E’ stato presentato lo scorso 10 luglio dalla Commissione Europea il 5° Rapporto annuale sui progressi compiuti dagli Stati Membri rispetto all’attuazione del programma “Istruzione e Formazione 2010”.
Le prestazioni dei singoli paesi sono misurate in rapporto a un quadro di 16 indicatori e di 5 benchmark riferiti ad alcune aree chiave: literacy in lettura, livello di istruzione, laureati in matematica, scienze e tecnologia, lifelong learning.
Come è stato sottolineato dal Commissario Jàn Figel, i dati contenuti nel rapporto confermano come le azioni intraprese dagli Stati Membri siano orientate nella giusta direzione, ma evidenziano al tempo stesso l’urgente necessità di miglioramenti più sostenuti e incisivi in quasi tutte le aree.
In questo senso i risultati possono fornire un supporto strategico per l’aggiornamento del programma di lavoro attraverso il quale gli Stati Membri continueranno a collaborare per il raggiungimento degli obiettivi comuni.
Nel complesso, nei paesi dell’Unione si sono registrati miglioramenti contenuti ma costanti e le prestazioni complessive sono equiparabili a quelle dei migliori paesi a livello mondiale; sono stati realizzati progressi rispetto a tutte le aree, eccetto quella relativa alle competenze di lettura, per la quale il peggioramento è tale da richiedere attenta considerazione, azioni concrete e interventi strategicamente mirati.
In sintesi, queste le tendenze più significative:
Nell’Unione Europea, rispetto al 2000, il numero di laureati in ambito matematico, scientifico e tecnologico è aumentato del 29%; risulta quindi già ampiamente raggiunto il benchmark del 15% fissato per il 2010, anche se in alcuni paesi non europei, quali la Cina, la crescita è stata ancora più marcata. La partecipazione femminile è passata dal 30,7% al 31,6%; un maggiore equilibrio è stato raggiunto nei settori della matematica e della statistica, mentre per quanto riguarda le scienze e la tecnologia il miglioramento è stato ancora poco marcato; solo nel settore delle scienze biologiche la percentuale delle laureate (62%) supera quella maschile.
In considerazione del fatto che coloro che interrompono il percorso scolastico senza avere conseguito un titolo di studio sono ritenuti svantaggiati e maggiormente a rischio di povertà ed emarginazione sociale in un mercato del lavoro che richiede competenze e conoscenze sempre più elevate, è stato fissato per il 2010 l’obiettivo di ridurre al 10% il tasso di abbandono. Alcuni progressi sono stati compiuti in tal senso, nei 27 paesi dell’UE, infatti, tale percentuale, è scesa dal 17,6% nel 2000 al 14,48% nel 2007. Rispetto al dato complessivo, si rileva una differenza di oltre quattro punti percentuali tra maschi (16,9%) e femmine (12,7%). E’ evidente tuttavia che i progressi sono ancora troppo lenti per garantire il raggiungimento dell’obiettivo prefissato.
In Italia, la percentuale (19,3%), seppure decisamente migliore rispetto al dato registrato nel 2000 (25,3%), è ancora superiore a quella della media UE e tale da imporsi come punto di attenzione nel dibattito attualmente in corso sul futuro del sistema di istruzione.Il completamento degli studi secondari superiori è un altro indicatore chiave, rispetto al quale è stato previsto di raggiungere entro il 2010 la percentuale dell’85% della popolazione compresa tra 18 e 24 anni. Nel complesso, tale percentuale è aumentata lievemente, passando da 76,6% nel 2000 a 78,1% nel 2007, con una presenza femminile superiore di oltre 5 punti percentuali a quella maschile.
In Italia il valore si assesta a 76,3%, con un aumento di quasi sette punti rispetto al 2000.Contenuto è stato l’aumento della percentuale di adulti che prendono parte a qualche forma di lifelong learning: a fronte del benchmark del 12,5%, si è passati dal 7,1% nel 2000 al 9,7% nel 2007, con un partecipazione femminile superiore di quasi 2 punti percentuale a quella maschile. Ad eccezione di alcuni paesi, quali la Svezia, il Regno Unito, la Danimarca, la Norvegia e l’Islanda, l’affermazione del lifelong learning rimane ancora una sfida aperta. Per l’Italia, il valore (6,2%) è inferiore alla media europea e tale da richiedere un serio ripensamento dell’approccio politico, culturale ed economico al tema dell’apprendimento permanente.
Purtroppo rimangono ancora molto preoccupanti i dati relativi alle competenze di lettura. Avendo riconosciuto l’importanza dell’acquisizione di solide competenze in alcune aree chiave quali lettura, matematica e scienze, nel 2003 il Consiglio ha adottato un benchmark specifico, da raggiungere entro il 2010, consistente nella drastica riduzione del 20% del numero di studenti quindicenni in possesso di scarse competenze in lettura, cioè pari o inferiori al livello 1 sulla scala OCSE PISA. I risultati dell’indagine PISA 2006 mostrano invece un peggioramento della percentuale, che passa dal 21,3% nel 2000 al 24,1% nel 2007, con una marcata differenziazione tra maschi (30,4%) e femmine (17,6%). E’ questo il segnale evidente della preoccupante presenza nei paesi dell’Unione Europea di studenti con scarse competenze di lettura, proprio quelle competenze che sono ritenute il presupposto necessario all’affermazione delle potenzialità dei singoli e, di conseguenza, alla crescita della società.
Come già evidenziato dalla pubblicazione dei risultati dell’indagine PISA 2006, il notevole divario tra i singoli paesi è tale da imporre una attenta considerazione delle scelte di politica scolastica ed economica, a maggior ragione nel nostro paese, dove ben il 26,4% dei quindicenni possiede competenze in lettura inferiori al livello 2, il livello minimo per garantire il successo scolastico e personale dei singoli.
Questa breve sintesi dei numerosi dati contenuti nel rapporto completo, che meritano una attenta lettura in chiave comparativa, è sufficiente a delineare alcune linee di riflessione su cui è opportuno richiamare l’attenzione di decisori politici, esperti, dirigenti e operatori della scuola e della formazione. E’ evidente infatti che la situazione nel nostro paese, seppure con le specificità che la contraddistinguono, è tale da richiedere interventi che non possono essere dettati solo dall’emergenza del momento, ma che necessitano di un approccio sistemico e di uno sforzo collettivo e lungimirante, che sappia trarre ispirazione anche da quelle realtà in cui sono stati raggiunti risultati apprezzabili.
Problemi quali l’acquisizione di solide competenze in alcune aree chiave, la certificazione dei risultati raggiunti, il completamento di un corso di studi secondari superiore, il lifelong learning come elemento chiave per la progressione di carriera e la riqualificazione professionale non possono essere rimandati o disattesi ancora a lungo, se si vogliono garantire a tutti quei diritti di equità e pari opportunità che sono alla base di ogni società civile.