Claudio Emilio Minghetti è nella scuola da sempre, ormai quarant’anni, di cui venti a insegnare nelle scuole superiori statali di Ravenna e i rimanenti come preside del Liceo classico “Dante Alighieri” della Fondazione Karis di Rimini. Attualmente è rettore della medesima fondazione, che ha aderito alla campagna nazionale OpenDay Insieme (www.opendayinsieme.com) e gestisce 11 scuole di ogni ordine e grado per un totale di quasi 1.700 alunni. Abbiamo voluto rivolgere a lui alcune domande sulla scelta della scuola, certi che una così grande esperienza non potrà che essere di aiuto a tante famiglie e studenti.
Professor Minghetti, siamo nel pieno del periodo degli open day; cosa vuol dire per un ragazzo oggi scegliere la scuola giusta?
È noto da tempo che la scuola non è più l’unico e principale ambito educativo, accanto alla famiglia, per i giovani. Sono altri i luoghi o i media (e non c’è bisogno di elencarli) che influiscono sulla loro mentalità, formandola o deformandola. L’azione di questi “nuovi” soggetti, spesso subdola e violenta, trova la famiglia inerme, priva delle risorse per opporsi a tale devastazione. Per non trovarsi nella stessa condizione di impotenza, solo una scuola che sia espressione di una esperienza educativa viva, di una proposta culturale forte, può offrire – pur in mezzo a tante difficoltà – una strada positiva, originale, che accompagni la crescita dei giovani. E sappiamo bene che la vita futura di un giovane è segnata, nel bene e nel male, dalle esperienze dell’infanzia e dell’adolescenza.
In molti casi le famiglie sono disorientate. Quali domande dovrebbe farsi una famiglia per inquadrare correttamente la questione della scelta?
Principalmente una domanda, a due facce, da rivolgere direttamente alle scuole prese in considerazione. “In che modo questa scuola si propone di aiutare i giovani a prendere coscienza, con soddisfazione, di sé e del mondo? Attraverso quale proposta, quale percorso, concretamente?”. E poi: “qual è il soggetto, chi sono e come lavorano gli insegnanti che portano questa proposta? Posso conoscerli, almeno qualcuno?”.
Ecco, appunto: conoscere di persona, vedere, toccare con mano. Ormai la maggioranza delle scuole attiva gli Open Day per far vedere alle famiglie e agli studenti la propria offerta. Ma non si corre il rischio di imbattersi in “vetrine” senza un reale contenuto?
È importantissimo andare a vedere. Per le ragioni dette sopra. In ogni modo, un giovane, educato dai genitori ad essere leale con le proprie esigenze umane, e la sua famiglia – se sono decisi a non accontentarsi di una proposta scolastica che tiri al ribasso – sono perfettamente in grado di riconoscere un “guscio vuoto” (magari mascherato con effetti speciali) da una proposta di valore.
Inoltre, il criterio evangelico dei “frutti” (la proposta della scuola presentata in modo articolato nelle esperienze fatte) resta sempre valido per identificare la bontà dell’albero.
L’iscrizione alle superiori è uno snodo particolarmente delicato, perché per la prima volta i ragazzi sono chiamati a individuare il percorso più adatto alle proprie inclinazioni e attitudini. Com’è possibile aiutare famiglie e studenti in questo delicato passaggio?
In due modi, strettamente uniti. Il primo. Aiutare lo studente ad interpretare sinteticamente tutti i segni utili per delineare i tratti della sua originale fisionomia umana, intellettuale e culturale, così da individuare inclinazioni, passioni, esigenze ineludibili, interessi, talenti, desideri radicati, percorsi già consolidati. Il secondo. Mentre un giovane prende così coscienza di sé, di ciò che è e della pienezza cui per natura tende, si guarda intorno e, aprendosi e conoscendo la realtà, può scoprire che in essa c’è qualcosa che lo attende, come possibilità di crescita felice per sé e per il mondo. Lavorando su questo, scoprirà pian piano la “sua” strada, anche professionale: una strada radicata nel suo essere, perciò libera dai miti e conformismi sociali che portano, ad esempio, alla liceizzazione di massa.
(Marco Lepore)