SCUOLA/ Il linguista: chi ha ridotto gli studenti a “ragionieri” della letteratura?
Fare letteratura vuol dire concentrarsi sull’analisi dei meccanismi che presiedono alla costruzione del testo letterario? L’opinione del linguista MAURIZIO DARDANO

Ora di italiano. In molti oggi si domandano se «smontare» un classico come avverrebbe di un motore in un’officina meccanica, pezzo dopo pezzo, scomponendo le pagine di un autore in un mix ampiamente debitore di suggestioni narratologiche, sociologiche e di strutturalismo a basso costo sia servito ad educare gli studenti alla lettura, favorendo un incontro personale con le pagine dei «grandi». Qualunque sia la risposta, la questione è controversa. Ilsussidiario.net ne ha parlato con Maurizio Dardano, linguista e docente emerito nell’Università di Roma Tre.
Professore, nella nostra scuola fare letteratura ha voluto dire per molti anni concentrarsi sull’analisi dei meccanismi che presiedono alla costruzione del testo letterario. Non si è esagerato?
Accanto ad una competenza grammaticale e lessicale ce n’è una testuale, e che si scoprano diversi aspetti del testo, riflettendo su di essi, è un fatto positivo. La cosa importante dell’analisi testuale è aver contribuito a far «entrare» studenti e insegnanti all’interno del testo. Più che vedere fatti «esterni» come si faceva un tempo – biografie degli autori, movimenti letterari, poetiche, rapporto con la storia per fare alcuni esempi – si è andati dentro il testo, studiandone il «funzionamento». Questo è un fatto positivo, purché sia gestito bene. Non sono mancati, è vero, aspetti ampiamente negativi.
A cosa si riferisce?
Ma da che cosa è stata determinata la crescita smodata dell’approccio strutturalista?
Dal provincialismo annidato nella nostra cultura. Quando il nuovo viene accolto con enfasi e senza misura, le conseguenze nella didattica possono essere gravi. Si perde lo scopo principale: insegnare ai giovani a leggere un testo approfonditamente, trasmettendo il gusto e il piacere della lettura.
Che cos’è, professore, il gusto della lettura?
Con quali conseguenze?
Come si può favorire un approccio come quello che lei descrive?
C’è un dilemma che ritorna: se per favorire l’incontro personale si dà spazio alla libera scelta, non c’è il rischio di dimenticare i classici che hanno fatto la nostra storia letteraria?
Le do ragione: non si possono non coltivare certe letture che sono al fondamento della nostra identità. A maggior ragione se è vero, come si dice sempre, che la nostra identità di popolo è fatta sulla cultura e dunque sulla letteratura. D’altra parte non per questo non ci si può aprire alla modernità. Anche qui c’è una misura: certe opere devono rimanere, con garbo se ne devono aggiungere altre.
In altri termini?
Se diamo per superati (o quasi) gli schematismi della narratologia e dello strutturalismo, qual è l’ostacolo maggiore che incontrano i giovani delle ultime generazioni nell’approccio con il testo?
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