Proponiamo ai lettori le due tesine prime classificate alla XI edizione dei Colloqui Fiorentini, organizzati da Diesse Firenze e Toscana il 23, 24 e 25 febbraio scorso a Firenze e dedicati quest’anno a Ugo Foscolo. Per il biennio, è risultato vincitore il seguente lavoro, dal titolo Il cuore di Foscolo: e il mio? autori Michela Beltrame, Laura Colli, Giuseppe Fonti, Antonio Parcelj, Rossella Pasut delle classi IV e V Ginnasio del Liceo “Bertoni” di Udine, con il coordinamento dei docenti Saviana Corso e Lucina Vida.
Il liceo Bertoni di Udine si è aggiudicato il primo premio anche per il triennio, con una tesina che sarà pubblicata domani.
“E se questo cuore non vorrà più sentire, io me lo strapperò dal petto con le mie mani, e lo caccerò come un servo infedele”
Introduzione – Il cuore fu fondamentale per Foscolo perché fu la guida della sua vita, definì la sua indole e lo spronò al desiderio infinito.
E PER NOI? CHE RUOLO HA IL CUORE?
Con questa tesina vogliamo paragonare il cuore di Foscolo al nostro, addentrarci nel contesto della sua epoca e nei suoi sentimenti, al fine di immedesimarci in lui e nelle sue scelte. Per farlo abbiamo selezionato alcuni passaggi significativi dei Sonetti e delle Ultime lettere di Jacopo Ortis, rispetto ai quali ci siamo confrontati. Così lavorando abbiamo scoperto che, al contrario di quanto si pensi, l’autore non è un uomo “depresso e strano”, anzi, nella sua natura è coraggioso, perché ha saputo vivere sul filo di una condizione vertiginosa, cercando in ogni situazione la totalità, e non l’ha trovata, perché, per definizione, la perfezione si fa solo scorgere, ma mai raggiungere definitivamente.
La vita – Ugo Foscolo, nato a Zante, una delle Isole Ionie della Grecia, allora appartenente alla Repubblica Veneta, il 6 febbraio 1778 da Andrea Foscolo e Diamantina Spathis, trasferitosi nel 1788 con la madre e i tre fratelli a Venezia, da subito esprime un animo ribelle ed appassionato: finita la scuola, decide di leggere i classici greci e latini e i testi a lui contemporanei italiani e stranieri, interessandosi in particolare alla filosofia e alla politica. Subito si infiamma di ardente patriottismo e sposa gli ideali della Rivoluzione francese, sognando anche per la Repubblica veneta, e l’Italia intera, un futuro di libertà ed indipendenza. In questo sogno libertario viene deluso però per ben due volte, e proprio dal suo paladino, Napoleone Bonaparte: la prima, nel 1797, quando il generale francese cede il Veneto agli Austriaci con il trattato di Campoformio; la seconda, nel 1815, quando a seguito dei progetti esageratamente ambiziosi del grande uomo politico, il Congresso di Vienna consegna tutto il Nord Italia agli Austriaci. In entrambe le occasioni l’autore si infligge un esilio volontario, prima nei Colli Euganei, poi all’estero, dove, esacerbato dalle amare contraddizioni della sua epoca, vive gli ultimi anni solo e cinicamente disilluso. Muore in Inghilterra nel 1827.
Nel corso però di tutta la sua ardente e tormentata esistenza, l’autore ha perseguito un costante bisogno di trovare una pace e un’armonia interiore, che, accarezzate più volte con il sogno dell’amore (sono molte e diverse le donne che Foscolo ha affascinato ed amato, ma con le quali mai è riuscito a stabilire un rapporto sereno e duraturo), riesce a raggiungere solo attraverso la poesia: quello che di prezioso ancor oggi ci resta di lui.
Opere prese in esame – Ultime lettere di Jacopo Ortis (1798, 1802, 1816) 1817; Odi e Sonetti, 1803; Dell’origine dell’ufficio della letteratura, 1809
I principali sentimenti di Ugo Foscolo: illusioni o atti di coraggio?
Premessa: Il fascino della bellezza – “Oh Bellezza, genio benefico della natura! Ove mostri l’amabile tuo sorriso scherza la gioja, e si diffonde la voluttà per eternare la vita dell’universo: chi non ti conosce e non ti sente incresca al mondo e a se stesso. Ma quando la virtù ti rende più cara e le sventure, togliendoti la baldanza e la invidia della felicità, ti mostrano ai mortali co’ crini sparsi e privi delle allegre ghirlande- chi è colui che può passarti davanti e non altri offerirti che un’inutile occhiata di compassione?” (Ultime Lettere di Jacopo Ortis, Parte Prima, Frammento della storia di Lauretta).
