Abbiamo chiesto a Vincenzo Silvano, Presidente della CdO Opere Educative (prima era Federazione Opere Educative, la nuova denominazione risale all’assemblea dei soci che ha votato il nuovo statuto durante il Convegno dell’Associazione, tenutosi all’inizio di inizio marzo 2009) di tracciare un sintetico bilancio dell’anno scolastico appena concluso, soprattutto in merito al cammino della libertà di educazione nel nostro Paese. In questi ultimi giorni il Ministro Gelmini ha lanciato la proposta di un bonus per le famiglie che scelgono le scuole non statali. Ma a che punto siamo, in realtà, su questo importante tema?
Presidente Silvano, che bilancio possiamo fare al termine di questo anno scolastico per ciò che riguarda il tema della parità scolastica?
Possiamo dire che si è concluso un anno scolastico “vissuto pericolosamente”. Un anno che era iniziato sotto i migliori auspici e, dunque, foriero di novità positive per le scuole paritarie. Basti pensare a quanto dichiarato dal Ministro Gelmini, alla fine di agosto, durante il suo intervento al Meeting di Rimini. Lì, fra le altre cose, aveva espresso il suo apprezzamento nei confronti della capacità delle scuole paritarie di ottenere risultati eccellenti con budget ridotti e manifestato l’intenzione di garantire maggiore autonomia alle scuole attraverso l’introduzione del sistema delle Fondazioni. Non dimentichiamo, inoltre, che l’avvento del governo di centro-destra e l’assenza dal Parlamento di quelle forze politiche ferocemente ostili al tema della parità, avevano già di per sé suscitato aspettative e speranze. Poi, però, le cose sono andate ben diversamente.
Colpa della crisi economica?
L’esigenza di razionalizzare la spesa nel comparto dell’istruzione era già nota prima della crisi. Sono anni che ripetiamo che occorre una modalità nuova di investire le risorse e sapevamo che questo avrebbe comportato tagli su certe voci di costo. Del resto, è evidente che un Ministero che impegna il 97% del suo enorme bilancio per pagare il personale – coi risultati scarsi che sono noti a tutti – sacrificando qualsiasi altro tipo di investimento, non può andare avanti a lungo. In questo senso, abbiamo guardato con favore ad alcuni provvedimenti presi dal Ministro, come ad esempio quello sul maestro prevalente (o unico) che, pur non cambiando nulla per le scuole paritarie, ritenevamo comunque andasse nella direzione giusta sia dal punto di vista pedagogico, sia da quello economico. Ci sembrava una buona partenza, e forse anche per questo mai ci saremmo aspettati quanto è successo poi con la nuova legge finanziaria. Pensi che, a dispetto di quanto affermato dai soliti slogan ripetuti nelle tradizionali proteste di piazza autunnali (si tolgono soldi alle scuole statali per darli alle «private»), sul capitolo relativo all’istruzione scolastica non statale la finanziaria è andata a prevedere per il 2009 133milioni e 393mila euro in meno, con riduzioni progressive anche per gli anni successivi. Per capirci: mentre il taglio medio imposto dal Ministero del Tesoro a ogni ministero era del 10%, i tagli previsti per la scuola libera erano del 25-30%!
No, non è stata colpa della crisi, ma della miopia politica di alcuni che ancora non hanno capito che anche se non credono nel valore costituzionale della libertà di scelta educativa, la parità comunque gli conviene, perché lo Stato con le scuole paritarie realizza dei risparmi enormi, circa 6 miliardi di euro all’anno. Cosa accadrebbe se dovessero chiudere tutte?
E allora come avete fatto?
Sono stati mesi durissimi, soprattutto quelli centrali dell’anno scolastico. Anche perché, ai tagli della Finanziaria ad un certo punto si è aggiunta la sparizione dei soldi dell’ultima rata già stanziata per il 2008 dalla precedente Legge Finanziaria, quella del Governo Prodi per intenderci. Si trattava cioè di fondi già messi dalle scuole nei loro bilanci, soldi in gran parte utilizzati per pagare gli stipendi; si può facilmente immaginare che sentimenti di rabbia, frustrazione e preoccupazione abbiano attraversato il settore delle scuole paritarie. Come abbiamo fatto? Abbiamo alzato la voce, insieme alle altre associazioni di scuole non statali; abbiamo intessuto una rete ancora più fitta di incontri con politici e dirigenti del Ministero; abbiamo scritto ai giornali e raddoppiato i nostri sforzi per essere presenti e ascoltati sulla scena pubblica; abbiamo anche minacciato di scendere in piazza massicciamente con una grande manifestazione nazionale come accadde alcuni anni fa, quando in Piazza San Pietro si levò alto il grido “libertà, libertà!”. Alla fine l’abbiamo spuntata, ma c’è stato davvero da sudare.
Ed ora?
