Come si deve comporre un’opera storica (par. 41-42)
«Ecco dunque come deve essere secondo me lo storico: sia impavido, incorruttibile, libero, amico della franchezza e della verità, uno che – come diceva quel comico – chiama fichi i fichi, e barca la barca, uno che mai per odio o per amicizia sia spinto a concedere o negare, a commiserare o vergognarsi o disprezzare; giudice giusto, benevolo con tutti mai fino al punto di concedere ad una parte più di quanto meriti, che quando scrive non ha patria né città, che non ha un sovrano, e non sta a chiedersi cosa piaccia a costui, ma riferisce quello che è accaduto.
Fu Tucidide a stabilire tutto questo, a distinguere virtù e vizio nella storiografia, vedendo che Erodoto era ammirato a tal punto che i suoi libri venivano addirittura chiamati Muse. Dice infatti di scrivere qualcosa che resti per sempre anziché per la gara del momento; dice di non apprezzare l’elemento favoloso ma di lasciare ai posteri il racconto veritiero di quel che è accaduto. E introduce il concetto dell’utile, di ciò che qualunque persona assennata potrebbe indicare come fine dell’opera storica: che cioè, come dice, se capitassero di nuovo situazioni simili, ci si potrà giovare nella situazione presente guardando a ciò che è stato scritto prima».
Ritorna Luciano, come autore prescelto per la seconda prova dell’Esame di Stato: scrittore poligrafo vissuto nel II sec. d.C, dallo stile “elegantissimo” (la definizione è di Giacomo Leopardi), ammirato dagli umanisti di ogni epoca per il periodare agile e spigliato.
Il testo proposto agli esaminandi del 2008 è piuttosto noto: compare di solito nelle antologie in uso nelle scuole.
Il brano è tratto da un libello polemico sul giusto modo di scrivere la storia composto da Luciano nel 166 d.C.. La prima parte, più lunga, è dedicata a ciò che si deve evitare, con esempi tratti dalle varie storie contemporanee sulla guerra romano-partica, infarcite di errori (fatti mai avvenuti, collocazioni geografiche arbitrarie, esagerazioni). Nei paragrafi 41-51 la pars construens, di tono teorico, con i precetti che lo storico deve seguire.
Dal punto di vista sintattico il brano non presenta difficoltà particolari; richiede però che lo studente sappia interpretare e sciogliere nel giusto modo i numerosi participi, con funzioni diverse, presenti nel testo.
Il lessico è chiaro, perspicuo. Quando cita Tucidide, Luciano riprende alla lettera termini ed espressioni presenti nel proemio dell’opera tucididea, che gli studenti dovrebbero ben conoscere.
Nel complesso una prova equilibrata: in ogni caso, i cellulari e la rete, nonostante i divieti, avranno dato una mano agli studenti in difficoltà.
Maria Adelaide Soro