Ci piace partire da questa citazione perché, dal nostro punto di vista, focalizza bene l’essenza delle passioni e contraddizioni che animano il cuore di Foscolo.
Da un lato l’attrazione per un evento naturale, spontaneo ed irresistibile: l’imporsi della Bellezza, Bellezza che all’autore si manifesta principalmente nello spettacolo della natura e nella donna.
Dall’altro la consapevolezza che si tratta di qualcosa di fugace, ingannevole e quindi illusorio. Per Foscolo la Bellezza è un’illusione perché quando ti colpisce, ti rende felicissimo e lascia gli altri, non toccati da quel bene, arrabbiati ed invidiosi; quando sfugge, però, ti priva del suo lume, ti lascia amareggiato e triste, sia per averla persa, sia per non poterla riconoscere più. In ogni caso quindi la Bellezza ferisce, inganna, è un’amara illusione perché, quando c’è, sono tutti felici e immersi in uno stato di beatitudine e, quando sfugge, rimangono tutti sconsolati e soli: serve solo a rendere più triste la gente.
Anche a noi capitano esperienze simili quando, per esempio, partecipiamo a feste con gli amici nelle quali ci divertiamo e ci lasciamo colpire dalla bellezza dello stare bene insieme, ma quando la festa finisce la letizia sparisce e si è di nuovo come prima, soli e tristi. Foscolo lo aveva capito e, spiegandocelo, ci fa comprendere come la bellezza vada ricercata in ogni istante della propria esistenza e come noi siamo bisognosi di farci colpire da essa sempre, in modo da accorgerci della grandezza della vita.
La tentazione dell’illusione – Per alleggerire il suo cuore affannoso di fronte a questa insanabile contraddizione molti pensano che Foscolo abbia cercato rifugio nella fantasia, in un’immagine di vita parallela alla realtà: “E la fantasia del mortale, irrequieto e incredulo alle lusinghe di una felicità ch’egli segue accostandosi di passo in passo al sepolcro […]”. “[…] Così lo illude e gli fa obbliare che la vita fugge affannosa[…]” (Dell’origine e dell’ufficio della letteratura). Pensano quindi che Foscolo abbia rinunciato a stare di fronte alla realtà e abbia cercato di vivere in un mondo parallelo ed immaginario estraniandosi da essa.
Noi invece crediamo che Foscolo sia stato un uomo assetato di conoscenza, che non aveva paura di affrontare la realtà, anche nelle sue risposte più dure e amare, ma che semplicemente ha voluto dare una sua interpretazione personale di ciò che è la fantasia: QUALE? VIVERE CON ARDORE OGNI SENTIMENTO, ALL’ALTEZZA DEI DESIDERI DEL PROPRIO CUORE.
Per dimostrarlo esaminiamo allora alcuni testi che in questo senso ci sembrano significativi.
1. Il cuore domanda sempre – Il poeta dimostra come egli non si accontenti mai e continui a volere di più, com’è nella natura umana.
“Il cuore domanda sempre o che i suoi piaceri siano accresciuti, o che i suoi dolori siano compianti, domanda di agitarsi e di agitare, perché sente che il moto sta nella vita e la tranquillità nella morte […]” (Dell’origine e dell’ufficio della letteratura).
Sono parole intense che svelano la vera indole del poeta, che qui apre il suo cuore e lo rende disponibile a tutto e a tutti: ciò che importa è la realtà del vero, realtà che spesso fa male e lo riduce a vittima, ma, allo stesso tempo, lo innalza in una dimensione eroica. Pensiamo infatti alla grandezza di tale gesto: affrontare il mondo a cuore aperto! Quale illusione?!
E NOI? SIAMO CAPACI DI SENTIRE QUESTO DESIDERIO SEMPRE E COSÌ PROFONDAMENTE?
La risposta è che noi giovani ci lasciamo sfuggire queste domande che dovremmo tenere aperte nel profondo dell’anima costantemente: NOI SIAMO LEALI CON LE ESIGENZE DEL NOSTRO CUORE ? NOI CI PRENDIAMO VERAMENTE SUL SERIO COME UOMINI?
Noi pensiamo che si debba sempre tener conto di queste domande per poter rispondere ad esse in maniera più vera, cercando di capire che cosa si vuole nella vita e di arrivarci fino in fondo con tutto noi stessi, perché al giorno d’oggi siamo offuscati dai beni materiali e dalla società consumistica; MA CHE COSA PUÓ EGUAGLIARE L’AMORE DI UNA PERSONA A NOI CARA? CHE COSA PUÓ SUPERARE LA BELLEZZA DELLE FATTEZZE DEL MONDO?
