moderno di “inequality”. Forse Trump non ci ha pensato, ma è stato il primo politico a trarre vantaggio in qualche modo dall’idea che “inequality” non è un indice di concentrazione di ricchezza o di reddito, ma è una condizione di concentrazione delle opportunità (opportunità, non ricchezza!) in una sola classe sociale, lavorativa, community, o magari in una sola area geografica.
Trump è lontano dal diventare Nobel per l’economia, ma ha interpretato alcune dinamiche sociali meglio degli economisti di Harvard o Berkeley e meglio ancora dei suoi ricchi vicini di casa a Manhattan (come, per esempio, la famiglia Clinton). Anche per questo ha vinto.
Magari il Sussidiario concederà spazio a un dibattito sul tema, senza pregiudizi e con l’ambizione di affrontare in modo anche provocatorio e potenzialmente cinico domande quali: l’evasione fiscale c’entra con l’inequality? Una tassa patrimoniale o successoria riduce l’inequality? I politici socialisti e centristi hanno interesse a combattere l’inequality? Basse tasse universitarie contrastano l’inequality? Possono le istituzioni europee giocare un ruolo positivo in un contesto di classi politiche nazionali incapaci, corrotte e forse impotenti? Soprattutto: perché la classe politica leader di oggi in Europa e negli Usa forse non ha gli strumenti né un reale interesse a combattere l’inequality?
Se i piccoli spunti di questo articolo hanno senso, allora, caro direttore, concorderà con me sul paradosso che nell’Italia semidistrutta del secondo dopoguerra, con enormi disuguaglianze di ricchezza, di reddito e di scolarizzazione tra classi povere ed elevate come pure tra aree geografiche, c’era meno “inequality” di oggi. E purtroppo le attuali politiche economiche italiane ed europee ci portano a un rapido peggioramento della situazione. Siamo lontanissimi da un rallentamento di tale trend, purtroppo. Figuriamoci da un’inversione di tendenza.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Ultime notizie di Economia USA
-
GAS & ENERGIA/ Auto-razionamenti e meteo hanno salvato (per ora) l'Europa dalla crisi28.01.2023 alle 02:59
-
SPY FINANZA/ Le domande scomode sull'escalation Nato-Russia27.01.2023 alle 05:31
-
SPY FINANZA/ Le nuove prove di una guerra in Ucraina fatta per gli interessi Usa26.01.2023 alle 03:02
-
Ex agente FBI accusato di lavorare per un oligarca russo/ Pagamenti da Oleg Deripaska24.01.2023 alle 14:38
-
SCENARIO ITALIA/ Lo spettro della recessione tra consumi in calo e tassi in rialzo24.01.2023 alle 00:40
Ultime notizie
-
Il Paradiso delle signore/ Anticipazioni 7 febbraio: Vittorio in crisi creativa07.02.2023 alle 10:40
-
Terra amara/ Anticipazioni 7 febbraio: i dubbi di Mujgan su Yilmaz07.02.2023 alle 10:05
-
DIRETTA/ Combinata Mondiali sci 2023 streaming video Rai: Pinturault 1°, Paris out07.02.2023 alle 12:01
-
Yana Malayko/ Il fidanzato Andrej: "Dumitru l'aveva già minacciata di morte"07.02.2023 alle 11:50
-
"C'è Giorgia con noi!": ma lei se ne va.../ Gaffe Eleonora Daniele a Storie Italiane07.02.2023 alle 11:42
I commenti dei lettori