Compare il 13 marzo, con fulminea puntualità, quasi si trattasse di un testo definitivo, lo schema di Regolamento concernente il “Coordinamento delle norme vigenti per la valutazione degli alunni” approvato in mattinata dal Consiglio dei ministri (è l’unico testo in bozza che compare sul sito del MIUR).
Leggo gli articoli che interessano la secondaria di secondo grado e rimango allibito.
Chi l’ha scritto – mi dico – ha abdicato al buon senso o, forse, non sa nulla dei ritmi dell’esperienza scolastica, non si rende conto che le dinamiche educative hanno bisogno di tempo per assestarsi e non possono essere cambiate continuamente.
Mi riferisco in particolare a due passaggi cruciali:
1) All’art. 6 comma 1, che riguarda l’ammissione all’esame conclusivo del secondo ciclo di istruzione (il cosiddetto “esame di maturità“), sta scritto: «Gli alunni che, nello scrutinio finale, conseguono una votazione non inferiore a sei decimi in ciascuna disciplina o gruppo di discipline … e un voto di comportamento non inferiore a sei decimi sono ammessi all’esame di stato».
Questa disposizione modifica radicalmente l’art. 1 comma 3 del D.M. n. 42 del 22 maggio 2007 che recita: «A decorrere dall’anno scolastico 2008/2009 (quest’anno !!), ai fini dell’ammissione all’esame di Stato sono valutati positivamente nello scrutinio finale gli alunni che conseguono la media del “sei”».
E’ il balletto delle norme? Si modifica il dettato di un decreto dello stesso ministero prima ancora che questo sia applicato? Noncuranza, approssimazione o scarso rispetto per chi, lavorando sul campo, le norme le deve applicare?
Un amico preside mi dice: «All’inizio di questo anno scolastico ho comunicato a docenti e a alunni le novità di quest’anno relative all’ammissione all’esame, sollecitando tutti a tenerle in seria considerazione. Ora, come mi presento loro comunicando che, a due mesi dal termine della scuola, è cambiato tutto? Quale attenzione educativa dimostriamo come adulti?».
Pretendere il “sei” in tutte le discipline per l’ammissione all’esame è un inutile formalismo, un criterio rigido che non tiene conto delle diverse situazioni di apprendimento degli studenti e toglie ogni possibilità di valutazione complessiva al consiglio di classe. Scambiare la serietà con il formalismo è pericoloso in educazione. Più equilibrato mi sembra valutare positivamente nello scrutinio gli alunni che raggiungono la media del “sei” perché, in questo modo, si tiene conto della loro preparazione globale, dei loro sforzi e dei loro interessi prevalenti.
Senza dimenticarci che l’ammissione all’esame di stato non è una valutazione definitiva – che compete alla commissione – ma un giudizio sintetico sulla reale capacità dell’alunno di affrontare le prove d’esame, tenuto conto anche delle conoscenze acquisite.
2) L’ art. 7, dedicato alla “Valutazione del comportamento”, al comma 2 così recita: «La valutazione del comportamento con voto inferiore a sei decimi … è decisa dal consiglio di classe nei confronti dell’alunno cui sia stata precedentemente irrogata una sanzione disciplinare ai sensi dell’art. 4 comma 1 del DPR 24 giugno 1998 n. 249 e successive modificazioni…».
Giusto lasciare autonomia decisionale al consiglio di classe, ma gli alunni vanno anche tutelati: una qualsiasi sanzione disciplinare (può trattarsi anche di un semplice “richiamo scritto”) può decidere le sorti dell’anno scolastico di un ragazzo? Il precedente Decreto ministeriale (il n. 5 del 16 gennaio 2009) esigeva – per l’attibuzione del cinque – che fosse stata comminata una sanzione che comportasse l’allontanamento dalle lezioni per più di 15 giorni, presupponendo il verificarsi di episodi gravi. I due testi sono così in palese contraddizione perché rispondono a due logiche diverse e hanno diverse conseguenze educative: un voto che condiziona così pesantemente la vita scolastica di un alunno non può che essere determinato da fatti di gravità eccezionale.
E’ troppo, in nome del “buon senso”, sperare che si faccia un passo indietro?
Giovanni Moscatelli
Preside del Liceo scientifico di Erba