2. Il coraggio del desiderio – “[…] E intanto fugge/ questo reo tempo, e van con lui le torme/ delle cure onde meco egli si strugge;/ mentre io guardo la tua pace, dorme/ quello spirto guerrier ch’entro mi rugge […]” (Alla sera, Odi e Sonetti, 1803).
Questi versi del sonetto Alla sera mostrano quanto il cuore di Foscolo sia forte, profondo e soprattutto coerente in qualsiasi situazione: qui siamo infatti all’indomani della grande delusione politica provocata dal trattato di Campoformio, che si somma a quella amorosa (dopo il primo turbolento amore per Isabella Teotochi Albrizzi, seguono il dolce e impossibile sentimento verso Isabella Roncioni e la passione per Antonietta Fagnani Arese) e ad un profondo dolore legato alla sua vita privata (nel 1801 si uccide per malversazioni il fratello Gian Dionigi).
Pur quindi in queste condizioni si percepisce quanto il suo animo arda di sapienza e quanto il suo cuore sia infiammato e vivo. In quale altro modo è possibile allora definire Foscolo se non con l’aggettivo “coraggioso”? Di fatti possiamo capire come egli si stupisca di fronte alla bellezza e alla tranquillità della sera che lo tenta richiamandolo alla morte, e come egli finisca però con il verbo ruggire che fa notare la sua battaglia verso la ricerca della felicità.
3. Il coraggio della diversità – “Io aveva già udito far menzione anche in Corfù d’un giovane mezzo Veneziano e mezzo Zacintio, cioè nato a Zante di padre veneto e madre greca, che già levava grido in Venezia pel suo talento poetico. Egli contava a un di presso i miei anni, e forse qualcuno di più. Tena fermo soggiorno in Venezia, ed abitava con la sua madre vedova, e parmi anche col fratello e con una sorella, in Campo delle Gatte, contrada delle più sudicie di quella magnifica città, in una casa, o per dir meglio catapecchia, sì miserabile, che nelle finestre non aveva vetri, ma bensì le impannate. Quel giovane per altro, ben lontano dal lasciarsi avvilire a quella intollerabile povertà, scherzava, potrebbesi dire, con essa, e sfidavala di gloria che i suoi studi gli promettevano. Rossi capelli e ricciuti, ampia fronte, occhi piccoli e affossati, ma scintillanti, brutte ed irregolari fattezze, color pallido, fisionomia più di scimmia che d’uomo; curvo alquanto, comeché bene aitante della persona, andatura sollecita, parlare scilinguato ma pieno di fuoco: mettea meraviglia il vederlo aggirarsi per le vie e pei caffè, vestito di un logoro e rattoppato soprabito verde, ma pieno di ardire, vantando la sua povertade infino a chi non curavasi di saperla, e pur festeggiato da donne segnalate per nobiltà ed avvenenza, e dalle maschere più graziose, e da tutta la gente. Questi era Ugo Foscolo…” (Della vita di Mario Pieri Corcirese scritta da lui medesimo libri sei, in Opere di Mario Pieri Corcirese, Firenze, Le Monnier, 1850, I, 38-9).
“La mia ragione che è in perpetua lite con questo mio cuore […] Conosco d’essere un cervello bizzarro e stravagante, fors’anche; ma dovrò perciò vergognarmi? […] no; né umana forza, né prepotenza divina mi faranno recitare mai nel teatro del mondo la parte del piccolo briccone. […] e però tu mi udivi assai volte esclamare che tutto dipende dal cuore! – dal cuore che né gli uomini né il cielo, né i nostri medesimi interessi possono cangiar mai. […]” (Ultime lettere di Jacopo Ortis, 11 dicembre 1797).
QUESTA DOMANDA VALE ANCHE PER I GIORNI NOSTRI: APPENA CERCHI DI ESSERE DIVERSO, DI DISTOGLIERTI DALLA MASSA O DI ESSERE SEMPLICEMENTE TE STESSO VIENI ADDITATO DI ECCESSEIVA ECCENTRICITÁ O PRESUNZIONE. MA CHE C’È DI MALE NELL’ESSERE DIFFERENTE DALL’ORDINARIO? Foscolo in questo non ha paura di mostrarsi per com’è, anche a rischio del ridicolo, a volte, come si evince dalla prima citazione, ha il coraggio di esprimere ciò che sente, di far parlare il suo cuore.
