Nel corso della terza lezione-incontro della Bottega di Filosofia di Diesse, tenutosi presso il Liceo Malpighi di Bologna, si è affrontato il pensiero di autori del XIII secolo che solitamente nella scuola secondaria non si trattano a lezione. Nel complesso “taglia e cuci” operato dall’insegnante durante l’esposizione del pensiero medievale — che spesso viene presentato come una meteora tra il pensiero antico e quello moderno — non si ha certo tempo di trattare filosofi come Sigieri di Brabante o Goffredo di Fontaines, come Enrico di Gand o Giovanni Duns Scoto.
Eppure, come ha sottolineato Guido Alliney, docente di storia della filosofia medievale dell’Università di Macerata, invitato e introdotto dal prof. Marco Ferrari, nel periodo della tarda Scolastica prende forma quel concetto di libertà come autodeterminazione tanto caro ai moderni e in voga, per certi versi, ancora oggi.
E’ stato perciò interessante inoltrarsi nell’intricato dibattito tra intellettualisti e volontaristi, per lo più professori laici alla facoltà della arti e poi francescani e domenicani, che tra 1270 e 1300 discussero della possibile autonomia della volontà rispetto alla facoltà della ragione.
Se Sigieri di Brabante e Goffredo di Fontaines, convinti intellettualisti, sostenevano, in linea con il pensiero antico, che la volontà fosse un’espressione dell’intelletto e che, quindi, tale facoltà fosse priva di qualsiasi margine di autonomia — di cui non si potrebbe spiegare l’origine —, con Enrico di Gand si fa largo l’ipotesi che volontà e ragione possano percorrere strade diverse entrando in qualche modo in contrasto. Egli pensava, infatti, che l’uomo posto di fronte alla scelta tra due beni, uno di ordine inferiore e uno di ordine superiore, potesse scegliere il bene minore a causa della caducità della sua natura; l’uomo infatti nasce dal nulla e, nella vita terrena, può ricadere nel nulla scegliendo qualcosa che non compie pienamente la sua natura. Alliney non ha mancato di sottolineare il retroterra agostiniano su cui si incardina tale considerazione.
La volontà, secondo Agostino, è una causa prima, ovvero non deriva le sue operazioni dalla ragione ma è una facoltà che sceglie in modo autonomo. Nella filosofia del pensatore di Ippona tale autonomia della volontà si fonda su considerazioni di ordine teologico: l’uomo è un ente creato a immagine e somiglianza di Dio per cui, così come Dio ha deciso di creare il mondo per un libero atto di volontà, così l’uomo può nella vita terrena scegliere indipendentemente dai consigli della ragione. Secondo Alliney la ripresa della concezione di volontà agostiniana, slegata dal suo contesto teologico, ha aperto la strada ad una separazione netta tra la facoltà della ragione e della volontà, come è evidente nel volontarismo intransigente di Duns Scoto.
Secondo Scoto il piano della libertà è inconciliabile con quello della natura. Infatti, ciò che è naturale è in qualche modo determinato nel suo comportamento — un sasso che viene sollevato è necessitato a cadere — ma ciò che è libero, come nel caso della volontà, può scegliere senza alcun altra ragione che quella di esercitare se stessa. Con Scoto, dunque, la volontà diviene una facoltà autoreferenziale che apre alle considerazioni successive sull’autodeterminazione dell’uomo.
Ma se ragione e volontà agiscono autonomamente che ne rimane dell’unità dell’io? Tale domanda, affrontata nel corso del dibattito successivo alla lezione, non ha ricevuto risposte definitive o esaustive e rimane come un pungolo o un invito ad affrontare il tema, tornando a studiare autori tanto lontani nel tempo eppure, come è sempre più evidente, tanto vicini nella sostanza.