Ora siamo tornati ad una situazione analoga a quella esistente durante il precedente Governo, sebbene il recupero del finanziamento tagliato non sia stato integrale. Mancano ancora all’appello circa 14 milioni di euro, e chissà se li rivedremo mai; deve essere un vizio, perché una cifra analoga era stata accantonata anche durante il governo Prodi, e anche quella pare caduta nel dimenticatoio. Abbiamo ottenuto, però, non solo il reintegro di buona parte dei finanziamenti tagliati, ma pure l’istituzione per decreto di una Commissione Parità Scolastica presso il MIUR e la firma del Decreto Ministeriale 34/09, col quale si è giunti a delineare un quadro chiaro circa l’entità dei contributi spettanti alle scuole paritarie. Ma la cosa più interessante, ci pare, è che anche “grazie” alla situazione verificatasi a seguito dei tagli, abbiamo potuto constatare un fenomeno che lascia ben sperare: la presa di posizione a favore della libertà di scelta educativa non solo di alcuni deputati amici che ci hanno davvero aiutato molto, ma anche da parte di numerosi schieramenti politici, compresi alcuni fra quelli tradizionalmente meno favorevoli alla scuola non statale. Certo, permangono distinzioni e differenti sottolineature, però riscontriamo oggi un consenso “multipartisan” verso una completa realizzazione di quanto previsto dalla Legge 62/2000, cioè una piena e totale parità, anche economica.
Non rischiano, ancora una volta, di essere solo buone intenzioni?
Certo, occorrerà sudare ancora parecchio perché dalle intenzioni si passi ai fatti, però questo cambiamento di clima è un fatto nuovo, va registrato e occorre sfruttarlo; la libertà di scelta educativa non è più un tabù che causa feroci scontri ideologici, ma comincia – se non per motivi ideali almeno per ragioni di convenienza economica – a diventare oggetto di un dibattito civile e costruttivo. Siamo decisi a far tutto il possibile perché entro questa legislatura si giunga, come scritto nella mozione presentata poco tempo fa al Governo da diverse forze politiche, a «garantire la certezza dei finanziamenti e dei tempi di erogazione delle risorse per le scuole paritarie», ad adottare iniziative per prevedere in tempi rapidi il ripristino integrale delle risorse sottratte alle scuole paritarie dalla manovra economica e a «realizzare interventi volti a facilitare e promuovere le condizioni per l’effettiva libertà di scelta educativa delle famiglie fra scuole statali e paritarie».
Poi, perché non restino solo belle parole, abbiamo anche indicato alcuni strumenti che, a nostro parere, sono facilmente realizzabili in tempi rapidi, come le detrazioni fiscali a favore delle famiglie che iscrivono i figli presso scuole paritarie. Una sostanziosa defiscalizzazione delle rette sicuramente non sarebbe la soluzione totale e definitiva, ma rappresenterebbe almeno un primo passo concreto. Stiamo realizzando degli studi per evidenziare l’impatto economico di questa soluzione, e presto – spero – saremo in grado di fornire anche dei dati più precisi. Nel frattempo, ci auguriamo che la pausa estiva e il vento di rinnovamento, che dopo queste elezioni spira in Europa, diano una mano a ripartire con un nuovo anno scolastico che – stavolta – non tradisca le aspettative. “Mai più così!”, ci siamo detti in questi giorni. È quanto chiediamo a chi ha responsabilità di Governo e a tutti quelli che hanno dichiarato di voler favorire una vera libertà di scelta educativa nel nostro Paese. Anche perché, per reggere un altro anno così, ci vorrebbe davvero un fisico bestiale.
A questo proposito il Ministro Gelmini, pochi giorni fa, ha lanciato l’idea di un bonus per le famiglie. È un progetto condivisibile, e soprattutto è realizzabile?
Noi vediamo di buon occhio tutto quello che può contribuire a favorire una vera libertà di scelta educativa nel nostro Paese, e ringraziamo il Ministro per aver così apertamente sollevato la questione. Certo, la parola bonus può sottintendere strumenti e forme diverse, magari non tutte ugualmente efficaci e quindi condivisibili. Per esempio, ci preoccuperebbe se si pensasse esclusivamente ad un bonus che operi sul terreno del diritto allo studio cercando un’intesa con le Regioni, che sappiamo essere non tutte egualmente favorevoli a questo tema. Mi pare che sarebbe ragionevole, invece, considerare quanto proposto dal documento della CdO “Una scuola che parla al futuro”, ove si chiede che lo Stato intervenga «mediante soluzioni opportune ed eventualmente diversificate: dal buono scuola/dote/quota capitale, alle varie forme di defiscalizzazione oppure, meglio ancora, attraverso la combinazione di tali strumenti».
Lo accennavo anche prima: per noi è questa la strada per arrivare ad una piena libertà di scelta educativa. Certo, è una grande sfida; ma – come ha scritto il presidente Bernhard Scholz nell’introduzione del citato libretto – «il passaggio ad un sistema pubblico di istruzione meno ingessato e dunque più libero, autenticamente paritario e capace di offrire percorsi personalizzati è una necessità: lo chiedono le famiglie, lo chiedono i giovani, lo chiede l’Europa».