Certo, è facile definire Foscolo come un uomo dal carattere difficile, complesso e estremamente triste e sconsolato, ma basta semplicemente pensare alla sua vita quotidiana, spesso descritta come un percorso ad ostacoli difficile da sopportare, al clima storico e politico dell’Ottocento, cruciale per il poeta, alle innumerevoli delusioni che ha subito e contro cui ha combattuto, ed infine alle mancate risposte alle sue necessità interiori, per capire la portata della sua straordinaria personalità e il coraggio delle sue scelte.
4. La tentazione del razionalismo: ragione, illusione, morte – A volte, è vero, e a più riprese nel corso della sua vicenda umana e poetica, il nostro autore cede alla disillusione e all’amarezza, fino ad arrivare ad ammettere che tutto è un’illusione e che l’unica soluzione possibile ai suoi drammi esteriori ed interiori è la morte, quella calma e pace che solo l’immagine della sera gli offre (“e mentre io guardo la tua pace, dorme/ quello spirto guerrier”– Alla sera, Odi e Sonetti, 1803), quella stasi che promette assenza di dolori e sensazioni (“perché sente che il moto sta nella vita e la tranquillità nella morte” – Dell’origine e dell’ufficio della letteratura). Egli ritiene, infatti, che la pace dell’animo si raggiunga solo con la morte e che fino ad allora si continuerà a struggersi di domande, illusioni e risposte mai trovate.
In queste occasioni il poeta si lascia andare alla spinta della razionalità, che gli proviene dal clima illuminista di cui è imbevuta la sua stessa formazione culturale e filosofica giovanile e che permea tutto il clima intellettuale dell’epoca.
Ma il filo lucido e logico dei suoi pensieri lotta con l’aggrovigliato ardore dei suoi desideri, ai quali non può voltare le spalle, anche se irraggiungibili: il cuore non può mai essere soppresso!
MA CHE COS’È CHE LO SALVA? COS’È CHE LO ANIMA SEMPRE ANCHE NELLE DIFFICOLTÁ? COSA COSTITUISCE LA SUA BUSSOLA, IL SUO FARO, PUR NELLE INTEMPERIE DELLA SUA VITA?
5. La sua bussola: il cuore di fronte alla bellezza – “Parea che la notte seguita dalle tenebre e dalle stelle fuggisse dal sole che uscia nel suo immenso splendore dalle nubi d’oriente quasi dominatore dell’universo; e l’universo sorridea.[…] io compiango lo sciagurato che può destarsi muto, freddo e a guardare tanti benefici senza sentirsi gli occhi bagnati dalle lagrime della riconoscenza.” (Ultime lettere di Jacopo Ortis, 20 Novembre 1797).
“…se tu avessi com’io, veduto Teresa nell’atteggiamento medesimo, presso un focolare, anch’ella appena balzata di letto, così discinta, così – chiamandomi a mente quel fortunato mattino mi ricordo che non avrei mai osato respirar l’aria che la circondava e tutti tutti i miei pensieri si univano riverenti e paurosi soltanto per adorarla – è certo un genio benefico mi presentò l’immagine di Teresa.” (Ultime lettere di Jacopo Ortis, 11 dicembre 1797).
L’ammirazione per lo spettacolo della natura genera in lui stupore e riconoscenza; l’amore per la donna ridesta in lui l’incanto e la meraviglia, la speranza e l’ardore; egli, che è un vero uomo, ama essere guardato con amore e passione, adora essere amato e prendendosi a cuore le sue esigenze umane, ricerca per tutta la sua vita l’amore, lo sguardo pieno di passione di una donna che gli voglia veramente bene. Questi due sentimenti sono quelli che di più lo avvicinano all’intoccabile e desiderabile mistero della Bellezza e sono quelli che lo salvano dal cinismo della razionalità.
Conclusione. – Questo è ciò che noi vediamo in Ugo Foscolo. Questo è quello che maggiormente ci ha colpito leggendo i suoi testi.
Foscolo vive una realtà negativa, l’infelicità lo assale quando non riesce a dare risposta alle sue molteplici domande. Ma sa che la realtà non è questa e va sempre alla ricerca di ciò che più lo avvicina alla felicità, decidendo di combattere, di lottare contro il mondo e contro le ingiustizie. NOI, DOPO AVER INCONTRATO LA SUA ESPERIENZA UMANA E POETICA, SIAMO DIVERSI PERCHÉ VOGLIAMO AVERE UN CUORE COME IL SUO, VOGLIAMO LA VITA E DESIDERIAMO GIORNI FELICI.