Harvard, Dio torna nel curriculum
Con una mossa che ha subito scatenato un intenso dibattito nel mondo accademico, Harvard ha presentato la prima revisione dopo 30 anni dei piani di studi, con una sorpresa: la creazione di una serie di corsi obbligatori su ‘Ragione e Fede’
Il tempio laico della cultura americana si è scoperto «profondamente secolare» e i suoi custodi hanno deciso che è il momento di riportare Dio nel curriculum. Con una mossa che ha subito scatenato un intenso dibattito nel mondo accademico, Harvard ha presentato la prima revisione dopo 30 anni dei piani di studi, con una sorpresa: la creazione di una serie di corsi obbligatori su ‘Ragione e Fede’.
È la prima volta dagli anni Settanta che la più prestigiosa università americana ridisegna il curriculum e ad Harvard si sono fatti sentire gli effetti dei dibattiti che caratterizzano l’inizio del XXI secolo. ‘Ragione e Fede’, la nuova area di studi proposta, è un’innovazione nel mondo universitario laico degli Usa.
«Credo che 30 anni fa chiunque avrebbe detto che la religione non è qualcosa che ciascuno deve conoscere – ha detto il professor Louis Menand, co-presidente della commissione che ha preparato il nuovo curriculum – ma oggi pochi possono non essere d’accordo con il fatto che la religione è enormemente importante nella vita moderna».
L’idea di Harvard è quella di fornire agli studenti, prima che si avventurino nelle specializzazioni, una gamma di corsi che approfondiscono i “credo” religiosi, il rapporto tra la fede e le tematiche di politica estera e la relazione tra scienza e religione. Da anni Harvard cercava di aggiornare il curriculum, ma sotto la guida del precedente rettore Lawrence Summers l’obiettivo era soprattutto quello di rinnovare l’attenzione per le scienze. Adesso il progetto è stato portato a termine dal suo successore ad interim, Derek Bok, ma c’è stata una sorpresa: le materie scientifiche sono state lasciate più o meno immutate, mentre è stato aperto lo scenario degli studi su fede e ragione.
Il curriculum prevede, per la scelta di 10 corsi generali obbligatori, una gamma assai più ampia dell’attuale di materie di ampio respiro sul piano storico e culturale e un maggior approfondimento sulla politica estera. La commissione, nel sottolineare che gli insegnamenti accademici tradizionali sono oggi troppo “secolari”, ha sostenuto che i corsi generali devono servire «a insegnare agli studenti di Harvard la vita fuori da Harvard e aiutarli a capire la complessità del mondo».
Il dibattito si è già allargato al resto delle università americane, che seguono sempre con grande attenzione ciò che fa Harvard. Padre John Jenkins, rettore della University of Notre Dame – il più importante ateneo cattolico d’America – con un editoriale sul Washington Post ha accolto con entusiasmo il passo di Harvard. «Se Harvard dice che seguire un corso sulla religione è necessario per essere una persona veramente istruita, si può scommettere che presto molti altri college e università faranno la stessa scoperta».
Per Jenkins è vero che il mondo accademico è oggi troppo secolare, «ma non è sempre stato così. Per secoli studiosi, scienziati e artisti sono stati d’accordo nel ritenere che le convinzioni di fede fossero totalmente compatibili con i livelli più alti di ragionamento, domanda e creatività». Nei secoli più recenti, annota Jenkins, la fede «è stata marginalizzata o cacciata» dalle università. I nuovi corsi di Harvard sarebbero ora «un passo gradito verso un ritorno della fede nel mondo accademico».
È la prima volta dagli anni Settanta che la più prestigiosa università americana ridisegna il curriculum e ad Harvard si sono fatti sentire gli effetti dei dibattiti che caratterizzano l’inizio del XXI secolo. ‘Ragione e Fede’, la nuova area di studi proposta, è un’innovazione nel mondo universitario laico degli Usa.
«Credo che 30 anni fa chiunque avrebbe detto che la religione non è qualcosa che ciascuno deve conoscere – ha detto il professor Louis Menand, co-presidente della commissione che ha preparato il nuovo curriculum – ma oggi pochi possono non essere d’accordo con il fatto che la religione è enormemente importante nella vita moderna».
L’idea di Harvard è quella di fornire agli studenti, prima che si avventurino nelle specializzazioni, una gamma di corsi che approfondiscono i “credo” religiosi, il rapporto tra la fede e le tematiche di politica estera e la relazione tra scienza e religione. Da anni Harvard cercava di aggiornare il curriculum, ma sotto la guida del precedente rettore Lawrence Summers l’obiettivo era soprattutto quello di rinnovare l’attenzione per le scienze. Adesso il progetto è stato portato a termine dal suo successore ad interim, Derek Bok, ma c’è stata una sorpresa: le materie scientifiche sono state lasciate più o meno immutate, mentre è stato aperto lo scenario degli studi su fede e ragione.
Il curriculum prevede, per la scelta di 10 corsi generali obbligatori, una gamma assai più ampia dell’attuale di materie di ampio respiro sul piano storico e culturale e un maggior approfondimento sulla politica estera. La commissione, nel sottolineare che gli insegnamenti accademici tradizionali sono oggi troppo “secolari”, ha sostenuto che i corsi generali devono servire «a insegnare agli studenti di Harvard la vita fuori da Harvard e aiutarli a capire la complessità del mondo».
Il dibattito si è già allargato al resto delle università americane, che seguono sempre con grande attenzione ciò che fa Harvard. Padre John Jenkins, rettore della University of Notre Dame – il più importante ateneo cattolico d’America – con un editoriale sul Washington Post ha accolto con entusiasmo il passo di Harvard. «Se Harvard dice che seguire un corso sulla religione è necessario per essere una persona veramente istruita, si può scommettere che presto molti altri college e università faranno la stessa scoperta».
Per Jenkins è vero che il mondo accademico è oggi troppo secolare, «ma non è sempre stato così. Per secoli studiosi, scienziati e artisti sono stati d’accordo nel ritenere che le convinzioni di fede fossero totalmente compatibili con i livelli più alti di ragionamento, domanda e creatività». Nei secoli più recenti, annota Jenkins, la fede «è stata marginalizzata o cacciata» dalle università. I nuovi corsi di Harvard sarebbero ora «un passo gradito verso un ritorno della fede nel mondo accademico».
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